Intervista a Marisa Maestre


Marisa Maestre nació en Madrid en 1977, un artista gráfica-plástica-digital.
Palabras de bienvenida del Words Social Forum, Marisa!

Marisa Maestre nasce a Madrid nel 1977, artista digitale.
Benvenuta su Words Social Forum, Marisa!

Se me rompe el corezon

Se me rompe el corezon

Quando e come hai cominciato a vederti artista, Marisa? ¿Cuándo y cómo empezaste a ver artista, Marisa?

Pues el momento exacto no sabría ubicarlo. Siempre he estado pintando desde que era muy pequeña, era de las pocas cosas que me tranquilizaban. Cuando cogía un lápiz y unos rotuladores no existía niña. Después cuando tenía 16 años me aficioné a la acuarela y al realismo. Aunque sólo me duró unos 5 años porque después descubrí el collage y ya me atrapó para siempre.

Il momento esatto non saprei ubicarlo. Dipingo da quando ero bambina, era tra le poche cose che mi tranquillizzavano. Quando prendevo in mano una matita o qualche pennarello, la bambina non esisteva più. Dopo, verso i 16 anni mi dedicai all’acquerello e al realismo. Ma questa passione mi durò solo 5 anni fino a quando scoprii il collage che mi prese per sempre.

El ayer

El ayer

Presentati ai lettori di WSF. Preséntese a los lectores de la WSF.

Soy una artista gráfica-plástica-digital, apasionada del collage. Qué disfruta componiendo historias a base del ensamblado de fragmentos de recortes de periódico, tipografía, hilo de coser, acuarela y elementos reciclados. Mejor ver en http://www.marisamaestre.com

Sono un’artista grafica-plastica-digitale, appassionata del collage, Mi piace comporre storie assemblando frammenti di ritagli di riviste, tipografici, filo per cucire, acquerelli ed elementi riciclati. Potete vedere meglio qui http://www.marisamaestre.com

Genero

Genero

Cosa senti mentre lavori ad un’opera? ¿Qué siente como usted trabaja para trabajar?

Para mi es una especie de liberación mental. Es mi meditación particular. Creo que no hay nada más autentico que lo que expresa a través del arte, porque es lo que sale del inconsciente.

Per me è come una specie di liberazione mentale. E’ meditazione particolare. Credo che non c’è niente di più autentico in quello che si esprime attraverso l’arte, perché è quello che arriva dall’inconscio.

Genero II

Genero II

Ritieni che sia una tua forma di scrittura? ¿Crees que es una forma de su escritura?

Yo creo que la expresión artística es la escritura del alma. Para mi no existe otra forma mejor de expresar lo que tengo en el interior, en el subconsciente.

Io credo che l’espressione artistica sia la scrittura dell’anima. Per me non esiste altra forma migliore per esprimere quello che ho nell’interiore, nel subconscio.

Marcela y Elisa

Marcela y Elisa

Che cos’è per te l’ispirazione? ¿Cuál es la inspiración para usted?

Me inspiro en casi cualquier cosa. Depende de en el momento artístico en el que me encuentre. Ahora mismo me inspiran mucho las fotografias antiguas de familia y las cosas en las que se puede vislumbrar el paso del tiempo, la decadencia.

Mi ispira qualunque cosa. Dipende dal momento artistico nel quale mi trovo. Ora stesso mi ispirano molto le fotografie antiche di famiglia e le cose da dove si può scorgereil cammino del tempo, la decadenza.

Infieles

Infieles

Che cos’è l’arte? ¿Qué es el arte?

El lenguaje del alma.

Il linguaggio dell’anima.

Mirando a Saturno

Mirando a Saturno

 

Mama

Mama

 

Papa

Papa

Quali artisti hanno maggiormente influenzato il tuo modo di fare arte? ¿Qué artistas han influido en su forma de hacer arte?

A mi siempre me han inspirado mucho los surrealistas y más en concreto Magritte y Max Ernst. Recuerdo muchísimo una exposición que vi en Madrid de los collage de Max Ernst “une semaine de bonté” quedé maravillada.

Mi hanno ispirato sempre i surrealisti e, più in concreto, Magritte e Max Ernst. Ricordo una mostra che vidi a Madrid di collage di Ernst: “una settimana di bontà”, e rimasi meravigliata.

Ardieron Mis Pensamientos

Ardieron Mis Pensamientos

Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi progetti futuri? ¿Puede decirnos algo acerca de sus planes para el futuro?

Pues ahora mismo estoy preparando una exposición que se inaugura el 3 de septiembre en el CEART. Os dejo un avance de alguna de las obras que van en la exposición “Tendiendo Historias”. Espero que sea un éxito.

In questo periodo sto preparando una mostra che si innaugura il 3 settembre nel CEART. Vi lascio un anticipo di alcune delle opere che vanno nella esposizione “Tendiendo Historias”. Spero sia un successo!

WEB SITE: http://www.marisamaestre.com/

Traduzione di Sebastiano A. Patanè Ferro

Il giardino delle delizie di Mia Mäkilä – The garden of earthly delights to Mia Mäkilä


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“Caroline and the Snow Grump”, 2012

Benvenuta su Words Social Forum Mia / Welcome on Words Social Forum Mia

Thank you! / Grazie!

“Come ti sei avvicinata all’arte? Ricordi i tuoi primi passi ed il momento in cui hai deciso di diventare un’artista? / How did you get near art? Do you remember your firs steps and the moment you settled to become an artist?”

