L’Italia irragionevole e permalosa che ci rovina la vita


charlie_hebdo_jan_issue_its_nice_thatAi tempi dell’attentato di Charlie Hebdo il Words Social Forum, come molti altri, si schierò senza se e senza ma con la redazione del quotidiano francese.
Le bacheche di Facebook furono invase dall’hashtag #JeSuisCharlie, la bandiera francese imperversava sulle immagini del profilo del 90% degli iscritti al famoso social network (ma anche gli utenti di Twitter, Tumblr ed Instagram non scherzavano); i vignettisti di tutto il mondo espressero il loro cordoglio con un omaggio. In Italia il Corriere della Sera, particolarmente solidale coi colleghi francesi, fece scaricare suddette vignette da facebook senza avvisare gli autori (evidentemente avevano molta fretta di cavalcare l’onda della solidarietà, dimenticando ogni norma del vivere civile) e le riunirono in un libricino dal modico prezzo di 4 euro e 90 centesimi che, assicurò la redazione, sarebbero andati tutti ai lavoratori del settimanale francese – e in base alla serietà dimostrata ci credemmo, eh. Tutto molto bello, ma andiamo oltre.
Charlie Hebdo ha continuato a prendere e prendersi in giro senza farsi scrupoli di fronte a niente: né davanti ai propri colleghi deceduti, o a quelli del Bataclan. Neanche a quelli di Nizza. Qualcuno forse storcerà il naso, ma la libertà – sopratutto quella di satira – è anche questo.

Charlie Hebdo, vignetta su terremoto in Italia

Poi c’è stato il terremoto di Amatrice. L’ennesimo disastro annunciato, altre (tante) morti che si potevano evitare e ancora una volta un imbarazzante susseguirsi di notizie sui soldi rubati, sulla corruzione e i mancati controlli, sul politico di turno che in tempi non sospetti si era rubato la sua fetta, le chiacchiere su una ricostruzione che non si farà mai e, se si farà, sarà completamente oscena e degradante come è successo all’Aquila (e dal terremoto dell’Abruzzo molti sono ancora nelle tendopoli) o in Irpinia (stanno aspettando degli alloggi da quanto, trent’anni?). L’italiano medio abbozza, si arrabbia, commenta inferocito, abbozza di nuovo, poi guarda avanti. Il circoletto vizioso si ferma quando Charlie Hebdo pubblica una vignetta molto esplicita sul terremoto italiano di Amatrice definendolo “Sisma all’italiana”: penne gratinate (calcinacci), al sugo (sangue), lasagne (corpi schiacciati fra strati di macerie). Orrore e raccapriccio! I giornali italiani, mostrando una serietà ed un’etica giornalistica tipo il Corriere, sparge a gran voce l’interpretazione cretina e facilona della vignetta per attirare facili consensi, visualizzazioni e commenti infuocati sotto i propri articoli: Charlie Hebdo prende in giro i morti! La vignetta contro i morti! Oddio i morti! I nostri morti! Vilipendio di cadavere! I francesi ci sfottono, oddio! Un’escalation di idiozia a cui ha partecipato il sovracitato 90% degli iscritti a Facebook: improvvisamente nessuno, all’epoca dell’attentato, è stato Charlie. Gente che fino all’altro ieri portava la bandiera francese come immagine del profilo e si scagliava contro i “bastardi islamici” (citazione di un altro quotidiano degno di nota) improvvisamente si dispiace del fatto che in quell’attentato non sia morta l’intera redazione.

Le argomentazioni più in voga:

– Eh però non hanno fatto vignette sui morti in Francia! (bastava un minuto di ricerca su Google per sincerarsene, ma mi rendo conto che lo Spirito del Grande Saggio che vive in ognuno di noi non può aspettare di vedere se una cosa è vera o no)
– Pensassero ai loro morti, ché si fanno esplodere le bombe sotto al culo!
– La satira deve avere delle regole! (no, non deve)
– Non fa ridere! (in teoria la satira non deve far sempre ridere, ma ho idea che chi si è accodato a commenti di questo tipo non abbia la minima idea di cosa sia davvero la satira)
– Commento sarcastico random pro Charlie
– Commento sarcastico random contro Charlie (es. Io non sono mai stato Charlie, lo sapevano che producevano solo schifezze!)
– Insulti random contro la Francia scritti in un italiano discutibile, al punto da non riuscire a capire se chi li sta scrivendo odi di più la Francia o l’Italia
I francesi non possono sfotterci perché non hanno il bidet! (giuro che è vera, e pure fra le più popolari)

