La Grande Madre – Palazzo Reale Milano 2015


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Inno a Iside

Perche’ io sono la prima e l’ultima,
Io sono la venerata e la disprezzata,
Io sono la prostituta e la santa,
Io sono la sposa e la vergine,
Io sono la mamma e la figlia,
Io sono le braccia di mia madre,
Io sono la sterile, eppure sono numerosi i miei figli.
Io sono la donna sposata e la nubile,
Io sono colei che da’ la luce e colei che non ha mai procreato,
Io sono la consolazione dei dolori del parto.
Io sono la sposa e lo sposo,
E fu il mio uomo che mi creo’.
Io sono la madre di mio padre,
Io sono la sorella di mio marito,
Ed egli è il mio figliolo respinto.
Rispettatemi sempre,
Poiché io sono la scandalosa e la magnifica.

La splendida cornice milanese di Palazzo Reale ospita “La grande Madre”, una mostra totalmente al femminile ideata e prodotta dalla Fondazione Trussardi.

Lo scopo dell’allestimento è quello di ripercorrere attraverso le 138 opere di artisti nazionali e internazionali, la condizione della donna nel suo ruolo essenziale di genitrice e madre. Le installazioni distribuite nelle trenta sale dedicate, raccontano l’evoluzione storico-culturale della figura femminile nella società di ieri e di oggi. Un percorso ambivalente quanto spesso distorto che esprime attraverso accezioni piuttosto forti il contrasto emozionale tra l’accettazione e la negazione della maternità.

Il percorso tematico proposto dalla mostra porta a suddividere, scandendoli, i diversi periodi storici dell’emancipazione. Gertrude Kasabier e Alice Guy-Blachè artiste a cavallo tra Ottocento e Novecento mostrano attraverso i propri lavori filmici e fotografici la gioia della maternità e l’accettazione più o meno volontaria del proprio ruolo.

Le immagini accompagnano lo sguardo verso “l’Abakan red I” di Magdalena Abakanowicz. Un tessuto rosso dalla forma a cuore che porta al centro una cicatrice evidente, simbolo spartiacque tra passato e futuro.

Un viaggio allo stesso tempo emblematico ed emozionale che si dipana e divide in un percorso tematico creato ad arte per destabilizzare le normali convinzioni e svelare nuove consapevolezze.

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Copyright photo Christian Humouda

Le linee somatiche delle antiche divinità si sovrappongono a quelle delle donne moderne, mentre sullo sfondo appare la terra e i suoi frutti simbolo di fertilità.

L’avvento della ragione, Freud e la sua psicoanalisi si scontrano con le opere modernissime di Lucio Fontana. La rivoluzione femminista degli anni sessanta e la rivendicazione di una più libera sessualità sfocia nel manifesto futurista di Marinetti che definisce la lussuria come: “la ricerca carnale dell’ignoto”. E ancora l’istallazione gigantesca e vivissima di Jeff Koons che si contrappone alla performance di “me and my mother” dell’islandese Ragnar Kjartansson fino ad arrivare alla cerva ferita dipinta da Frida Khalo.

L’unione tra antico e moderno è ancora evidente nel fazzoletto indossato dalle madri di Plaza de Mayo e il muro di Yoko Ono, che vanno a sovrapporre l’emozione di un condiviso quanto diverso ricordo.

E’ questa la grande madre, la dea suprema dispensatrice d’amore e di psicosi, la grande vagina che si storce scandalosa e candida nella parola mamma.

Christian Humouda

Carne, anima e gomma. Intervista a Ophelia Queen


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Hi,
Ophelia Queen calls the creator of a body devoid of belonging, experiences through photography and performance art inspired by the greatest artists born with Body art, such as Marina Abramovic. It follows the valuable combination between the death of the beauty of a body and the force of a queen regnant who is expressed through the movement of the image. His troubled and confrontational cry you amplify before the commodification of “woman” wearing not the status repeatedly belong.

(Ophelia Queen si definisce la creatrice di un corpo privo di appartenza, sperimenta attraverso l’arte fotografica e performativa ispirandosi ai più grandi artisti nati con la Body art, quali Marina Abramovic. Ne deriva il prezioso connubbio tra la morte della bellezza di un corpo e la forza di una Regina regnante che viene espressa attraverso il movimento dell’immagine. Il suo grido tormentato e conflittuale si amplifica dinanzi a la mercificazione della “donna” che indossa ripetutamente status che non le appartengono)

(http://opheliaqueen.tumblr.com/)

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Benvenuta su Words Social Forum Ophelia!

Come e quando nasce il tuo percorso artistico Ofelia?

