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Daniela Caruso, fotomodella italiana con 7 anni di esperienza. Vanta alle spalle numerosi shooting con affermati fotografi italiani ed esteri, workshop, modelsharing, editoriali e adv a livello nazionale e internazionale.

 

Benvenuta su WSF Daniela

Come e quando nasce il tuo percorso artistico come modella?

Ciao a tutti, il mio percorso come modella nacque tanti anni fa per gioco, mi contattò un fotografo per fare delle foto e provai a fare per la prima volta da modella, mi divertii molto e da lì ho capii che avrei dovuto continuare.

 

Quanta teatralità si nasconde dietro ad uno scatto fotografico?

Molta, una modella deve recitare, interpretare il personaggio richiesto e lasciarsi trasportare dallo scatto.

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Cosa la modella apporta all’occhio del fotografo e viceversa?

Anzitutto per una buona riuscita di uno shooting deve esserci simbiosi tra modella e fotografo. Senza feeling dubito nel buon risultato fotografico.

Il termine foto grafia significa letteralmente, scrivere con la luce. Tu come lo descriveresti e che cos’è per te?

Certo, la luce per una foto valida è tutto, ma per me significa anche cogliere quell’attimo irripetibile, bloccare un ricordo.

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Newton asserisce che “una foto tecnicamente perfetta, è sicuramente una buona foto, ma l’attenzione eccessiva per il dettaglio può altresì creare una fotografia sterile.” Qual’è il ruolo della modella all’interno di questo difficile equilibrio?

Il ruolo più difficile di una modella è saper emozionare, guardare lo scatto è lasciarsi trasportare

 La vera bellezza è qualcosa che attacca, vince, ruba, e infine distrugge. (Yukio Mishima). Tu come la definiresti?

La bellezza per me è armonia, tende a collegarsi a un contenuto emozionale ed è un sentimento soggettivo.

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Che cos’è per te il corpo? 

Un’opera d’arte

 Mostrare il proprio corpo è un atto di libertà, uguaglianza, esibizionismo… Cosa?

Di libertà, mostrarsi senza paure, far apprezzare il corpo di donna non nella sua sessualità ma da un lato artistico, odio la volgarità

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Cosa dà e cosa toglie l’essere una modella?

Ormai siamo nel 2016, forse anni e anni fa una modella veniva vista come una poco di buono.

Come valuti l’uso/abuso del corpo femminile nella società di oggi?

La donna è sempre stata esibizionista ma negli ultimi anni trovo che stia un po abusando nel mostrarsi e apparire, soprattutto nei social.

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Quando una foto diventa volgare?

Quando è una foto fatta tanto per guardare una donna nuda, e purtroppo molte volte si vedono foto insensate e volgari, se il nudo non lo si sa posare è facile cadere nel volgare!

Ti sei mai sentita in qualche modo sfruttata, giudicata per il tipo di lavoro che hai scelto?

Per fortuna sono venuta sempre a contatto con persone intelligenti e che hanno capito che per me è un lavoro pulito e lo svolgo in maniera professionale

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Cosa puoi anticiparci sui tuoi progetti futuri?

Prossimamente farò un evento fotografico in Grecia, anzi ne approfitto per invitarvi a partecipare, se volete fotografarmi siete i benvenuti!

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Grazie Daniela

All images are copyright protected

Official site: http://carusodanielamodel.jimdo.com/

Christian Humouda

Giovani Prospettive. Omaggio di parole a Mirjam Appelhof


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Mirjam Appelhof artista che nasce e vive nei Paesi Bassi.
Ha iniziato a lavorare con la fotografia per tradurre i sentimenti interiori, immagini che la riflettono.
Le sue immagini non sono mai ferme, dice che il movimento continua nel tempo.
Per creare usa Photoshop, ma anche ama dipingere sulle sue immagini o utilizzare materiali diversi.