Per le tante polemiche Charlie Hebdo ha deciso di pubblicare una seconda vignetta (e quiitaliani-non-e-charlie-hebdo-che-costruisce-le-vostre-case-e-la-mafia son stati cretini loro a pensare che qualcuno in grado di scrivere commenti di quel livello per la prima vignetta potesse in qualche modo capire anche la seconda), in cui una persona ferita e mezzo sepolta fra le macerie spiega che non è stato Charlie Hebdo a costruire male le case, ma la mafia. Apriti cielo: l’idiozia ha di nuovo raggiunto l’apice e lo ha superato, dando al mondo un’immagine dell’Italia tipo Derek Zoolander alle prese col pc. Gli intelligentoni di turno affermano che no, beh, la mafia mica c’entrava con Amatrice, mica hanno costruito loro le case, che ne sanno loro di mafia? Siamo noi gli esperti! Prima la pasta poi la mafia, ci prendono in giro sfruttando i nostri stereotipi! (Eccetera, eccetera)

Forse, per un francese, la “mafia” è semplicemente tutto ciò che non funziona: corruzione, criminalità, superficialità, appalti truccati. Aggrapparsi ad un cavillo linguistico per non constatare l’ovvio – e cioè che è una grandissima cazzata prendersela per una vignetta per poi lasciarsi scivolare addosso i mille errori di un paese che non funziona in nessun modo, e che lucra e specula sulle vittime fino a renderle una specialità tutta italiana (che sarebbe più o meno il senso della prima vignetta, su cui avevo letto delle interpretazioni stupende che avevo raccolto e poi perso). E che forse non è il caso di chi disegna dei morti ma su chi ci mangia, su quei morti, come farebbe con un piatto di lasagne, per rubare altri soldi dalle tasche dello Stato. FORSE.

L’altro giorno, l’apice: il sindaco di Amatrice querela Charlie Hebdo. Una notizia che sulle prime credevo finta perché troppo stupida e invece era, ed è tuttora, la triste realtà dell’ennesima figura di merda italiana fatta a livello internazionale. Troppo poco l’indignazione cieca di una persona che non sa neanche leggere fra le righe di una vignetta: perché non affidarsi alle istituzioni, che per una volta tanto rappresentano il volere del popolo? Ma io dico. Invece di indagare su chi ha costruito l’ospedale che, ci tengo a ricordarlo, è stata la prima cosa a crollare; invece di combattere per la ricostruzione della tua città; invece di stringerti ai tuoi concittadini e accertarti che la loro dignità sia preservata e le loro proprietà siano al sicuro, che fai? Denunci una rivista. Se pure li condannassero, e non avverrà, però dico… se pure li condannassero, a chi andrebbero i soldi del risarcimento? Ai morti o alla ricostruzione? E la ricostruzione, nelle mani di chi andrà? Dei soliti quattro sciacalli che pasteggiano sui “tuoi” morti e meriterebbero la pubblica gogna, dando ancora più ragione alla vignetta che tanto odi?

Il problema dell’Italia, di questa Italia piaciona e inutilmente orgogliosa che si masturba ossessivamente su cose per cui eravamo famosi tipo cinquant’anni fa (il buon cinema, l’alta cucina, la moda, il Made in Italy, l’innovazione artistica – ma perché ostinarsi se ora facciamo schifo?) è che si infervora per le cose in superficie senza guardare più il là del proprio naso. Crolla un paese intero e il capro espiatorio è una vignetta francese. Non chi ha costruito addirittura scuole e ospedali che sono venuti giù alla prima scossa, e che quindi ha costruito male rubando soldi dello Stato – soldi dei contribuenti, noi cittadini, no: una rivista. Una donna vittima di slut shaming si ammazza e il problema sono i video su facebook – non il fatto che la gente andasse a cercarla solo per darle della troia fino a costringerla a non uscire di casa, no, non il fatto che in un paese normale tutti si sarebbero scagliati contro di lui e non contro di lei – ma ehi, evviva il popolo di santi, di poeti e di trasmigratori, la vita è bella, scurdammoc’ ‘o passat, e così via. Potrei continuare per ore sul suicidio di Tiziana o proseguire sull’infamia del Fertility Day o sull’insulso processo mediatico contro la Raggi – ma preferisco finirla con gli esempi prima che mi parta un embolo.

