O-scena ovvero l’ Irrappresentabile in teatro di Nausica Hanz


“Se la processione che fanno e il canto del fallo che intonano non fosse in onore di Dioniso, ciò che essi
compiono sarebbe indecente; la medesima cosa sono Ade e Dioniso, per cui impazzano e si sfrenano.”
(Eraclito, frammento 15)

Da un’intuizione di Carmelo Bene prende spunto questo articolo e precisamente dalla reinterpretazione etimologica del termine osceno, che in Bene viene posto come o-skené: “osceno vuol dire appunto, fuori dalla scena, cioè visibilmente invisibile di sé” afferma Bene durante la trasmissione del Costanzo Show del
1990 .
Osceno è tutto ciò che non esiste sulla scena, che viene posto ai margini del vedere perché di natura sporca, lurida, ripugnante, offensiva; eppure molte opere performative contemporanee sono riconducibili ad una oscena perché si collocano nella sfera dell’irrappresentabile, in quanto introducono nello spazio teatrale elementi taboo, perversi e vietati dalla norma.
È in questa tensione tra il poter vedere e il vedere tutto che si situa il perturbante, un teatro estremo in cui lo spettatore diviene destinatario di quell’atto di dis-velamento della scena da cui non è escluso nessun elemento: tutto è in superficie, viene annullato qualsiasi spazio nascosto, non ci sono più segreti e il confine tra dentro-fuori, vero-falso, arte-vita è stato rimosso per permettere allo spettatore di poter abbracciare l’opera nella sua interezza.
I lavori performativi di Jan Fabre e della Societas Raffaello Sanzio sono due esempi di teatro in cui la dimensione dell’irrappresentabile assume un carattere principale, la loro è un’arte che svela, un palco che conduce lo spettatore a vedere ciò che prima era vietato allo sguardo: l’inguardabile viene ora esposto nella sua forza cruda.
L’osceno è esploso (o per usare l’efficace immagine di Castellucci) ha subito un’emorragia, ha riversato in teatro l’indecente e portato l’arte verso una zona perversa, limite, pericolosa. In questo teatro è la materia

Socìetas Raffaello Sanzio - Tragedia Endogonidia

Socìetas Raffaello Sanzio – Tragedia Endogonidia

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CLAUDIO ABATE E IL SUO Bene di Cristina Capodaglio


bene salomè

Finalmente Roma rende omaggio a Carmelo Bene, dopo 10 anni dalla sua scomparsa, con una mostra fotografica al Palazzo dell’Esposizioni.

Il titolo della mostra celebra una nota frase di Carmelo riportata nella sua autobiografia scritta a quattro mani con Giancarlo Dotto: Bene-dette foto! Appunto! Foto scattate da Claudio Abate e che lo avrebbero scagionato dall’accusa di oltraggio.

Per quei poveri (pochi!) che non conoscono il genio di Bene, ricordiamo che la stella ha brillato per più di quaranta anni sui palcoscenici italiani e non solo e chi ha avuto la fortuna di vederlo testimonia ancora oggi con “ferocia” la vera rivoluzione teatrale incarnata dal grande Carmelo.

Attore, regista teatrale e cinematografico, scrittore, opinionista sportivo e tifoso del Milan, la sua comparsa fu da subito riconosciuta come la fine del teatro e l’inizio della messa in crisi della parola. Il testo non più protagonista come nel teatro di prosa, bensì squartato, deriso, ri-scritto, dis-detto dal genio. Via le repliche, via la ripetizione. Solo l’atto nell’immediato svanire, come evento irripetibile del teatro.

La sua ricerca teatrale lo ha portato a rimanere sul palcoscenico solo, come voce corpo, come qualcosa che arriva da un di dentro al pubblico, che è il solo testimone del momento sublime del grande teatro, in oblio e non in grado di  ri-ferire quanto visto o udito.

Ha creato la  “macchina attoriale” de-costruendo le figure dell’attore, autore, regista e usando l’amplificazione come ausilio sonoro e il doppiaggio dei suoi tanti “io”.

Pensando in vita al suo epitaffio Carmelo Bene aveva ripreso un passaggio tratto da Sade: «Mi ostino a vivere perché anche da morto io continui a essere la causa di un disordine qualsiasi».

La mostra è composta da circa 120 fotografie in bianco e nero e a colori, molte inedite e scattate tra il 1963 e il 1973, relative a undici tra i primi lavori di Carmelo Bene, da Cristo 63 alla seconda edizione teatrale di Nostra Signora dei Turchi. Sono foto di scena, alcune scattate su richiesta di Bene per valutare l’effetto del trucco o di un abito o della scenografia.

Sarà l’occhio di Claudio Abate a guidarci sui primi passi mossi sulla scena teatrale dal giovane Carmelo, elementi essenziali per avere una testimonianza altrimenti irreperibile.

La mostra testimonia un aspetto meno noto del lavoro fotografico di Abate, svolto principalmente nel periodo giovanile e quindi prezioso per acquisire elementi e spunti necessari per diventare un grande professionista e quale migliore occasione se non quella di unirsi al genio di Carmelo Bene, seguendo la sua primigenia.

 Jean-Paul Manganaro ha curato i testi del catalogo della mostra.

Dal 4 dicembre 2012 al 3 FEBBRAIO 2013 

Orario di apertura:
Martedì, mercoledì, giovedì: 10.00 – 20.00
Venerdì, sabato: 10.00 – 22.30
Domenica: 10.00 – 20.00
Ultimo ingresso un’ora prima della chiusura
Giorno chiusura settimanale: lunedì
Giorni chiusura per festività: nessuno

Costo biglietto ridotto
€ 10,00

Costo biglietto intero
€ 12,50

Info tel 06 39967500
Info mail info.pde@palaexpo.it
Sito
: www.palazzoesposizioni.it

di Cristina Capodaglio