Poesie di Enrico Marià


Continua il percorso iniziato con Redent Enzo Lomanno e Simona De Salvo tra la Poesia contemporanea alla scoperta di nuove voci per alcuni di voi e a me così care già da tempo. Ché il viaggio prosegua, oggi, con Enrico Marià.

Ksenja Laginja

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In occasione della recente uscita di “Cosa resta” (puntoacapo Editrice) quinta raccolta del novese Enrico Marià ripercorriamo il suo cammino attraverso quattro brani editi.

*

D’ogni cosa il nome
le lacrime, la mano sul petto
quel sonno cui gli occhi si arrendono.
Due volte al mese i pacchi di cibo
marciapiedi dal vento lavati
siringhe nella braccia
la mia insensata presenza.

Ultima supplica
libertà dalla vita, la morte-
sola risposta
all’abisso che siamo.

*

Nell’atroce notte
del mio nero sangue
amarti è dire –
che tu non puoi
e non devi morire.

*

Sant’Ilario, fai conchiglie le mie ossa-
assordando ogni morte
risuoni eterno in me
l’eco del tuo mare.

*

È dopo che mai inizia,
se quando esci sei solo
torni a rubare,
corpi annichiliti
sordi a ogni cosa
ti scarcerano a mezzanotte;
alle pensiline di Marassi
Stefano senza denti
si mastica le gengive
il desiderio è essere
dimenticati dal mondo
infiniti nessuno
per sempre cadere
niente nel nulla.

Enrico Marià è nato nel 1977 a Novi Ligure (AL), dove risiede. È Redattore di puntoacapo Editrice e figura nello staff di Collezione Letteraria di puntoacapo. Ha pubblicato le raccolte: “Enrico Marià” (Annexia 2004); “Rivendicando disperatamente la vita” (Annexia 2006); “Precipita con me” (Editrice Zona 2007); “Fino a qui” (puntoacapo Editrice 2010 con prefazione di Luca Ariano, II ristampa); “Cosa resta” (puntoacapo Editrice 2015, prefazione di Mauro Ferrari).
Ha partecipato alle antologie: “Genovainedita” (Galata 2007); “Atti della II Fiera dell’Editoria di Poesia. Pozzolo Formigaro giugno 2008” (puntoacapo Editrice 2008); “Dolce Natura, almeno tu non menti” (Editrice Zona 2009); “La giusta collera” (Edizioni CFR 2011); “Oltre le nazioni” (Edizioni CFR 2011); “Poesia in Piemonte e Valle d’Aosta” (puntoacapo Editrice 2012); “Il ricatto del pane” (Edizioni CFR 2013); “Poeti di Corrente” (Le Voci della Luna 2013); “Cronache da Rapa Nui” (Edizioni CFR 2013); “La festa e la protesta. Atti della XVI Biennale di Poesia di Alessandria” (puntoacapo Editrice 2013); “Poesia in provincia di Alessandria” (puntoacapo Editrice 2014); “Comunità nomadi” (deComporre Edizioni 2014); “Bukowski. Inediti di ordinaria follia” (Giovane Holden Edizioni 2014); “Ad limina mentis (deComporre Edizioni 2014).
Nel 2013 è stato inserito nel censimento della giovane poesia italiana dai 20 ai 40 anni compilato da pordenonelegge. Si è classificato tra i finalisti in diversi premi: “David Maria Turoldo” (2011 e 2012); “Antonio Pigafetta” (2013); “Charles Bukowski” (2014). Nel 2010 ha ricevuto la Menzione speciale della giuria del Premio “David Maria Turoldo”. Nel 2012 ha partecipato all’e-book scaricabile liberamente e gratuitamente “La droga: un’ispirazione? O l’ispirazione: una droga?”.
Suoi testi compaiono su riviste e web alla stregua delle recensioni delle sue opere. Collabora con il blog Corrente Improvvisa.

