Poesie inedite di Christian Humouda


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Christian Humouda, nato a Genova nel 1981. Laureato in comunicazione, divide i suoi campi d’interesse tra: arte, poesia, cinema, recensioni e scrittura. Dal 2013 è redattore di Words Social Forum. La sua prima silloge poetica dal titolo: “Ceneri postatomiche” vedrà la luce nel 2014.

 

***

Pioggia scura

Lega i tuoi capelli
nella tonsura del cielo
acqua moltiplicata
dal colore inutile
filo spinato sulle giubbe sporche
fiamma fatua
nella luce delle stelle
poserai gli occhiali sul terreno bagnato di pianto
schegge di fango
nel cuore arso
odore di vita morta
fuori dalle finestre.

***

A te

La grazia delle tue labbra
sul viso crepato
sapore di mela
sulla lingua grigia
ho straziato il cuore
con una penna a sfera
mentre cercavo
l’anima
non era poi così bella.
Trovarti nascosta
in qualche anfratto
dietro alla carne pallida.
Avrei voluto rivedere le labbra rosse
come carne viva
chino il capo sulle tue ginocchia
di femmina e madre
fammi giacere nella grazia,
chiedo perdono
per aver varcato il ponte di metallo
ma era troppa la voglia
di toccare
quelle lacrime albine
prima di sparire.

***

Angelo viola

Striscia con le tue ali
sul pavimento ricoperto di polvere
le ossa spezzate dolgono
il respiro é pesante.
Strappi le lacrime
dagli occhi semichiusi
le ciliegie sono bianche
ma saporite
non smettere di piangere
non ancora…
mentre crolli sulle ginocchia
ricoperte di sangue
la ferita al fianco
é viva.
La balestra é nuovamente pronta
i rantoli raggiungono il cielo
i sorrisi si spengono
nella cera della candela .
Il biondo
ha lasciato spazio al colore canuto del tempo,
vomito sulle lenzuola setose
gli occhi strappati
nel bicchiere semipieno.

****

A tua immagine e somiglianza

Ai piedi del monte
giacciono gli Dei decaduti
buio rosso
nel cilindro ovale
basso
sale
due piccoli colpi al verde.
Miele negli occhi
nell’arnia
pupille e api morte.
Bianco
come un ventre pudico
mentre
una virginale goccia
rosa
schiude il cielo
vomito api.

***

Untitled (1)

Sento il groppo
che precede il conato.
La pelle itterica
cade sull’asfalto rosa,
la vena centrale pulsa
di pianto ghiacciato.
Corna rosse
sulle guance delle donne gravide
occhi deformi
sui volti dei dimenticati.
Esce dal cuore
il rumore brullo
della terra marcia
nell’attimo sterile della vita

***

Untitled (2)

Chiudi
il perché non é più qui
prendi il verso
e rendilo merda
la quiete
giace nel sangue e nella sorpresa
il silenzio
urla al mio orecchio
stanco.
” Finalmente ”
sono stanco, ripeto,
ma non smette
apri le braccia mozzate
i denti cadono per le scale blu
urla di vita
nella mente distorta
fuori fa freddo
la causa é…
l’ho dimenticato.
Ingoierai la verità
con un dildo e un barattolo di miele,
danzo nel luccichio
di infinite stelle
sul fiume viola.

***

Untitled (3)

Giù
nel cucchiaio
dalla forma di cane
solleva le vesti setose
per il viaggiatore cieco
la vita scorrerà
nuovamente
sopra alle lacrime lisce
nell’attimo della mia caduta
prima della quiete delle api
nuoto nel propoli
del silenzio
il momento
di scendere
il vischio e il giorno
si offuscano d’ambra e zucchero
mentre il miele viola
ricopre gli occhi aperti.

***

Acqua Verde

Squame dorate
sulle ciglia verdi
saliva solida
sopra ai tetti squarciati
orsi bicolori camminano
nel silenzio
dell’erba nera.
La ruota blu
ha smesso di girare
la laguna dei pesci senza testa
le mosche hanno le ali sul ventre
lampi di luce morente
mentre
il mio occhio verde
vede il rosso della sirena
giallo che diventa rosa
verde che diventa marcio
marcio che diviene oro,
porta alle orecchie
la conchiglia di carne
capezzoli eretti sopra ai portoni
seni cadenti sopra all’acqua cobalto
mentre il suono scende
e risale
la causa é la perdita
la felicità brilla in fondo
al dildo
senza batterie
galleggia sulle lacrime secche
il sogno é finito
apri gli occhi e lecca il silenzio.

***

Vecchio remo

Dall’altra parte della riva
la mano sinistra del figlio
si abbatte sul vecchio padre.
“Ricordi il viaggio, che ci ha condotti qui”
ora,
che non possiamo muoverci
pare essere più lontano”
il mondo é tuo” questo ripetevi.
L’inizio era brillante,
forse troppo.
Ogni volta che guardavo la pistola
partivo senza tornare,
lei era dolce,
come un attimo fatto di zucchero,
rincominci a dire cose sconnesse,
nove anni sono troppi
per iniziare
anche se,
ora la vedo ballare.
Sento il suo profumo,
la musica
segue il movimento del suo capo,
adesso
che volevo ascoltare
ho perduto l’udito.
Lei mi stringe le mani, poi scompare.
Adesso, che volevo ricominciare
reclino il capo
e premo il grilletto.

 

da “Ceneri postatomiche”

 

http://chumouda.wordpress.com/author/chrit322/

https://www.facebook.com/christian.humouda

 

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