***

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Inediti di Marino Santalucia


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MARINO SANTALUCIA nel 2004 entra nell’ONG Emergency. Nel 2010 esce la sua prima antologia di poesie “Versi Riversi” ed. Giulio Perrone Editore. Nel 2014 pubblica “Gli Angoli del Corpo” ed. MontaG. Sue poesie sono presenti su diverse riviste online.

***

Questo mio nuovo lavoro nasce da una spinta interna, ossia, la necessità di dar voce al lato femminile presente in ogni uomo. Non è la mia interpretazione del mondo femminile, ma ciò che giornalmente s’incontra/scontra con quello maschile guardandolo con gli occhi di N. C.
N. C. è l’altra me, il suo nome è un anagramma che renderò noto, solo nel momento in cui uscirà il libro.

Marino Santalucia

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Intervista a David Fragale, uno che cerca di raccontare per immagini


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Benvenuto su WSF, David!

Come ti sei avvicinato alla fotografia? Come ti definiresti?

Non credo di essermi avvicinato alla fotografia più di quanto sia stato questo mezzo espressivo ad avvicinarsi a me in modo spontaneo, e per vie traverse. Come scrittore auto-terapeutico, ho sempre avuto visioni ben definite delle immagini che scrivevo, e queste immagini producevano in me un effetto salutare, come strappare una nuvola dal cielo e scaraventarla in terra con il flaccido rumore di una mozzarella gigante. Il desiderio di riprodurre quelle immagini con il mezzo video si è purtroppo rivelato fallimentare, dato che realizzarli costava tempo e fatiche e spesso non raggiungeva il risultato desiderato (tranne in qualche raro caso). La fotografia si é rivelata un ottimo ripiego, mi permette di raccontare storie con l’ausilio di poche immagini, il più delle volte con una soltanto, e consente a chi le osserva di crearsi una storia a sua volta, un po’ come succede con quel piccolo capolavoro illustrato dei Misteri di Harris Burdick, in cui una serie di disegni a carboncino suggerisce tragedie e magie che il bambino e l’adulto possono costruirsi da soli partendo da quell’unico “fotogramma” che l’autore gli ha offerto. Perciò non mi definisco impropriamente un fotografo ma un illustratore, uno che cerca di raccontare per immagini piuttosto che di avanzare il ruolo della fotografia oggi. Non disdegno il mezzo fotografico in senso tecnico, ma preferisco giocare con le situazioni che mi nascono in testa dal momento dello scatto fino all’altrettanto estemporaneo momento della post-produzione. Non sempre ottengo ciò che desidero, ma quando succede è una vera festa: il racconto si dipana dentro di me, suggeritomi dalla fotografia che ho realizzato. La speranza naturalmente è che suggerisca qualcosa anche a chi guarda, e quindi legge.

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Gli alieni bambini di Laira Maganuco


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Benvenuta su WSF Laira
“Laira Maganuco, l’artista, la donna, la scultrice, come descriverebbe se stessa?”

Mah, il termine scultrice potrebbe in parte definirmi, ma nei miei lavori utilizzo più tecniche artistiche oltre a quella scultorea. La definizione che mi rispecchia di più credo sia: “artista”. Secondo la mia accezione, l’essere artisti non  è semplicemente un qualcosa legato alla volontà di creare, ma possiede una connotazione più profonda e spirituale. E’ un qualcosa che nasce da dentro, o lo si possiede oppure no. Per cui, volendo rispondere alla tua domanda, si, sicuramente mi definirei: “un’artista”.

“Come e quando nasce la tua passione per l’arte?”

Dall’infanzia, sono sempre stata una bambina a cui piaceva fare sculture con il Dido e il Das, il bisogno di creare è qualcosa che ha sempre albergato dentro di me.

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“Quando hai capito che la scultura sarebbe stata il tuo mezzo espressivo?”