Poesie di Simona De Salvo


*

Mentre arriva Natale
Lo incontro spesso all’incrocio
mi consiglia di non prostituirmi,
se è di buon umore accende la pipa
si rotola per terra
abbaia
dal lato sinistro del marciapiede
mi cammina dietro al culo
ogni tanto scompare
così torno a ragionare sulle mie carte, se mi convenga
prendere un treno per uccidere un avvocato
vestita da zingara, di stracci e cappotti
con una pistola nelle mutande, forse si,
sarebbe la cosa migliore
al momento opportuno, in Piazza Marengo o agli Scali del Pesce
ma poi lo trovo ancora per strada, lui, coperto di coriandoli
che Mica vorrai ammazzare?
E grida che ho vinto alla lotteria,
sabato scorso
un uomo: suonava la chitarra seduto alla finestra e somiglia
a un cantautore rinomato
va guardato bene, si vende al chilo
mi consiglia di non cercare scorciatoie
poi di solito, se è di buon umore
si accende la pipa e ride
si rotola per terra
salta
lancia i suoi coriandoli dappertutto
e abbaia
mi cammina davanti, dietro, eccetera.
Delle volte, invece, raramente
si toglie il cappello
molto triste
allaccia la cintura al lampione
e partiamo verso il manicomio.

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Poesie di Redent Enzo Lomanno


E tutto nacque lì, in incastro microcosmico, dal profondo abisso della poesia. Così presi a muovere le pinne per non cadere e giacere sul fondale da non guardare altrove, dove quello scendere è strumento d’eccellenza, origine, radice: e questo Redent Enzo Lomanno lo sa, ne ha compreso l’essenza. La parola è goccia d’acqua, fiotto che diviene flusso caldo e poi specchi di sola acqua nella perdita che abita.

Le terre sommerse in cui ci conduce sono cariche di pura bellezza liquida e d’altronde, come lui ci ricorda: “Forse abbiamo torto sulle branchie e per il nostro, nessun alibi“.

(Ksenja Laginja)

In acque profonde

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Della Carne e dell’Amore – Intervista ad Atelier du Bizarre


Atelier du Bizarre_ logo

Il nome Atelier du Bizarre evoca visioni potenti e suggestive, che si riflettono anche nel vostro logo: un cuore di anatomiche oscurità, sezionato e con due iniziali. Com’è nato il vostro rapporto con la cultura e l’estetica BDSM?

Il nostro rapporto con l’estetica BDSM è nato da bisogni e sentimenti in effetti viscerali. Così come il nostro logo appunto, un cuore diviso che rappresenta tale dualità: non solo nelle nostre individualità unite nella vita e nel lavoro e rappresentate dalle nostre iniziali, ma anche dalla dicotomia che anima l’estetica che viene rappresentata attraverso le nostre “creature”. Le atmosfere che amiamo respirare, di cui ci circondiamo e che sono fonte di ispirazione, sono sia quelle date dalla cinematografia di genere e ancora più quelle che provengono dalla cultura musicale di entrambi, la quale fa propria l’estetica fetish e BDSM: il punk, il post-punk, l’industrial, il noise e il dark con le loro varie sfumature; senza però dimenticare la mitica coppia dei Cramps, Poison Ivy ed Lux Interior, che del fetish ne hanno fatto un vero e proprio marchio di fabbrica. Insomma, tutte quelle correnti musicali più oscure e marce, che ci hanno formato e che fanno parte della nostra cultura.

no mercy mask + priestess collar + priestess wristbands

No mercy mask + priestess collar + priestess wristbands

cyclop mask

Cyclop Mask

Cosa vi ha portato a creare l’Atelier?
Federica: Atelier du Bizarre è nato sicuramente da un’esigenza: cioè ricreare accessori che avremmo voluto possedere, ma dai costi per noi assolutamente proibitivi.
Roberto era rimasto soprattutto affascinato dalle maschere di Bob Basset e Tom Banwell (i quali, nonostante nella loro produzione abbiano una connotazione nettamente più steam-punk, collaborano talvolta con stilisti d’alta moda, virando per tali occasioni, verso uno stile più fetish) ed aveva iniziato a disegnare ispirandosi sia a loro che ad altre realtà meno conosciute. Roberto, provenendo dall’accademia di belle arti, sapeva come ricreare su carta quello aveva in testa e riusciva perfettamente a riprodurre anche le cose che gli spiegavo avere io in mente. Dalla carta alla pelle il passo è stato breve e anche i primi prototipi avevano dato un risultato più che soddisfacente.
Io invece, dopo varie esperienze nell’ambito dell’abbigliamento come commerciante, arrivavo da un master in management della moda, seguito poi da varie esperienze sempre nell’ambito della moda, tra le quali è stata sicuramente più determinante e formativa, quella fatta nell’ufficio prodotto di Alexander McQueen, dove la componente fetish e sadomaso è sempre stata fondamentale e che mi ha segnato profondamente, sia dal punto di vista metodologico che da quello estetico.
C’è stato un momento quindi, che avevamo intuito che unendo le nostre competenze e talenti, potevamo non solo ricreare gli oggetti dei nostri desideri, ma anche, dare vita ad un’attività nostra. Poter magari un giorno vivere di ciò che amavamo fare: praticamente un sogno, insomma… soprattutto qui in Italia! Ma da bravi sardi, e quindi testardi e tenaci che siamo, non molleremo la presa sinchè non saremo perlomeno soddisfatti dei risultati ottenuti.