Nascita…. non ricordo una data precisa, Amo l’arte dal primo giorno della mia vita, dai tempi dell’asilo di cui conservo ancora i primi progetti artistici. Seriamente mi sono avvicinata all’attività di grafica pubblicitaria intorno ai 15 anni…durante il periodo scolastico. Frequentavo abitualmente Mostre D’arte, e come sfida, pur non avendo scuole artistiche ho iniziato ad esercitare presso uno studio a seguito di un unico colloquio.

Quali autori hanno maggiormente influenzato il tuo modo di creare?

L’influenza è quotidiana, tutto viene assorbito e impresso, qualsiasi suono, immagine, gusto, odore.
In primis mi ero appassionata del Futurismo, Espressionismo e Surrealismo, Amo da sempre Salvador Dalì, Munch, il movimento del Die Brucke , Dix.
A seguire mi sono interessata anche ad altre forme d’arte quali la Body Art e all’arte asiatica cinematografica con annessa la filosofia dello shibari che vede come mia prima fonte Araki e il cinema d’essai.

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Una delle artiste contemporanee di spicco della body art è senza dubbio Gina Pane che definiva le sue performance e il suo corpo in questa maniera: “Vivere il proprio corpo vuol dire allo stesso modo scoprire sia la propria debolezza, sia la tragica ed impietosa schiavitù delle proprie manchevolezze, della propria usura e della propria precarietà. Inoltre, questo significa prendere coscienza dei propri fantasmi che non sono nient’altro che il riflesso dei miti creati dalla società… il corpo (la sua gestualità) è una scrittura a tutto tondo, un sistema di segni che rappresentano, che traducono la ricerca infinita dell’Altro.”

Che cos’è per te il corpo?

Attraverso la Body Art ho imparato ad utilizzare ed esprimere attraverso il corpo, apprezzare l’utilizzo del silenzio e delle pause, facendo in modo che il pubblico, orientato sulla frenesia del movimento, riesca a concentrare il proprio essere nel disorientamento del “non fare”.
Ho avuto il piacere di incontrare Franko B, artista in continua evoluzione artistica. La mia mamma artistica è senza dubbio Marina Abramovic.
Il mio corpo è stato vissuto in toto, dalla sua drammaticità e fragilità al desiderio di incisione attraverso anche un solo sguardo. Diventa arma per poter trasmettere e difendere.
Inizialmente schiava dei canoni estetici, ho avuto la presunzione di addomesticarlo in funzione della bellezza. Nudo completamente senza riserve e senza doppi sensi, gli abiti li ho sempre percepiti come una costrizione sociale.

Aktion with Maciej Biberstein www.saatchionline.com/MaciejBiberstein www.saatchionline.com/MaciejBiberstein - Fertility - Milan-Italy Ph © Andrea Minoia

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“Dell’erotismo si può dire che è l’approvazione della vita fin dentro alla morte.”
Bataille

Che cosa c’è di concettualmente e visivamente erotico nel tuo modo di esibirti/posare?

Per erotismo intendo qualcosa di più ampio di un corpo nudo, un esserci attraverso l’espressione massima della femminilità (nel mio caso). Ho sempre scelto di essere trasformista e multi personalità, ricerco l’androginia nel gesto e la femminilità in uno sguardo, una mano, un modo di essere che non venga vissuto come volgare. Ma che cos’è la volgarità? Volgarità è amplificare ciò che anche nella quotidianità si allontana da Le Plaisir in senso ampio. Piacere è guardare, osservare ricercare fino al midollo qualcosa che senti tuo e che riscopri. Gioire di un’immagine come di una rappresentazione del corpo.

Qual’è il messaggio che desideri veicolare attraverso le tue performance?

Catturare senza dubbio! Disturbare, fare in modo che l’occhio che guarda non distolga la propria emozione dall’azione.

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Hydroponic Woman

Ph©Ph Fabrizio Ceciliani – alias dott.dulcamara

http://dottdulcamara.wordpress.com/

MUA: Ophelia Queen

Resources shortage, atmospheric pollution, food contamination, genetic illnesses…
I have created a superior being able to perfectly adapt himself and to overcome all the environmental limits, able to feed himself only of light and rain water. A perfect being.

L’arte è per te più santa o puttana?

L’Arte oggi purtroppo è spesso vendita, assecondazione, piegamento a 90 gradi!
Accomodare, entrare in una scatola di regole noiose, soffocare, adeguamento.
Artista è colui che non soffre per avere riconoscimenti e gode della propria opera nascosta agli occhi superbi di coloro che ne violano un significato profondo.