Ricollegandomi alla domanda precedente posso dire che il mio percorso artistico  nasce fin dai miei primi passi.  La vera svolta però arriva circa 4 anni fa, quando per necessità di vita ho avuto tempo e modo di dedicarmi completamente a quella che prima era solo una grande passione. Lo scolpire è diventato quindi una possibilità professionale, che mi porta ad alzarmi ad ogni ora del giorno e della notte per dare vita alle mie fantasie.

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“Le tue sono opere iperrealiste e particolarissime, per questo ti chiedo, come nasce tecnicamente un tuo lavoro?”

Difficile dare una risposta univoca. I periodi e i metodi variano a seconda  del genere, della grandezza e anche dall’ispirazione del momento. Detto questo, prima di arrivare al risultato finale, lascio sempre decantare la mia opera sul tavolo per qualche giorno. Solo così è possibile vedere gli errori e correggerli. La prima fase è la realizzazione dello stampo. Questa è forse la parte creativa più tecnica e complicata. Tutto deve essere preparato con cura per far si che i risultati siano soddisfacenti. Il primo passo quindi  è studiare in che modo creare lo stampo in base alla dimensione e alla posizione del soggetto. Sulla base di questo decido se stampare un pezzo intero oppure no. Altro elemento fondamentale sono le inclinazioni di colata, questa può sembrare la parte più semplice, ma va fatto un vero e proprio studio preliminare per evitare che si creino bolle d’aria o sezioni non coperte. Nella realizzazione di uno stampo ci sono moltissime cose da valutare e la durata di produzione può durare diversi giorni. Il materiale che utilizzo di più è il silicone al platino, lo stesso che si usa per la creazione degli effetti speciali. La quarta fase è quella di colorazione, che viene realizzata ad aerografo. Anch’essa è fondamentale per avere un risultato finale realistico. L’ultima fase invece, riguarda l’inserimento di capelli, occhi, denti, cicatrici etc.

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“Quanto l’essere autodidatta è stato un limite e quanto una conquista nella tua produzione?”

L’ essere un autodidatta è stata sia un pro che un contro nel mio percorso  artistico. La cosa positiva è stata trovarmi a contatto con altri artisti, nelle fiere e mostre a cui ho partecipato. Vedere apprezzato il tuo lavoro da un professionista è qualcosa di unico. Per un autodidatta il percorso creativo è molto più lungo e complesso. Bisogna provare e riprovare fino a creare qualcosa di buono. Ad oggi non mi considero ancora un’artista completa, nel campo artistico il miglioramento è continuo e dura tutta la vita. Nel mio piccolo non smetterò mai d’imparare e crescere.

“Quali autori ti hanno maggiormente influenzato?”

Sicuramente gli artisti iperrealisti, posso dire di avere una grande passione per le opere di Patricia Piccinini. I suoi lavori rispecchiano moltissimo il mio stile e gusto estetico.

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“Quanto di te, delle tue paure e fantasie si trasforma in silicone?”

In ogni mio lavoro c’è una parte di me. Le mie opere nascono dalla mia fantasia, ma non c’è nulla che rifletta le mie paure. Le mie creature possono essere definite inquietanti, raccapricciati, ma ai miei occhi suscitano compassione e tenerezza. Posso dire di aver sempre amato tutto ciò che è diverso, infatti se si guarda dietro all’apparenza si può notare che la maggior parte delle mie creature sono rappresentate in una fascia d’età neonatale e/o in fase di nutrimento.

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“Quanto tempo richiede la creazione di ogni singolo pezzo?”

Non ci sono tempistiche standard. I tempi sono soggettivi e dipendono da diversi fattori, ci possono volere due giorni, come diversi mesi.

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“Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi futuri progetti?”

Il mio cervello è sempre al lavoro. Ho già in mente nuovi modelli su cui lavorare, ma preferisco non anticipare nulla. Ho voglia di stupire e sorprendere (spero) chi li vedrà.