Ice devil harness + gynecological chair by AdB

Ice devil harness + gynecological chair by AdB

Il Divin Marchese e Justine, Histoire d’O – e potremmo citarne altri – sono costante riferimento per molti praticanti o semplicemente appassionati. Da dove nasce la vostra ispirazione?

Come dicevamo già prima, le nostre non sono ispirazioni specifiche, ma nascono dall’insieme della cultura musicale, letterale e cinematografica che ci accomuna: possiamo affermare che il nostro immaginario comune, si intreccia e trova delle costanti stilistiche, e che queste molto spesso riportano all’estetica BDSM. Per quanto riguarda l’aspetto visuale, ci sono sicuramente N. Araki ed E. Kroll, la video-arte di Inside Flesh e la pornografia di genere, come ad esempio le produzioni di Kink.com o Infernal Restaints. Parlando invece di pura cinematografia, i nostri riferimenti vanno sicuramente in una direzione molto più cruda e diretta rispetto ai film da te citati: Tokio Decadence di R. Murakami, , Rubber Lover di S. Fukui , Tetsuo di S. Tsukamoto, Videodrome e Crash di D. Cronenberg, giusto per citare i primi che ci vengono in mente. Film che ci coinvolgono, oltre che per la dimensione estetica data dagli oggetti/feticci che divengono parte integrante delle storie raccontate, anche per l’analisi che va a sondare gli abissi dell’animo, le più profonde e primitive pulsioni e perversioni che si annidano nella mente dell’essere umano.

fede-black-inferno harness + mask

fede-black-inferno harness + mask

La creazione di un oggetto implica – nell’ambito della produzione artigianale e di qualità – impegno e devozione estrema, oltre alle numerose collaborazioni artistiche. Tra queste abbiamo notato quella con l’Artista visivo Marco Malattia. Potete raccontarci come queste esperienze vi hanno arricchito e trasformato?

Roberto: La nascita di ogni creatura di AdB comprende diverse fasi. C’è una prima fase che è squisitamente immaginifica. Dopo averci scambiato l’intuizione iniziale che uno dei due o entrambi stiamo maturando (stando assieme anche come coppia nella vita, molto spesso ci capita di avere le stesse idee…), la fisso su carta con degli schizzi che poi danno vita ad una ricerca molto approfondita di immagini soprattutto tramite il web, ma anche tramite libri illustrati, mercatini dell’usato, ecc. che possano aiutarci a focalizzare, a visualizzare ciò che abbiamo in mente, dandoci così degli spunti per dare forma, nonché arricchire la creazione ancora alla stadio embrionale. Dopo di che, inizia la fase esecutiva con la ricerca di materiali e colori sia per la pelle che per la minuteria; poi passiamo alla creazione del prototipo, per valutare le possibili difficoltà ed ostacoli nella fase della realizzazione e studiarne le soluzioni ed infine, l’agognata nascita del prodotto finito.

