Giovani Prospettive. Omaggio di parole a Kylli Sparre


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Kylli Sparre giovane artista olandese che gioca con la manipolazione delle immagini.

***

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Natura di Angelica D’Alessandri

Cornucopia radiosa
Danzante nei boschi

Musica gelida scopre te stessa
Solchi giorni mai vissuti
E vite mai nate

Intrisa di saggezza
Riveli colori
E trasformi ricordi;
Nel presente fiorisci

Insinuandoti in me
Mi nutri di gioia.

***

Immagino di Elina Miticocchio

parole dal cuore cadute a stendere teli azzurri
parole di vento. Parole di splendore

c’è polvere di rose nell’aria
un piccolo canto
desta la luce

scucita è la conchiglia del mattino
nell’intatto tessuto delle ore

***

colpi di spazzola

COLPI DI SPAZZOLA di Roberto Marzano

E’ una scatola vuota ‘sta testa di bambola
bocca chiusa cucita al sorriso di fabbrica
gli occhi stanchi aggrappati nel buio agli elastici
sguardo vacuo che oscilla penzolando di taglio
sul vestito di seta cangiante azzurro petrolio
cuor di feltro che batte dura fiacca di colla
che i capelli di stoppa si strappano a ciocche
sotto i colpi di spazzola in plastica bruta…

***

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L’uomo venuto dal mare di Emilia Barbato
*
accordare il tempo e la mano
al cigolio dell’altalena,
dondolare piano il viso della piccola,
c’erano così tante cose che desideravo,
il canto pacato di un vecchio,
la natura ineffabile
del desiderio, una coppa Oribe,
l’ombra delle foglie d’acero.
Con centootto
rintocchi di un’antica campana
l’uomo giunse dal mare
e prese tutti i sogni.
*
lontano, nel tempo e sulla spiaggia, va
lentamente l’uomo, il passo è limite e il corpo un’impressione d’aria, dove soffia schiuma
forte il mare, finisce in un’ instabile leggerezza.
*
quasi sempre lo cerca dove vanno
a rompersi le onde, con le ginocchia
nei granelli di sabbia raduna gemme
per gli occhi, se chiude le labbra
nel calore della bocca molte volte
lui la bacia e mentre con movimenti
vivi lo chiama egli emerge argenteo
dal mare nel fragore dello schianto

*
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*
tutto è silenzio, principio di suono, materia
liquida che avvolge, i capelli ritirate
caracee e il seno sospeso un senso,
una bianca vertigine, tra i denti
scivola il mollusco della sua lingua
e lungo le scapole sporgenti, la curva
lombare della schiena, lui è una corrente,
un abisso, un indomabile tormento.
*
a quei consacrati decumani appartengono
i tendini e con le falangi protese,
confuse al mito sommerso,
la donna chiede al mare di mutarla,
di circondarla con una bianca onda,
solo specchiandosi termina
in una sommità oscura, volubile,
che la natura di lui sa svelare.
Ora che sono brevi come una vertigine
-un limite estremo del conosciuto-
si scambiano, egli è un tempo curvo-
una memoria sensoriale del suo corpo-
*
Quando smetterò di lavorare, di leggere
Proust, di sottrarmi, forse ammetterò
che quell’uomo venuto dal mare
sei tu seduto in giardino
che mi parli con voce acquiescente
di come mormorino le bocche
degli amanti perbene, di come i libri
siano maestri cattivi.
*
ma tu non dirmi che appartieni
all’indolenza, che sei la polvere
insostituibile sul paesaggio del tuo divano,
non togliermi calore come fanno le
particelle quando se ne vanno, se
restiamo sulla spiaggia ci sono
molte cose indispensabili,
la rifrazione, l’aria, il vento,
pietre di varia durezza e se ci pensi,
questa moltitudine contiene dosi misurate
di felicità, non dirmi più che in fondo
non hai parole, né senso, né voce.

***

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SILENZI di Marino Santalucia

Amo del silenzio la forma
la figura e la sua larghezza,
che minaccia di volar via
senza dirmi addio.