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Grazie Laira

Grazie a voi per aver dato voce ai miei lavori

All images are copyright protected and are property to Laira Maganuco

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Christian Humouda

Due cimiteri subacquei di Bizzarro Bazar


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Nell’insenatura chiamata Mallows Bay, il fiume Potomac scorre placido e indisturbato. L’ha fatto per ben più di due milioni di anni, lo perdonerete se non sembra particolarmente impressionato.
Le sue acque fresche e ricche di alghe scivolano via lungo le sponde, accarezzando le carene di centinaia di navi sommerse. Sì, perché in questo cimitero subacqueo riposano almeno 230 navi affondate — un surreale tributo qui, nel mezzo del Maryland a 30 miglia a sud di Washington, il ricordo di una guerra fra “bipedi implumi”, e di una strategia militare che si provò disastrosa.

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Viaggio attraverso l’amore delle donne


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Lo scorso otto marzo, il Liceo “A.G. Roncalli” di Manfredonia ha realizzato uno spettacolo dal titolo “Ti amo” e sottotitolo : “Viaggio attraverso l’amore delle donne”. In tale occasione si è voluto abbinare dolore e gioia, da “Posto occupato”, per quel “Ti amo da morire”, alla comunemente conosciuta “festa della donna”. Le due ricorrenze a testimoniare la funzione della memoria come richiesta di affermazione del diritto per tutte le donne, che diventino protagoniste attive e non prigioniere di amori malati.


Posto occupato, così come l’hanno definito gli ideatori del progetto “È un gesto concreto dedicato a tutte le donne vittime di violenza. Ciascuna di quelle donne, prima che un marito, un ex, un amante, uno sconosciuto decidesse di porre fine alla sua vita, occupava un posto a teatro, sul tram, a scuola, in metropolitana, nella società. Questo posto vogliamo riservarlo a loro, affinché la quotidianità non lo sommerga”
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Martina Stilo pittrice


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Benvenuta su WSF Martina

“Come Martina Daemon Stilo definirebbe se stessa?”
Mi piace definirmi portavoce della mia anima, artista appunto, amo creare artisticamente perché trovo che sia il modo migliore per diffondere e comunicare agli altri i miei sentimenti e i miei pensieri, è anche una forma di rilassamento e sfogo la pittura per me. Penso che per me sarebbe impossibile ,ora che ho intrapreso questo cammino, tornare indietro; l’arte è diventata il significato della mia vita ma anche un compito, cioè far si che la passione rimanga nel cuore degli “uomini” poiché purtroppo siamo in un periodo dove sembra che tutto sia spento , senza emozioni , ma non solo , privo anche di alcuni concetti che prima invece eran ben conosciuti , è forse proprio questa situazione di psuedo-agio che rende gli uomini troppo avviliti e vuoti , poiché non abbiamo una vera e propria situazione negativa come nelle epoche precedenti poteva essere, basti vedere la rivoluzione francese, li l’uomo aveva bisogno di ribellarsi, di far sentire la sua voce e non aveva paura, l’arte era florida , un celebre dipinto di quell’epoca è “la libertà che guida il popolo” di Delacroix , in quel momento l’artista aveva bisogno di utilizzare l’arte come propaganda dei propri pensieri, diffondendoli. Invece nel secolo che corre adesso , le persone hanno paura, vogliono cambiamenti ma non fanno nulla per ottenerli, piuttosto urlano contro i diritti di altre persone per farglieli perdere piuttosto che protestare per mostrare allo stato che non puo metterci i piedi in testa. E’ per questo che l’arte deve rimanere viva, perché una penna o una matita posson far molto per far aprire gli occhi alla gente e farle reagire .