Big Red Nose Mask

Big Red Nose Mask

Parlando poi di devozione, possiamo sicuramente dire che Atelier per noi è proprio come un figlio, a cui dedichiamo tutto il nostro tempo libero, le nostre disponibilità economiche e tutte le energie fisiche e mentali che ci rimangono in corpo (considerando anche il fatto che per poter portare avanti Atelier, abbiamo entrambi un secondo lavoro).
Le collaborazioni, invece, sono molto utili per uscire di tanto in tanto dal confronto intimo tra noi due e per re-introdurre la parte più sperimentale che ci ha caratterizzato sin dalla nascita del progetto. Le consideriamo infatti una preziosa occasione che funge da valvola di sfogo: un momento prettamente creativo, non indirizzato unicamente al mercato.
La nostra prima collaborazione è stata appunto con Marco Malattia, che è prima di tutto un nostro grande amico. A parte un’immediata corrispondenza di idee, c’è stata anche una complementarietà in senso estetico e pratico. Alcune sessioni fotografiche ed un video con le nostre maschere, firmati VLF, hanno suggellato l’inizio della nostra collaborazione. Dopo di che abbiamo fatto una maschera appositamente per lui, su sua richiesta e che talvolta usa nei suoi video. Tra le alte, non potremmo mai dimenticare l’esperienza, a tratti ascetica – Liguria. Agosto. Noi tutti che indossiamo maschere ed accessori vari di pelle -, che è stato il primo servizio fotografico ufficiale dei nostri prototipi e di cui Marco M. si è reso complice: è stato chiaro a quel punto che avremmo potuto affrontare qualsiasi cosa assieme!
La sinergia tra le competenze diverse che caratterizzano in generale il concetto di collaborazione è la vera crescita personale e professionale: vedere un risultato comune che si, si allontana dalle produzioni autonome, ma che contemporaneamente ne porta le tracce, è il compenso che tutti i “compagni di viaggio” si aspettano.
Ritornando all’idea di sinergia, un progetto altrettanto interessante è quello che stiamo portando avanti con Stefano Idili, mente ed organizzatore di Versatile, un appuntamento che ha sede in Sardegna e che da qualche anno, ha come principale protagonista la musica elettronica di altissima qualità, ma che si contamina anche con ricerche visual e performance che accompagnano l’intera durata dell’evento.
Quest’anno Atelier du Bizarre è stato scelto come partner nella promozione, fornendo materiale fotografico e video, che poi i bravissimi Luca Ciabatti e Gianfranco Fois della MouseADV, hanno rielaborato in modo del tutto in linea anche con la nostra estetica. Per le tre serate principali, che si terranno ad Alghero il 24-25-26 luglio, invece “officeremo” l’evento con delle performance che vedranno protagoniste le nostre maschere e dei costumi realizzati appositamente.

psycho evil red harness

Psycho Evil red harness

La cultura BDSM negli anni si è aperta ed estesa fino a raggiungere la cultura mainstream; dai libri, alle passerelle d’Alta Moda, alle serate tematiche, questa “sottocultura” ha sdoganato alcuni pass di accesso rendendo più fluida la comunicazione tra i due mondi. Cosa rispondereste a chi considera questa pratica, e stile di vita – nell’accezione più ampia del termine – “pericolosa” o “deviata”?

Partendo dal presupposto che nella pratica BDSM c’è sempre la consensualità delle parti coinvolte, per quanto ci riguarda non pensiamo che ci sia devianza in nessuna pratica sessuale dove sussista appunto la consensualità. Ovviamente c’è sempre un margine di pericolosità legata all’incoscienza e alla leggerezza con cui tanta gente si approccia a questa, come ad altre pratiche sessuali considerate “non convenzionali”. Onestamente quindi rispondiamo che si, è pericoloso nel momento in cui non si fanno i conti con le proprie carenze pratico/teoriche e che no, non c’è nulla di deviato fin che i “giocatori” sono consenzienti.
Per quanto riguarda il discorso legato alla moda invece, noi non riporteremmo tutto a questi ultimi anni, ma si potrebbe partire dai più eclatanti casi che iniziano a manifestarsi dalla metà degli anni ’70, con stilisti entrati a far parte successivamente del circuito del lusso e dell’alta moda: nomi come Vivienne Westwood, J.P. Gaultier e successivamente Alexander McQueen e Galliano, per citare i più famosi, ma con un sottobosco di studenti di moda e stilisti meno noti, che vanno avanti con l’autoproduzione…proprio come noi. Tutte realtà che proponevano e continuano a proporre accessori, a volte presi tali e quali dal repertorio BDSM, altre volte, reinterpretati ognuno con il proprio personale stile. Tutti questa folla di stilisti, designer, creativi più o meno conosciuti, sono strettamente legati per quanto riguarda l’immaginario e la cultura, ai generi musicali ai quali abbiamo fatto riferimento all’inizio dell’intervista. Il caso e la storia poi di V. Westwood fa scuola, essendo lei la partner e socia con M. McLaren – manager dei Sex Pistols – del negozio “Let it Rock”, chiamato poi nel ’74, non a caso “SEX; tutto questo proprio negli anni in cui iniziavano a farsi strada prepotentemente proprio i generi musicali di cui parlavamo sopra e dove sia i “seguaci” che i protagonisti di queste correnti, andavano ad acquistare abbigliamento e accessori/feticci in stile BDSM.