La “tua” città Torino, quanto ti ha influenzato nella creazione del tuo essere/esistere?

La mia città è carica di messaggi e poesia. La mia vita qui, anche professionale ha inciso notevolmente sulla libertà ed espressione artistica. Dolori, rabbia, paure sempre in agguato dinanzi a muri irti da persone alienate e omologate.

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+ Alma +

(tribute of Santa Sangre)

Performance

Ph:Tiziano Ornaghi

Bondager: Cordine Club

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Quanto è difficile essere “entità libere” nell’Italia di oggi?

Essere liberi è costruire un mondo parallelo a quello che ti disgusta. Non ne farei una questione geografica, pur prediligendo aree più rigorose e ordinate come la Germania o il Giappone. Libero è colui che condizionatamente al sistema trova il coraggio di essere se stesso, anche se questo spesso se non sempre comporta isolamento e derisione.

Tra i tuoi mille interessi troviamo anche le “dolls”, che per tua stessa ammissione nascono per rappresentare temi sociali. Puoi parlarcene più approfonditamente?

Le mie bambole sono da circa una decina d’anni l’involucro dei miei segreti.
Mi sono avvicinata a loro sin da bambina, ma attualmente lavoro principalmente con le Blythe Doll confezionando delle OOAK, letteralmente One Of A Kind, bambole in cui l’artista esprime se stesso e si riserva dal crearne un duplicato. Un modello unico per intenderci.
Le mie Blythe hanno sempre un significato sociale, esaminano in miniatura i disagi e gli eventi che attraversano la vita di una Donna.
Al momento ho creato due collezioni :
“The History Of Humanity”, esaminando gli eventi più importanti che la Storia dell’uomo ha catapultato contro di se. Temi trattati sono stati l’Inquisizione, La pena di morte, la Shoah, il disagio Psichiatrico, la malattia tumorale, e altri ancora.
“Feelings and emotions”, riguarda invece lo studio approfondito delle emozioni primarie e secondarie di Paul Ekman.
Nascono dal mio animo e NON sono commissionate. Non riuscirei mai a creare qualcosa che mi è imposto da altri.
Nascono e vivono con me, le vedo muoversi e animarsi tra le mie mani attraverso un lavoro preciso di scultura e painting associato al lavoro tecnico di impianto dei capelli utilizzando fibre naturali.
Hanno un proprio nome ed una personalità differente l’una dall’altra. In loro creo set specifici immortalati fotograficamente per amplificarne il tema trattato.
Sono la mia attuale passione che mi porterò dentro per il resto della vita.
Alcune di loro hanno trovato una nuova casa altre rimangono con il proprio Geppetto!

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Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi futuri progetti?

Progetti futuri? Non so nemmeno se sarò in questo mondo domani!

All images and materials are copyright protected and are property to Ophelia Queen

Grazie Ophelia!
Grazie !

My photo link:

http://opheliaqueen.carbonmade.com/

http://www.flickr.com/people/sissixx/

http://opheliaqueen.deviantart.com/

http://www.magazout.com/it/artist-a-z/mo-performers/ophelia-queen.html

http://opheliaqueen.wordpress.com/

http://opheliaqueen.tumblr.com/

My video performance:

http://vimeo.com/66390660

http://vimeo.com/51681615

http://vimeo.com/66401605

Christian Humouda

Prospettive: I fotografi che hanno fatto la storia della Fotografia – Diane Arbus – Omaggio di parole


La cosa che preferisco è andare dove non sono mai stata.

Diane Arbus

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“L’occhio di Diane”

Forse il tuo era l’ultimo vero Occhio della nostra epoca. Così diverso dagli altri, così raro, così prezioso e, ormai, così perduto. Andavi oltre. Vedevi l’anima. Non sapevi cosa fosse il normale per i normali, né cosa fosse l’anormale, non sapevi niente del mondo che ti circondava. Seguivi il tuo Occhio, gli hai dato un corpo meccanico, e con quello hai fatto vedere qualcosa anche a noi. Ci hai lasciato delle lezioni, dei piccoli insegnamenti per la nostra anima. Ci hai dato modo di sovrapporre il tuo Occhio ai nostri, di aprirci, di imparare.