“Come e quando nasce il tuo percorso artistico?”
Nacque con una folle idea , quella di scrivere una Novel graphic (che tutt’ora sto scrivendo e prima o poi renderò visibile anche al pubblico) , che è un tipo di storia illustrato o fumetto come si voglia dire , basato su una rielaborazione di alcune vicende personali miste e messe in chiave fantasy , con anche l’intento di dare uno specifico messaggio. Da li iniziai ad appassionarmi all’arte, cominciai inizialmente a disegnare ogni tanto, copiando immagini per migliorare la tecnica e successivamente iniziare a creare le mie illustrazioni , e da li mi innamorai dell’arte, capii che era la strada che avrei dovuto percorrere e crebbe da li anche la mia passione per la storia dell’arte .
“Le tue opere hanno una base figurativa profondamente classica rielaborata e rivisitata attraverso il tuo uso molto personale del colore. Come nasce tecnicamente un tuo lavoro?”
I miei lavori diciamo che hanno differenti “nascite” : ci sono quei lavori che nascono da un concetto che voglio comunicare , (la fase ragionativa) , facendo un esempio banale l’amore oppure la libertà , e da li parte il ragionamento sulla composizione e sui colori, (la fase tecnica). Oppure un altro modo in cui creo è il sentimento, faccio una bozza di un disegno che mi viene istintualmente in un momento in cui provo una sensazione specifica , dopo averlo terminato lo rielaboro in “definitivo” su un supporto finale , che puo esser una tela oppure un foglio . Diciamo che aderisco sia al romanticismo e al simbolismo come correnti ma traggo anche appunto come dici tu ispirazioni dal classico. Il colore nei miei disegni è molto importante, perché deve sottolineare la situazione che devo ritrarre, ogni tonalità scaturisce una sensazione differente.

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“La mitologia, il fantastico e la terra appaiono essere elementi costitutivi fondamentali nel tuo modo di creare che messaggi vuoi veicolare?”
Come suggerivo prima , sono simbolista, i miei quadri spesso sono enigmatici e non bisogna fermarsi al loro aspetto tecnico e superficiale, ma andare a scovare affondo i vari simboli che ho inserito, utilizzo elementi fantastici e mitici dandogli una particolare valenza, ogni volta è differente , c’è una particolare iconografia che utilizzo spesso, la rosa, per me non è un semplice fiore ma nasconde dentro se mille sfumature , accostandola in diverse situazioni si ottengono molteplici significati, come la passione se essa è rossa, oppure la purezza se essa è bianca.
Oppure mi ricollego a dei miti antichi , spesso attingendo alla cultura greca e romana per dare un allegoria a quella figura ; Marte , ad esempio, non è solo un dio, può diventare un concetto, un emblema di guerra che potrebbe esser riferito ad una situazione attuale e molto altro ancora.

LEGAME ETERNO

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“Che cos’è per te la pittura?”
Non la vedo solo come un mero movimento della mano che intinge il pennello in una chiazza colorata, ma è poesia senza parole, la pittura denuda l’uomo ma non delle sue vesti ma del suo involucro, ossia il corpo. Con la pittura si posson compier viaggi senza muoversi di un passo, riscoprendo il proprio inconscio, la pittura è anche riflessione.

“Quali autori hanno maggiormente influenzato la tua produzione artistica?”

Sono stati soprattutto autori romantici e classici, ammiro molto Füssli , con le sue pitture spaventose e simboliche, ma anche Goya, William Blake e il suo amore per i poemi , da cui trasse anche molte illustrazioni; Bouguereau e i suoi romantici dipinti con le sfumature soffici; da Raffaello ho tratto il suo amore verso la composizione studiata dei dipinti; Salvador Dalì per il surrealismo. Un quadro che invece mi ha colpito molto, è stato il “viandante sul mare di nebbia” di Friedrich , potrei guardarlo miriadi di volte ma mai mi stancherei , ogni volta che lo ammiro i brividi mi percorrono… e questo quello che dovrebbero far gli artisti, riuscire a donare la pelle d’oca a chi guarda le loro opere, come se fossimo stati colpiti da una freccia .