Red Plague Doctor Mask

Red Plague Doctor Mask

Nel percorso dell’esistenza tutti ricopriamo un ruolo, e nel BDSM questo aspetto è potente e marcato rispetto alle cosiddette pratiche “regolari”. Il gioco e il ruolo vengono definiti all’inizio – secondo il Safe, Sane, Consensual (SSC), e l’Atelier ci accoglie nel suo paese delle meraviglie, attraverso forme evocative di estrema bellezza. Quali sono i vostri progetti futuri e le nuove collaborazioni?

Una collaborazione appena avvenuta è stata fatta con la performer Tiger Orchid. Abbiamo creato apposta una maschera per l’occasione che ha indossato alla serata della data italiana del Torture Garden a Roma. E’ stata una grande soddisfazione ed onore, vedere una creazione di Atelier indossata da una delle principali performer dell’evento, in un appuntamento così importante per la comunità BDSM. Questa è stata l’ultima collaborazione in ordine cronologico.
Poi, oltre al più prossimo e vicino appuntamento con Versatile, per il futuro ci sono diverse cose in cantiere, sia con realtà già rodate e consolidate, che con “nuovi compagni di viaggio”. Per correttezza e anche per scaramanzia, non vi sveleremo i particolari ed i nomi delle realtà coinvolte…. Diciamo solo che molte di questi progetti, sono legati al mondo della musica: ciò anche per ribadire la preferenza ed il nostro forte coinvolgimento con questo universo.

Grazie Federica e Roberto, e parafrasando Videodrome di David Cronenberg: “Lunga vita alla nuova carne“.

Psycho Evil red harness Mask

Psycho Evil red harness Mask

Fame: riflessioni e dintorni su Knut Hamsun


« A quel tempo ero affamato e andavo in giro per Christiania, quella strana città che nessuno lascia senza portarne i segni… »

Hamsun Knut_foto cover by Ksenja LaginjaUn libro color petrolio, edito da Adelphi, in copertina l’opera di Lyonel Feininger: un uomo solitario attraversa un ponte, dietro di lui una città in lontananza; un’indicazione prima di iniziare a sfogliar le pagine dello spartiacque che – a tempi alterni – siamo portarti a varcare, a prendere per mano. E lì, su quel ponte, inizia la storia del giovane scrittore protagonista dell’opera di Hamsun, nella stagione dove tutto scolora e trapassa, sulle pareti di una soffitta i cui muri sono lettere/letture spiegate nella campagna silenziosa, punto privilegiato d’osservazione.

Hamsun ci racconta la storia di una città, Christiania (conservò questo nome dal 1624 al 1878, per acquisire successivamente il nome odierno: Oslo) tra le pagine di un libro che già dal titolo si pone come indicatore; ma non fatevi fuorviare, la fame non è solo quella legata alla biologia. La fame, da puro riferimento fisico, innalza su di noi straordinari vessilli per condurci in territori nuovi – altri – che appartengono al puro senso d’esistenza. In un tempo dove l’essere Artisti, ieri come oggi, non garantisce sussistenza ma – al contrario – rincorse contro il tempo mai magnanimo, in cui la vita ruota su di noi in quel continuo ferirci che stordisce anche i più forti. Pochi gli eletti che assurgono a tale condizione, pochi i dichiaranti. Quasi fosse una vergogna vivere facendo qualcosa che non combacia perfettamente oppure costeggia l’inclinazione verso cui siamo votati. Ma nella creazione non v’è vergogna, non deve esserci. Noi siamo ciò che siamo e questa bellezza – qualunque essa sia, da qualsiasi posto provenga – non passa inosservata. E se la scrittura o l’arte vi possiede non fatene un vanto, prendetela per ciò che è – bellezza mista al tormento. Binomio spesso inevitabile. Non sarete superiori, ma semplicemente creature. Come il nostro eroe, quello che scorre per Christiania senza cappotto o panciotto, con le scarpe bucate e la fame nel cuore, felice di aver venduto l’articolo che lo porterà a vivere qualche giorno di sereno calore a cavallo tra la pazzia e il delirio lucido di un uomo che speranza più non ha, e che attanagliato dalla fame sarà pronto a risorgere il giorno dopo. L’uomo innamorato vicino al fienile. L’uomo che rincorre un sogno. Lo vedete anche voi?