Non c’è niente di normale nel corpo umano. Il concetto stesso di normale non può esistere, non deve, è ingiusto; così deve cadere anche l’anormalità, parte marcia del marcio, bruttura delle brutture.
Normale è la parola peggiore che esista. Il normale si arroga il diritto di decidere cosa è giusto e sbagliato, dà a chi si definisce normale il potere di giudicare chi lo è e chi non lo è – e giudica in base alle similitudini, e le similitudini sono storpiature, brutte copie, banalità che si imitano a vicenda. I normali sono cloni inutili e incolori che giudicano in base a chi trova altrettanto simile – ovvero altrettanto brutto, inutile e banale. I normali sono tanti, perché il marcio è tanto. E tanti si definiscono normali. È così che nasce l’ anormale, ed è un dispregiativo: l’anormale è diverso ed il diverso è orribile, il diverso è diverso, il diverso non può stare con noi, il diverso va eliminato. Il normale è mostruoso perché dà potere al banale. E il banale è peggio che mostruoso, è il nulla. Perché cerca di annullare tutto quello che tocca. Tu lo sapevi, Diane. Combattevi con le immagini. Abbattevi in silenzio i pregiudizi. Avevi tanto da dire, e non c’erano parole sufficienti per farlo.
Volevi che capissimo.

Io ho capito che per quanto possa essere considerato fuori dal comune, o eccezionale, o bizzarro, o unico, o strano, nel corpo umano non c’è nulla di anormale. Ovunque c’è poesia, grazia, vita. Ovunque c’è il tocco del cielo. Ovunque il tuo Occhio si posasse, c’era la bellezza. Ed era un tipo di bellezza che nessuno aveva mai voluto vedere. Un amore così pieno per l’essere umano in ogni sua forma non lo aveva mai provato nessuno. Cara Diane, abbiamo perso la tua eredità. Il tuo Occhio proliferava in un’epoca dove le cose potevano essere ancora diverse, piene, belle, nuove. Dove l’amore poteva essere tale e la vita ancora viva. Oggi siamo nell’epoca nera dell’Occhio. Vediamo troppo, e al tempo stesso è tutto nero. Possiamo fotografare tutto, vedere tutto, leggere tutto – ma siamo fermi nella nostra stessa banalità, incanalati nella stessa direzione, fermi nella nostra pelle. Non andiamo oltre. Non riusciamo ad andarci. Non siamo mai stati così ricchi, non abbiamo mai avuto così tanti occhi e mani e parole a disposizione, e non siamo mai stati al tempo stesso così sordi, ciechi e crudeli. John Merrick è tornato ad essere un mostro, un elefante disgraziato e i tuoi soggetti dei freaks.
Non abbiamo imparato niente.

Anche se hai cercato di dirci tutto.

[Daniela Montella]

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una mano, una granata 14\11\2012

in fila agli occhi nudi della piazza
le mani, i denti, la serratura aperta

briciole resistenti al ferro
il davanzale di un binario morto

si riparte al bivio disunito

le domande lunghe dei figli
slegate al nodo dello stesso vento
tendini tesi nello stringere granate

(idee che continuano a volare
come coriandoli cavalcati a pelo
senza maschere a dire che è febbraio)

sono bambini i cieli esasperati
i laghi da nuotare a bocca aperta

[Annamaria Giannini]

diane arbus

.Non era il Tempo della Madre.
Nere parole /
asincrone all’inchiostro
Il volto s/coperto
ed un solo rintocco di tempo

A trattenere in vita la linea spezzata di una donna
e la sua curva materna / c’è il vento
gelido a rincorrere terra
unta di polvere / incenso e silenzio

Solo un drappeggio nella voce mancante
un urlo / un rintocco sanguinante
come a tracimar dolore
d’infante morsa nello strappo avvenuto

__e /nell’angolo dove s’aggira il tuo nome
nelle attardate mattine di un novembre mancato
ancora non v’è voce / o nuda parola
che possa di saliva e sangue lacrimare

[Rosy Iuliucci]

da

l’infoltirsi di qualcosa
che cede il posto alle tue mani,quel lentissimo farmi
largo a cellule ammattite nel vivo
delle tue sproporzioni trovando sempre altro
possibile di te
è una parola che non smette di leggerti,
l’estremo suono della lingua nella pausa
incustodita della bocca

[Sylvia Pallaracci]

da

polvere
quest’orchidea selvatica
mi tira la tua pelle
poi il liquido
odore di colture inserrate
muschio e flora batterica
schiarite di mattino
la presa d’aria del campo
sgambato, le mietiture
che ti faccio

[Enzo Moretti]

A chi le chiese il perché si fosse dedicata seriamente alla fotografia solo a partire dai suoi 38 anni, ella rispose, con un sarcasmo cristallino: “Perché una donna passa la prima parte della sua vita a cercare un marito, a imparare ad essere una moglie e una madre, e a tentare di svolgere questi ruoli nel modo migliore. Non le resta il tempo di fare altro.”