SHOAH

Shoah

ANIMAE

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“A quale dipinto ti senti più legata e perché?”
Ci son due opere in particolare a cui mi sento più legata, uno è “Animae “ , un disegno a gessetti su cartoncino 50×70 che feci 2 anni fa circa , quando lo feci volli legare le mie emozioni in quel disegno, come se avessi messo direttamente la mia anima dentro , da qui il nome del titolo, è molto introspettivo… l’unico quadro che mai darei via per nessun motivo, è appeso nel mio studiolo e mi “accompagna” ogni volta che disegno , non voglio spiegare questo quadro, vorrei che ognuno provi ad interpretarlo e vederne in esso cio che loro provano e credono significhi, illustrare il significato di questo mio particolare disegno rovinerebbe la visione dello spettatore, filtrandone cio che avrebbero potuto provare prima che io glielo avessi spiegato e rendendo sterile il loro pensiero a riguardo , quindi lascio spazio all’immaginazione .
La mia seconda creazione più vicina a me , è “fulminea emozione” ,che esposi anche alla mostra che feci a dicembre dell’anno scorso , il significato di questo disegno è più intuibile, se cosi si puo dire, vuole comunicare la forza e il potere che ha l’amore sulle emozioni, come una freccia che ci colpisce che ci causa una ferita da cui non sgorga sangue ma colori che ,sinesteticamente, son diversi sentimenti che all’unisono si creano quando una persona si innamora, una confusione di passioni e impulsi , che rendono sia estasiata una persona ma anche preoccupata spesso.

“Arte e denaro: il connubio è possibile?”
Il denaro è una delle cose che detesto di più al mondo, per quanto possa esser stato utile che l’uomo nella storia abbia creato tale metodo di scambio è anche divenuto la nostra arma di distruzione, l’uomo farebbe di tutto per arricchirsi , è nella sua natura voler prevalere ed essere egoista, come pensa anche Hobbs ,molte delle catastrofi umane son state causate appunto dalla disputa di due popoli che volevano il predominio su una terra che avrebbe potuto fruttare aumentando anche cosi la quantità di denaro detenuto, il denaro ci può mostrare i lati più oscuri dell’animo umano, la guerra rivela una visione di noi che nemmeno potevano immaginare in una situazione di quiete, l’uomo ritorna istintuale e bestiale come un animale. Ovviamente questo discorso potrebbe sembrare totalmente ipocrita, ma il punto focale è che io , come altri, posso semplicemente far una criticare al denaro ma è ovvio che non posso farne a meno vivendo in una società che si basa sullo scambio monetario, sarebbe da stolti pensare di riuscire a fare diversamente, se non provare a vivere come un selvaggio nelle foreste di qualche posto sperduto , ma la realtà attuale è questa e con mio dispiacere il denaro esisterà che io lo voglia o meno tuttavia il mio pensiero non cambia riguardo a questa situazione. L’arte è quindi vendibile se una persona vuole vivere da artista e sfamarsi cosi e deve a malincuore commercializzare la propria arte, ma se la vediamo da un’altra prospettiva il distaccamento da un proprio lavoro non è una cosa negativa, poiché puo divenire visibile ad altre persone, spostandosi da padrone a padrone, come se un proprio sentimento viaggiasse e comunicasse i suoi pensieri , quasi avesse vita propria, ad un maggior numero di spettatori. Io tento sempre di vedere i due lati della medaglia, perché se c’è ombra c’è sicuramente anche il suo opposto, ossia la luce, non esiste nessuna visione che sia una totalità di uno dei due casi .

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ECLISSI

Eclissi

“Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi futuri lavori?”

Ultimamente il mio estro mi sta dando molto da fare, sto lavorando su multiple tele, non sto pubblicando nulla ultimamente poiché dipingo poco a poco su ognuna di esse, senza completarne una sola. I nuovi lavori riflettono soprattutto sui sentimenti e la dualità , spesso tendo a evolvere i miei pensieri artistici. Sono anche molto impegnata col fumetto, che sto tentando di continuare il più possibile , per far in modo di pubblicarne online almeno il prologo e il primo capitolo.