Oh sì, il nostro eroe – e da questo punto lo chiamerò così, che un po’ di lui a mio avviso c’è in ognuno di noi. Chi di voi non ha patito la Fame in ogni sua forma?

Hamsun Knut_foto by Ksenja Laginja

Spiegare un’opera in poche parole è compito assai delicato, e in ordine sparso di idee vi racconterò, seppur brevemente, come tutto iniziò.
Lessi questo libro mentre tutto scivolava via – e con questo intendo tutto il microcosmo che chiamiamo vita – schiantandosi sulle spalle come se il peso di un’enorme creatura nero vestita non mollasse la presa. La fame mi attanagliava allo stesso modo di cui Hamsun rivestiva quelle pagine di parole e volti in fiamme, di disperazione straziante e gioia proverbiale. Presa dalla febbrile lettura, una pagina dopo l’altra, imboccai queste parole:

« E intorno a me covava sempre la stessa oscurità, quella stessa eternità nera e imperscrutabile, contro la quale si inalberavano i miei pensieri incapaci di afferrarla. Con che cosa potevo paragonarla? Feci sforzi disperati per trovare una parola abbastanza grande per definire quel buio, una parola così crudelmente nera da annerire la mia bocca quando l’avessi pronunciata. »

(da “Fame”, pp. 71, traduzione di Ervino Pocar, Adelphi Edizioni, 2002)

Uno strepitoso universo di fuochi artificiali, e la fame, quella dannata spina nel fianco in grado di togliere il respiro, e lui – il nostro eroe – così vicino, eppure così lontano. Un istante in cui il tempo può annullarsi, per tornare lì – in quelle strade – a cercare insieme a lui una parola così crudelmente nera da stravolgere ogni singolo mondo, novella flaneur come il nostro errabondo scrittore, in folle ricerca. Rileggendo questa frase mi è tornata alla mente una citazione di Jack Kerouac che in poche e semplici parole descrive questo universo:

Perché per me l’unica gente possibile sono i pazzi, quelli che sono pazzi di vita, pazzi per parlare, pazzi per essere salvati, vogliosi di ogni cosa allo stesso tempo, quelli che mai sbadigliano o dicono un luogo comune, ma bruciano, bruciano, bruciano, come favolosi fuochi artificiali color giallo che esplodono come ragni attraverso le stelle e nel mezzo si vede la luce azzurra dello scoppio centrale e tutti fanno Oooohhh!

(Jack Kerouac, “On the road”)

Fame (in norvegese: Sult) venne pubblicato nel lontano 1890 e oggi al solo nominar codesto tempo tutto appare così diverso e incerto. Ma in realtà nulla è cambiato. Giovani poeti e artisti si sono affacciati sulla vita, alle miserie e alle sue bellezze, in cui l’unica cosa davvero mutata – tranne l’uomo e la natura – sono i costumi. Da allora questo libro ne ha fatta di strada e non c’è antichità nel suo linguaggio ma fresca effervescenza, indicatrice di una scrittura che scorre con la potenza della parola che si fa richiamo e canto disperato e allo stesso tempo tragicomica disavventura. E poi lei, Ylajali, di cui non racconterò nulla, per ora. Una piccola sorpresa per voi.

A Christiania, nella notte pungente affilata su un ponte, c’è un uomo teso, solitario, amabile. È lui –

Il nostro eroe – al culmine della disperazione – guarderà con occhi diversi la città che fino ad allora lo aveva cresciuto e tenuto a bada in quella fame sempre accesa, monito che le cose non succedono mai per caso, che ogni evento è collegato e per ognuno di noi – presto o tardi – qualcosa tornerà a splendere. E quella bellezza sarà accecante, indimenticabile.