E: I have always known that my destiny was to be an artist. I was only five years old when I told my parents that I wanted to become an artist. I was always creating my own little worlds, through stories and drawings. When I was a teenager I went to art school but it was hard because I was self taught and I couldn’t stand to follow the basic rules of art – I have never been interested in depicting the world, I want to express myself and what’s inside myself. So I was an art rebel in art school, I always wanted to go my own way. But the price has been high – I have always been independent in my creativity, but also very lonely as an artist, it’s been a hard balance. At least I can say that I did it ‘My Way’, to quote Frank Sinatra.

I: Ho sempre saputo che il mio destino era quello di essere un’artista. Avevo solo 5 anni quando dissi ai miei genitori che volevo diventare un’artista. Io creavo continuamente i miei piccoli mondi personali, attraverso storie e disegni. Da adolescente ho frequentato la scuola d’arte ma era dura perchè da autodidatta non mi adattavo a seguire le regole base dell’arte – non sono mai stata interessata a rappresentare il mondo, io voglio esprimere me stessa e ciò che c’è dentro me stessa. Così ero una ribelle dell’arte in una scuola d’arte, ho sempre voluto andare dritta per la mia strada. Ma il prezzo è stato alto – sono sempre stata indipendente riguardo alla mia creatività, ma anche molto sola come artista, è davvero un difficile bilancio. Alla fine posso dire che “I did it my way” (l’ho fatto a modo mio), per citare Frank Sinatra.

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La Sindrome di Cotard di Bizzarro Bazar


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Non c’è volto che non sia sul punto di cancellarsi come il volto d’un sogno.
(Jorge Louis Borges, L’Aleph, 1949)

Immaginate per un momento un contesto spaventoso: venite coinvolti in un terribile incidente automobilistico, battete la testa e tutto si fa nero. Vi risvegliate in ospedale, e dopo qualche giorno riuscite ad alzarvi e recarvi in bagno da soli. Per la prima volta dopo il vostro blackout potete guardarvi nello specchio. E lì, di fronte a voi, sta una faccia che non riconoscete. Certo, assomiglia a voi, ma non siete voi.
Cosa pensereste? E qualora, rivedendo vostra moglie o vostro marito, i vostri figli e parenti, voi non sentiste assolutamente alcuna emozione, come reagireste? Forse arrivereste alla conclusione che tutto quello che state vivendo è un’illusione: in realtà voi siete morti in quell’incidente, e ora vi trovate in un deprimente aldilà, fatto ad immagine del buon vecchio mondo, ma che non vi può convincere appieno. Dopo un po’ cominciate a sentire il vostro corpo putrefarsi, vi sembra di non avere più gli organi interni, e allora a cosa serve mangiare? A cosa serve fare una qualsiasi delle cose che facevate prima, se sapete intimamente di essere dei morti che camminano?

Non è un romanzo di Philip K. Dick. Lo scenario da incubo appena descritto è quello che potrebbe vivere chi soffre della sindrome di Cotard, e non è nemmeno necessario un trauma cranico perché si manifesti. Nonostante abbia preso il nome dal neurologo francese Jules Cotard, egli non è stato il primo a descrivere la sindrome. Già nel 1788 Charles Bonnet riportò il caso di una donna anziana che rimase paralizzata quando una violenta corrente d’aria le colpì il collo mentre cucinava, ed ella collassò come se avesse avuto un infarto. Una volta ripresasi, la donna chiese alle figlie di essere vestita con il corredo funebre e di essere chiusa in una bara perché, di fatto, era “morta”.

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Cotard nel 1880 venne invece a contatto con una donna di mezza età che si lamentava di non avere “né cervello, né nervi, né un petto, né uno stomaco, né gli intestini”. Ai suoi occhi, il suo corpo era in avanzato stadio di decomposizione; per lei non esistevano più né Dio né Satana, e siccome lei stessa non aveva più un’anima, non aveva nemmeno bisogno di mangiare. Questa donna morì di inedia e di fame.

La sindrome di Cotard è un rara affezione mentale che insorge in alcuni casi all’interno di quadri schizofrenici o psicotici, o anche associata all’uso di farmaci antivirali come l’aciclovir (il farmaco di scelta per la cura di herpes e varicella). I neurologi hanno scoperto un’interessante correlazione con la sindrome di Capgras, nella quale il soggetto si convince che i suoi parenti o amici siano in realtà degli impostori “travestiti” come i loro vecchi compagni. La sindrome di Capgras è rivolta verso l’esterno, verso altre persone, mentre la sindrome di Cotard riguarda il modo in cui un individuo vede se stesso; ma l’incapacità di riconoscimento è la stessa.

Studiando i casi di Capgras, alcuni neurologi sono arrivati alla conclusione che questa impossibilità di riconoscere gli astanti sia essenzialmente visiva: un soggetto affetto dalla sindrome riconosce facilmente sua moglie, ad esempio, solo se le parla al telefono – ma appena la vede di persona, si convince immediatamente che quella non è veramente lei. Così la teoria più accreditata è che sia avvenuta una disconnessione fra l’area della corteccia temporale che si occupa del riconoscimento visivo delle facce e le aree che associano le emozioni a quegli stimoli visivi (l’amigdala e altre strutture limbiche). Questo fa sì che, guardando la moglie, il soggetto non provi nessuna di quelle emozioni che ricorda di aver provato in passato, e di conseguenza il cervello raggiunge la conclusione che “poiché guardandola non provo nulla per lei, quella non può essere mia moglie, la donna che amo”.

Nei casi di Cotard, questo tipo di dinamica si ritorce contro l’immagine di sé (che sia in uno specchio, o nella propriocezione mentale interna); il soggetto non si riconosce più, e arriva a pensare di vivere un’illusione, di essere un cadavere ambulante o ancora peggio: alcuni pazienti credono  di aggirarsi in un mondo in cui tutto è morto, alberi compresi; altri sono convinti di essere all’inferno.

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articolo di Bizzarro Bazar