Qualcuno potrebbe forse accusarmi di essere esagerata, ma è questa l’Italia che ci sta rovinando la vita. Non il politico di turno (sono quasi trent’anni che abbiamo “politici di turno” pronti ad essere il bersaglio mentale delle colpe di tutto il paese), ma la popolazione che si infervora dietro una tastiera e va a lavorare col capo chino sotto lo scacco del padrone immortale e onnipotente, salvo poi aizzarsi contro il proprio telefono mentre si scrivono commenti sarcastici contro l’argomento scottante del momento – il femminicidio, le unioni civili, il gender… sceglietene uno, tanto che voi siate pro o contro la sostanza non cambia. Certo, una classe politica corrotta e incompetente che va avanti a suon di prese per i fondelli e furti non è di aiuto, ma di chi è la colpa? Se c’è una cosa che possiamo imparare dai francesi, e dico impararla davvero, è cominciare a pretendere diritti per tutti senza farsi la guerra a vicenda. Un esempio random: quando hanno cercato di rendere lavorativo il giorno della Pentecoste, Parigi si è bloccata per la calca di manifestanti. In Italia avremmo, al massimo, scritto uno stato indignato su facebook prima di andare a lavorare.

L’italiano medio può consolarsi insultando come vuole l’amico francese – che è spocchioso, scostante, poco simpatico, con la puzza al naso, che non ha il bidet – ma un culo pulito NON è più importante della dignità lesa a vita. O forse sì? Non sono al di sopra degli altri, anzi: sono più nella media di chiunque altro. Forse la stanchezza, solo quella, ha raggiunto alti picchi di insopportabilità. E non solo per me.

Daniela Montella

La “sottomissione” distopica di Michel Houellebecq


sottomissione

Spesso l’umiltà non è altro che una finta sottomissione di cui ci si serve per sottomettere gli altri”

François de la Rochefoucauld

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 E’ impossibile avvicinarsi alla lettura del romanzo “Sottomissione”, senza ripensare ai tragici fatti accaduti nella redazione di Charlie Ebdo. Il martirio fisico, ma non creativo di un gruppo di eroi che hanno per anni dedicato la loro vita a dissacrare, senza timori o paure quelle che erano le ferite scoperte della società mondiale.

In questo clima di unitaria condanna, esce il testo profetico e futurista di un grande autore, che vede la Francia del 2022 governata da una dittatura musulmana. Il titolo è un parziale rimando alla parola Islām: sottomissione, abbandono, consegna totale a Dio, dimenticando totalmente il termine “salām” – “pace” a cui é strettamente correlato.

La Francia vista da Houellebecq in questo romanzo vede come protagonista Hollande che ormai al termine del suo secondo mandato, viene definitivamente spodestato da Ben Abbess leader del partito Fraternité Musulmane che prende l’Eliseo con la maggioranza dei voti. Di contro la storia viene però narrata attraverso gli occhi di Jacque, un professore quarantenne ossessionato dalla figura di Huysman, (personaggio che verrà riproposto più volte all’interno del romanzo come un mantra immaginario).

La struttura dell’opera raccoglie idealmente l’organizzazione monadica del racconto “Una cosa, piccola, ma buona”. In entrambi i componimenti infatti, i personaggi sono due entità chiuse all’interno di uno spazio; poco importa se fisico o etereo. Il panettiere creato da Carver passa la sua vita all’interno delle mura polverose del proprio panificio, lontano dagli accadimenti del mondo circostante, mentre in Sottomissione Jacque, professore snob e donnaiolo, rivolge la sua attenzione solamente verso se stesso, lasciando sullo sfondo una società occidentale già sottomessa alla noia e all’indifferenza verso il prossimo. La conversione del mondo circostante, i continui rimandi a Huysman come ultimo baluardo di cristianità in un deserto di noia altro non sono che un nuovo, lento, lavaggio del cervello in cui nulla si crea, ma semplicemente cambia nome.