Quando gli alberi si chinano,
la densità del suo urto
è spostamento d’aria
odore che sfiora.

Trasparenza che assume corporeità
ferma a mezz’aria
in un luogo senza nome.

***

Killy Spark

-Ada- di Francesca Dono

sotto l’ accusa della luna
Ada s’ accomoda
nel suo vestito plissé .
Mani cinquantenni
in quelle pieghe di rito
forse insensate per rimanere in vita. E’
un imbroglio che la illude stonando mille ombre
pallide e inflessibili. L’imbroglio.
Spettacolo di tanti riflessi
tra le braccia degli alberi.

Ada freme
avanza.
Nel frattempo la inseguo
come un tesoro raro.
Ma Ada è solo una macchia di carne.

-Una volta si spinse al vento siberiano impazzendo. L’eskimo non la conteneva.
Era per una fioritura .Borraggini sopra la brina del gelo.
Disse: puzza d’inferno questa storia.-

In quel posto
il tracollo del panorama.
Attimi e pomeriggi. Uno dopo l’altro. Di
mano in mano
nell’imbarazzo di un miraggio.

Adesso
oltre la pazienza di una tregua il triste gazebo
dedicato agli insetti. Ancora una luna
trapasso
in mezzo le nuvole.

Ada è stravagante
in quel vestito plissé
ha incastrato parole
dentro contorni di una stanza.
Orribilmente impagliato
un museo di palazzi.

La inseguo, la inseguo ancora.
Ada agita solo buchi sotto le calze
e fino all’inguine sconcio.

Eppure mi disperdo
dietro un becchino.

-Cinque biglietti per il tuo possesso- le dice
come certe battone. La sveltina. Un alibi.

Più di una soletta frantumata tra i tombini
più di uno scrollo di lendini
che Ada tiene vigili alla mente pensierosa.

Si alza
si china esplodendo (di tanto in tanto)
dove il giorno vive di alta marea.
Sopra un acquedotto che pompa salute liquida ai pruneti.
Ada si alza
si china.
Avviene.
Nessuna estate.
Che sia senza madre il sole?
Era Cornelia (l’amata)
a sfilare le spine poi il vuoto.

***

in un imbroglio di nuvole

IN UN IMBROGLIO DI NUVOLE di Roberto Marzano

Ci siamo perse ridendo
in un imbroglio di nuvole
scaraventate su brande
precarie appese a un’iperbole
approfittando del buio
stringersi petto con petto
aggrappate più forte
all’altrui precipizio
unghie livide a premere
i propri lembi di vuoto.

***

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IN TRAPPOLA di Izabella Teresa Kostka

Eppur ballo ancora
intrappolata nel ventre di cemento urbano,
tra spossatezza e domande senza risposta,
sopravvissuta all’inferno e alla dannazione.

Oppressa, soppressa e manomessa,
la sacerdotessa dell’arte,
buona ma non fessa,
una marionetta ribelle di questo sistema
in cerca costante della comprensione.

Toglietemi di dosso i vostri sguardi!
Gli opachi detriti dell’esistenza.

***

Immagine

Come quelle volte di Romeo Raja

Come quelle volte ci parlavamo
come quelle volte ci siamo baciati
come tutte quelle volte
che un sorriso ha coperto una domanda.
Un silenzio
e un passo che è mancato.

***

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Ho rivolto parole che non ho rivelato nemmeno a me stessa.
Le ho lasciate ai margini del silenzio
su una censura implacabile
cosicché il peccato mutasse in clemenza
ed io, da traditrice a fedele
camminassi accanto al tuo desiderio, misconoscendoti.
Misconoscendomi.

Se “accarezzami l’anima” fosse un imperativo plausibile
sarebbe, d’un tratto, rivolta sulle tue mani,
una dichiarazione di guerra sullo stato di grazia per la mia pelle.