Vi dirò una cosa. Se non avete letto questo libro correte fuori di casa e non badate a socchiudere l’uscio, correte a più non posso, non fermatevi a nessun angolo ma continuate a correre e dopo aver stretto le sue pagine tra le mani tornate a casa con il cuore in gola e l’aria di questo inverno che brucia dentro. Siate affamati di voi stessi, degli altri e di ciò che avete intorno, di queste pagine, di questo libro. Nulla sarà più uguale. E la bellezza un giorno busserà dalla città che vi ha cresciuto da buona matrigna qual è, consapevoli che tutto cambia e infine che ogni cosa ha il suo tempo. Anche la fame.

Manifesti Neoisti – Sangue, Pane e Bellezza


Dire la verità?

“Potrei incominciare in molti modi, ma forse è meglio partire spiegando come sono diventato Karen Eliot. Il nome Karen Eliot è un nome collettivo. Chiunque può usarlo – e molte persone lo usano. Lo scopo dell’avere un gruppo di persone che usano lo stesso nome è di esaminare al lato pratico la questione filosofica dell’individualità. È stato l’interesse per queste questioni filosofiche e per la loro soluzione che mi ha spinto ad adottare lo pseudonimo collettivo di Karen Eliot. Naturalmente, sono interessato a molti problemi filosofici oltre a quello dell’individualità, per esempio ai vari concetti di verità. Per esaminare nella prassi la questione della verità, io diffondo idee che considero false e osservo con attenzione le reazioni che suscitano in altre persone.”

Stewart Home (che scrive col nome di Karen Eliot), “Nihilism, Philosophy Without Meaning” in Smile n. 8, Londra, novembre ’85.

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VERSO IL NULLA

Note da The Generation Positive su La Natura della Cospirazione

Noi siamo i White Colours, Slaves Of Freedom, Second Coming, Babes On Acid, Flame Thrower Boys, Hip Troop, Jack Off Club, Flat Cap Conspiracy.

Noi ci rifiutiamo di essere limitati a qualunque nome. Noi abbiamo tutti i nomi e siamo tutte le cose. Incoraggiamo tutti gli altri gruppi pop ad usare questi nomi. Vogliamo vedere migliaia di gruppi con lo stesso nome. Nessuno possiede nomi. I nomi esistono per essere usati da tutti. I nomi come tutte le parole sono arbitrari.

Noi attacchiamo il culto dell’individuo, gli egotisti, i tentativi di appropriarsi dei nomi e delle parole e farne un uso esclusivo. Noi respingiamo il concetto di copyright. Prendi quello che puoi usare.

Noi respingiamo il concetto di genio. Gli artisti sono come tutti gli altri. L’individualità è l’ultimo e il più pericoloso mito dell’Occidente.

Noi affermiamo che tutta l’arte è propaganda. Essendo una parte della sovrastruttura essa riflette la struttura.

Noi affermiamo che la contraddizione è la base di tutto il pensiero.

Noi affermiamo che il plagiarismo è il metodo artistico realmente moderno. Il plagiarismo è il crimine artistico contro la proprietà. È un furto e nella società occidentale il furto è un atto politico.

Noi vogliamo che tutti usino i nostri nomi. Usa questi nomi perché sono i tuoi. Questi nomi non appartengono a nessuno. Diventa i White Colours, Slaves Of Freedom, Second Coming, ecc…

La cospirazione non può essere elusa, tutto deve essere assorbito. Noi esistiamo solo implicitamente. Combattiamo la piaga dell’innovazione.

Noi cerchiamo l’illuminazione attraverso la confusione.

Noi facciamo miracoli di audacia.

Noi saremo prosaici. I nostri significati saranno semplici. Non alluderemo a secondi significati. I secondi significati sono la creazione di chi non è capace di dare piena corporeità al reale.

Noi affermiamo di essere già soddisfatti semplicemente simulando.

L’uomo del ventesimo secolo è un animale storico. Noi cerchiamo il modo di rendere l’uomo del ventunesimo secolo astorico. Noi vivremo nel tempo presente. Il passato e il futuro esistono solo per implicazione. Usciremo dal tempo passando ai giusti atteggiamenti mentali.

Noi ci sforzeremo di raggiungere il nulla perché il nulla à la condizione veramente stabile.