Una nuova carta del territorio, in cui non si trovano più vittime pubbliche da offrire ad altrettanti privati carnefici, quanto più le rovine di una Repubblica semipresidenziale di sinistra che governa un popolo unanimamente spinto verso destra.

Una società dei valori ormai corrosa alle fondamenta, un’ellisse che porta ad un rinnovamento storto verso una nuova quanto vecchia dittatura liberale, in cui potersi nuovamente sottomettere senza rimpianti o domande, in un più ampio micro cosmo mondiale in cui tutti sono “a ragione” Charlie, finché non si tratta di guardare nelle banlieue.

Pertanto la visione distopica e futurista di Houellebech non riesce ad avvicinarsi all’eco del presunto orgoglio che si tramuta in rabbia, ma lascia solamente spazio e voce all’umanità dell’uomo; quella che prega ogni domenica e dimentica la pietas, che combatte per ricevere insegnamenti superiori ma sviluppa senza freno la dicotomia: Io/Dio. 

Che cosa resta dunque al termine della lettura?

Nulla più di un grande senso di abbandono e di asservimento verso uno stato di cose che pare non poter cambiare, come il Dio etereo ed incorporeo che forse ha generato o forse no, la “Monade delle Monadi” a cui tutti si sottomettono, dimenticando che l’unica parola proferita nei testi sacri e mai perfettamente compresa é la sottomissione ultima dell’uomo, all’amore.

Christian Humouda

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IL “FOOL” DENUDA IL RE


I am but a fool, look you, and yet I have the wit to / think my master is a kind of a knave”.

“Non sono che un matto, guardate, tuttavia ho abbastanza senno per credere che il mio padrone sia una sorta di furfante”


Da sempre la satira ha inteso colpire il potere e tutti i suoi rappresentanti. Il suo scopo è la denuncia, lo smascheramento della realtà del mondo e del male che in esso agisce, dei vizi e dei difetti, della verità che giace sotto le apparenze. La satira non è mai stata benevole, non ha mai fatto sconti, ha sempre voluto distruggere convenzioni. Ma il potere non sta a guardare e si difende ridicolizzando chi gli si oppone con il dileggio e lo sfottò per aumentare il conformismo generale.

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Simon Wiesenthal, ingegnere, scrittore e antifascista austriaco sopravvissuto all’Olocausto, nelle sue memorie («The sunflower», 1970) racconta degli ebrei impiccati dai nazisti nella piazza di Lemberg, a cui “un buontempone… attaccò a ogni corpo un pezzo di carta con su scritto ‘carne kosher” ( carne conforme alla legge).

Per giorni, i cittadini di Lemberg risero dei prigionieri dei campi di concentramento che i nazisti portavano a lavorare in città, perché «vedevano in quegli ebrei altra carne kosher a passeggio».Così, la massa prendeva le distanze dalle vittime. Così, si partecipa al divertimento sadico del violento.

Shakespeare attribuisce ai suoi cattivi (Iago, Shylock) lo stesso humor crudele per definire la loro immoralità e smascherare il potere e la sua disumanità. Nelle sue opere nessun tema viene risparmiato: il sacro, il profano, la politica, la religione, il sesso e la morte. Tutto da smascherare, da mostrare contraddittorio, ad opera di un fool, l’idiota-furbo, il saggio-stolto, che criticava le azioni dei potenti, mostrando, attraverso il linguaggio un potenziale sovversivo: portare gli altri alla comprensione del reale grazie alla follia.

Touchstone di As you like it e Feste di Twelfth Nigh sono i fools più riusciti e originali, investiti dal Re del loro statuto di “mattatori” di corte.

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R.I.P


I nostri cuori, le nostre menti e le nostre penne sono rivolti alla
redazione di Charlie Hebdo e all’immensa tragedia che li ha e ci ha
colpiti tutti.

Che quest’ennesimo atto barbaro contro la libertà di espressione, libertà già pagata col sangue dei nostri nonni, non venga mai dimenticato.

Buonanotte, fratelli d’inchiostro: che la terra vi sia lieve.

°

Nos coeurs, nos esprits et nos stylos sont tournés vers
les rédacteurs de Charlie Hebdo et l’immense tragédie qui eux et nous a touchées.

Que ce dernier acte barbare contre la liberté d’expression, liberté déjà payé avec le sang de nos grands-parents, ne jamais être oublié.

Bonne nuit, frères d’encre: repose en paix.