Ti concedo tutta la nostalgia del domani,
L’assassinio della mia presenza
Pur chiedendoti scusa.

di Mariella Buscemi

***

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Nerone di Rosario Campanile

Poi quando ero piccolo, mi chiamavano Nerone perché mi piaceva dar fuoco alle cose, e infatti allora sono cresciuto, e dato che ho otto anni, ho pensato che sia giusto bruciare la casa dei Saggi.
Mica perché mi stanno antipatici, sai, anzi.
Sono gli unici che mi fanno parlare, mi raccontano storie e manco hanno paura dei miei fiammiferi, al massimo si mettono a ridere.
Ma io lo so come funziona, cioè, se te la prendi con qualcuno che ti fa i dispetti, tipo quello di dieci anni che sta in seconda per la terza volta perché mena le mani e parla male, ecco, se tipo do fuoco alla sua bicicletta, allora c’è sempre chi ti difende e trova una scusa.
Ma così come faccio a farmi ricordare prima che me ne vada?
No, no, se accendo i letti dei saggi, magari ne brucia uno, magari solo i piedi e tutti urlano e scappano e imprecano che non lo fanno mai, e forse mi rincorrono, insomma, vedi che poi, anche ora che sono cresciuto lo diranno “ Rino, eh, quello è cattivo, era cattivo pure da piccolo, e perciò lo chiamavano Nerone”.
E allora ho preso i controvento e pure uno straccio, e sullo straccio ci ho messo il liquore che tiene mio papà e che se lo beve tutte le sere, così pure lui si arrabbia, mica perché incendio i vecchi, ma và, solo per il fatto che gli ho finito il liquore, e ora che è buio scappo dalla finestra bassa, e non mi vede nessuno e manco mi vengono dietro i cani, se lo ricordano che gli ho bruciato la coda, sì, e arrivo alla porta dei saggi, e via un fiammifero, e via, due fiammiferi, e via, tre fiammiferi, e ora lo straccio, e ora il fuoco e ora, via, via, via l’ acqua.

Perché mica volevo essere così.
Solo che quando il fiume ha portato via la mamma, e la piccoletta e mio papà urlava ed io scavavo con le mani e i pompieri con le pale e i cani con le zampe e tutti guardavano la casa che era a pezzi, ma nessuno vedeva i pezzi miei, quando l’acqua è diventata coperta e ha chiuso tutto sotto, e la mia testa è diventata cuscino, e ho appoggiato tutto dentro e il mio cuore forse, che non lo vedo, il mio cuore è diventato di un altro, io volevo essere Nerone che almeno accendeva il fuoco e un pochino ci scaldavamo.

E faccio il cattivo, sai, lo so che faccio il cattivo.
Così mi lasciano in pace, così, almeno così, sono solo.
Io, i fiammiferi, e, se me lo ridanno, il mio cuore.

***

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ATTENDO di Izabella Teresa Kostka

Sono una briciola alla deriva
in viaggio sul fiume orfano di Caronte,
sanguinante naufraga senza ricordi
sbarcata per caso su questa Terra.

Dovrei seguire la mia strada
che guida i giorni verso l’Ignoto?

Gettata nel burrone del purgatorio
attendo soltanto la resurrezione.

***

KYLLI SPARRE - Sylvia Pallaracci

fuori nessuno sa
come rispondere a questa luce che dilaga
dal primo giorno
al vento visibile sugli inconoscibili
muri interiori che faccio
crollare coi fili d’erba e i picchi
d’orizzonte improvvisati tra le dita

qui tutto è terra
di un dio che non decifra il mio corpo
l’oltre ciò che dovrebbe
avere un senso invece è sete
di peccati imperturbabili , sole buono e mandrie di api
come pesci nel mare
profondissimo del mio seno

fuori sparisce la strada
calcata col mio peso dorato
e le acque abbagliate dello sguardo
che non ha mai tempo
da sopravvivermi

di Sylvia Pallaracci

***

2 pensieri su “Giovani Prospettive. Omaggio di parole a Kylli Sparre

  1. Pingback: Nerone – mai una stagione esatta

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