(Stewart Home, ottobre 1982 (ottavo manifesto di The GenerationPositive)

VIVA IL NEOISMO

Il Neoismo è un movimento culturale influenzato da Futurismo, Dada, Fluxus e Punk, emerso dal network della Mail-Art verso la fine degli anni settanta.
Il Neoismo è una metodologia per inventare la storia dell’arte. L’idea è di suscitare interesse per l’opera e le personalità di vari individui che vengono considerati componenti del movimento. I Neoisti vogliono scappare dalla “prigione dell’arte” e “cambiare il mondo”. Con questo obbiettivo in mente loro presentano alla società capitalistica un’angosciosa immagine di se stessa.
Chiunque può diventare un Neoista semplicemente dichiarandosi parte del movimento e adottando il nome di Monty Cantsin. Però i Neoisti non si limitano a usare il nome Monty Cantsin, usano anche il nome Smile. I Neoisti chiamano i loro gruppi pop Smile, i loro gruppi-performance Smile, e persino le loro riviste si chiamano Smile.
Questo è un vero e proprio esperimento esistenziale,é un esercizio di filosofia pratica. I Neoisti vogliono stabilire cosa succede quando non si riesce più a fare differenza fra diversi artefatti e diverse persone.
Comunque, mentre i Neoisti hanno fede nella filosofia pratica, NON sottoscrivono lo studio della logica così come si svolge nelle università e in altri istituti autoritari. La filosofia Neoista deve essere messa alla prova per le strade, nei pub e nei night club, essa presuppone la creazione di una cultura comunista – non astrazioni teoriche.
Il capitalismo domina il mondo materiale dando nomi e descrizioni a quegli oggetti che vuole manipolare. Rendendo i nomi privi di significato, i Neoisti distruggono il meccanismo centrale di controllo proprio della logica borghese. Senza queste classificazioni, il Potere non può differenziare dividere e isolare le masse rivoluzionarie.
Essendo disgustati dal mondo frammentario nel quale vivono, i Neoisti si sono trovati d’accordo nell’adottare un nome comune. Ogni azione condotta all’insegna di Monty Cantsin è un gesto di aperta ribellione contro l’Ordine del Potere – e una dimostrazione che i Neoisti sono ingovernabili. Monty Cantsin é un individuo vero in un mondo dove l’individualità reale è un crimine!
Infine, la filosofia Neoista è un progetto rivoluzionario intrapreso con lo scopo di migliorare l’intero genere umano. Il Neoismo supera tutte le precedenti filosofie perché consapevolmente si fonda sulla retorica piuttosto che sull’osservazione dei fatti.
I Neoisti credono nel valore della frode come arma rivoluzionaria. Loro praticano una scienza impura e regolarmente contraffanno i risultati che ottengono. Usando questa metodologia, il Neoismo ha senza sforzo confutato le illusioni dominanti connesse al concetto di “individualità” e adesso reclama il suo diritto di sconfiggere completamente tutti coloro che si rifiutano di realizzare la loro vera umanità. Il successo del Neoismo é storicamente inevitabile.

LUNGA VITA ALLA MORTE!

SLOGAN DA DIFFONDERE CON OGNI MEZZO POSSIBILE

Volantini, annunci sugli elenchi, strisce e fumetti sui quadri alla National Gallery, durante il boicottaggio di film e concerti, scritte con lo spray sui cartelloni pubblicitari, prima di fare del sesso, dopo aver fatto del sesso &c.

QUELLI CHE NON CAPISCONO IL SIGNIFICATO DI QUESTE PAROLE IGNORERANNO CIÒ CHE ESSE IMPLICANO

FORZA ATTRAVERSO IL POTERE

CREA IL FUTURO DISTRUGGENDO IL PASSATO

LA VITA INIZIA DOVE FINISCE LA STORIA

L’ARTE È PORNOGRAFIA ISTITUZIONALIZZATA

RUBARE ELIMINA L’ATTESA DAL DESIDERIO

IL PIACERE È LA NEGAZIONE DEL DESIDERIO

DEMOLISCI LA CULTURA SERIA

FURTO: TUTTO CIÒ CHE VUOI DA UN NEGOZIO E QUALCOSA IN PIÙ

VIVI ADESSO, MUORI DOPO

L’AMORE È IL RIBALTAMENTO INTERIORIZZATO DELLO SPETTACOLO DELL’OPPRESSIONE

ABOLISCI LA VERITÀ

SCEGLI L’ALIENAZIONE

Leggi il testo integrale: http://www.lutherblissett.net/archive/008_it.html