Grazie Martina

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Christian Humouda

Prospettive. Omaggio di Parole a Gianni Berengo Gardin


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Gianni Berengo Gardin è un fotografo italiano tra i più noti.
Il suo modo caratteristico di fotografare, il suo occhio attento al mondo e alle diverse realtà, dall’architettura al paesaggio, alla vita quotidiana, gli hanno decretato il successo internazionale e lo rendono un fotografo molto richiesto anche nel mercato della comunicazione d’immagine.
Gianni Berengo Gardin vive a Milano ed è membro dell’importante agenzia fotografica Contrasto dal 1990 ed è inoltre membro del circolo “La gondola” di Venezia.

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Bologna est – Intervista a Daniele Malavolta


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“Ciao Daniele, benvenuto su words social forum. Bologna est è il tuo ultimo romanzo, ma alle tue spalle hai altre due pubblicazioni, ci vuoi spiegare come e perché hai cominciato a scrivere?”

Ho iniziato a disegnare storielle a fumetti sui quaderni alla scuola media e mi è capitato di scrivere avventure per giochi di ruolo. Ho pensato che scrivere poteva diventare un mestiere e così ho cominciato a studiare come funziona la scrittura per il teatro e il cinema. Dalle superiori al periodo universitario ho fatto laboratori di recitazione e seminari di sceneggiatura e soprattutto ho letto molti romanzi, racconti e fumetti per imparare a smontarne i meccanismi narrativi e creare uno stile personale in cui confluissero tutte le mie diverse esperienze.

“da dove nasce l’idea di prender una città come Bologna, distaccarla dall’Italia e farla diventare una città-stato sotto un regime comunista?”

Ho fatto l’università a Bologna negli anni novanta, una città dove il fermento culturale, artistico e politico dei decenni precedenti era ancora molto vivo. Avevo scritto varie storie per film durante un seminario di sceneggiatura, alcune ambientate a Bologna ma ero convinto che servisse un’ambientazione più particolare e oppressiva affinché i personaggi fossero costantemente sotto pressione, l’ambiente del cazzeggio universitario bolognese non mi sembrava avere un’attrattiva abbastanza forte. Quindi ho pensato di creare un’allegoria dei regimi totalitari dove far vivere i miei personaggi. Ho condotto una serie di ricerche per dare un fondo di attendibilità storica e ho creato questa ucronia.

“Nessuno dei personaggi del libro è un soggetto centrato o in equilibrio  e questo è vero non solo per i protagonisti di Bologna est, ma anche per quelli dei tuoi lavori precedenti. Mi sembra che tu abbia sempre preferito parlare di soggetti al di fuori dei canovacci sociali, cosa ti spinge a descrivere l’alienità?”

Non amo le storie comuni e ombelicali. Mi interessa tutto ciò che può essere fuori dal comune e quindi parlo di quello che conosco prendendo spunto anche da espreienze personali e persone reali. Forse perché Sono un alieno alienato e attiro altri alieni alienati.

“Quali sono i tuo riferimenti letterari, da cosa e da chi vieni ispirato?”

Tra gli italiani ci sono alcuni scrittori noir che sicuramente mi hanno influenzato, e anche scrittori che noir non sono come ad esempio Calvino e Vittorini e poi ci sono Terry Pratchett, Douglas Adams, Jeff Noon e Neil Gaiman che sono classificabili tra il fantasy, la fantascienza e non si sa bene cosa. Sicuramente subisco anche delle influenze cinematografiche e fumettistiche oltre che letterarie. Bologna Est nella mia prima idea avrebbe dovuto essere un film.

“Tu sei anche uno sceneggiatore cinematografico,  il tuo stile narrativo è asciutto e spesso molto pungente, quanto pensi che sia stato influenzato dallo scrivere per il cinema?”

Il mio primo romanzo, Il popolo degli dioti, aveva un linguaggio molto più arzigogolato, elaborato dallo stile delle favole per bambini. L’esigenza era quella di esprimere gli stati emotivi della protagonista e non soltanto le azioni. Negli altri due romanzi ho preferito uno stile più veloce e più vicino alla narrazione per immagini, meno descrittivo. Penso che la gente si stia abituando sempre di più alla fruizione di prodotti veloci e seriali. Alla profondità si predilige la velocità. Ho adattato lo stile a ciò che andavo a  raccontare.

“Sei nato a Modena e hai studiato al DAMS di Bologna, conosci molto bene la realtà di cui parli. Come ti hanno formato queste due città, cosa ti hanno lasciato in eredità?”

Ogni angolo di mondo ha le sue peculiarità e io conosco tutte quelle del mondo da cui provengo. Il mio rapporto di amoreodio per la provincia e i suoi abitanti sono un serbatoio infinito di materiale da cui pescare storie e situazioni.

“Attualmente vivi a Roma, credi che l’ironia tipica della romanità abbia accentuato certe tue caratteristiche? In che modo?”

Roma è la città della decadenza, il miglior luogo per aspettare che il mondo finisca. Sto studiando diversi aspetti della capitale da utilizzare come materiale narrativo per altre storie.

“Quali sono i tuoi progetti attuali? Su cosa stai lavorando?”

Sto cercando di realizzare un lungometraggio con il budget di un corto, NOTTE DI QUIETE, un thriller che parla di uno scherzo che finisce male. Sto al contempo portando avanti altri progetti per film e documentari e anche cercando di mettere insieme materiale per un altro romanzo ma il tempo non basta mai e la letteratura, se letteratura può essere definita quella che faccio io, finisce sempre all’ultimo posto nell’ordine delle priorità. Non è facile sopravvivere facendo un lavoro creativo, ma di questi tempi non è facile sopravvivere tout court…

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Recensione Bologna Est a cura di Flavia Morra

Bologna est è uno di quei libri che dovrebbero avere almeno altre 100 pagine, godibile e feroce, divertente in modo amarissimo, è permeato da un’atmosfera di disfatta che solo la buona dose di ironia dell’autore rende sopportabile. Le vicende paradossali narrate si avvolgono su se stesse come i vicoli della città romagnola in cui si svolgono, tetri, puzzolenti e ciechi, delimitati da un muro tanto temibile quanto facilmente violabile. I protagonisti, ragazzi sgangherati prede di sogni troppo grandi per le loro capacità e di tenerissime dipendenze, tentano di sopravvivere al socialismo reale che ha strappato Bologna all’Italia rendendola indipendente dal resto del Paese. La filosofia di regime regola ogni aspetto della loro esistenza, semplificandola, deresponsabilizzandola ed essi vagano in cerchio, metafore di una precarietà non tanto lavorativa quanto esistenziale, affannati eppure immobili, persi nelle maglie di una comunità iper includente e controllante che strozza ogni guizzo di individualità. Nessuno lotta, ognuno sopravvive, tutti provano a capire dove si può andare per poter dare un senso a quello che si è. Il protagonista, Roberto Martinelli, è l’unico davvero curioso di sapere cosa c’è al di là del muro, l’unico ad essere disposto, in modi anche piuttosto maldestri, a correre qualche rischio per trovare un’alternativa a quello che conosce già. La scrittura veloce e pulita garantisce scorrevolezza, trasporta il lettore attraverso le pagine con molta leggerezza, ma senza alcuna banalità. I dialoghi serrati e pungenti strappano spesso un sorriso, così come le sigle dei tanti comitati che imperversano nella storia, rappresentanti di una burocrazia bestia che strizza l’occhio a Kafka in modo sarcastico e disilluso. Regalerei il libro al mio migliore amico, lo rileggerei nel caso avessi bisogno di una sferzata di sarcasmo o, per meglio dire, lo rileggerei in ogni caso.

Flavia Morra