Prospettive. I fotografi che hanno fatto la storia – Omaggio di parole a Ferdinando Scianna


“Mi considero un reporter, qualunque cosa abbia fatto nella vita, ma sono piuttosto diffidente nei confronti dei generi e delle etichette. Guardo il mondo attraverso il prisma del linguaggio fotografico, tra le componenti del quale è fondamentale il rapporto col tempo e la memoria”….“Ricordare è lo stesso di immaginare; così raccontando un proprio tempo, uno lo trasfigura, lo immagina: letteralmente “lo racconta”. E poiché il racconto è fatto di cose che si eliminano inconsciamente e di cose che si valorizzano, è sempre molto arbitrario, come lo è ogni gesto letterario. E ancora sulla fotografia e la “memoria”: le fotografie non restituiscono “ciò che è stato”, piuttosto ripropongono in una sorta di lancinante presente ciò che non è più”.

Ferdinando Scianna

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sbaglio strada non riesco a seguire le parole qui anche le rovine sono in appalto
dove c’è piazza dovrebbe esserci cielo forse fontane uomini a diffidare dai consigli
la bellezza si sposta nella luce qui non ci sono specchi dove digrignare i denti
ma buche sagomate dai piedi dei vecchi dai simboli uncinati dipinti e gia scrostati
ho capito che la giornata prometteva bene oggi forse non sarebbe franato niente
niente gioia per turisti al futuro ne manine frettolose a rovistare tra i suggerimenti
resto a pagare ogni sogno più magro ogni sasso contro i vetri della scuola
e non si sa mai in quale modo ricominciare tutto quanto in questa improvvisa primavera
dove si fa prima a dire quel che manca perché il resto stanca le nostre sfrenate scorribande
di catene e di sorrisi inclinati da una parte e tienimi la mano aiutami ad uscire
dal treno casualmente

di Alessandro Assiri

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(siamo…)

siamo alabarde, incrociate da sedie immobili
e ci tocchiamo solo in un punto che è sempre più in alto
allontanando le strade che non si muovono più

siamo ossa, reggiamo un’impalcatura con scadenza
senza sudario che si confonderà nell’acqua
e ci nasconderà definitivamente i colori

siamo sintomi di noi ancora da venire
Danubio e terra che si deve incontrare -anche ponti-
sangue e sorriso che non vuole finire -anche lune-

farfalle siamo, viviamo solo un giorno

di Sebastiano A. Patanè Ferro

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Il pane si nasconde
dietro schiene spezzate
che non piacciono a nessuno
ma c’è il sogno che nasce
e ti regala la giusta forza
di tremare mani alla mammella
mentre ancora succhi latte vivo
e lasci l’inviso giorno arrivare.

di Paolo Aldrovandi

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La morte del Maestro di Sebastiano Adernò

Un minuto di silenzio
e la vista franò in un pianto.

Applaudirono fuori tempo.

Un minuto di silenzio
e lo stesso deserto
temette di essere disperso
in uno spazio più vasto.

Un minuto dopo il silenzio
gli oceani tremarono:
Cristo è morto, è mortale
tradirlo fu l’ultimo scempio
di un chiodo battuto
con vile ingegno.

Brancolando tastoni
una civetta,
come si dispone la sciagura,
all’ultimo volteggio
non trovò la tana.

Arrivò voce
che Giuda aveva ingerito
denari mancanti, tre
come gli anni in cui il corpo redento
perdonò la crudeltà del suo sangue.

E nel cerchio fu negato
anche solo un passo,
taciuta la strada che riesce
dove il pellegrino balbetta
ritorna a fiatare.

Dunque pregammo
preferendoci bambini
piuttosto che cattivo esempio.

Inediti di Paolo Aldrovandi


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Le labbra

 

Perché furono labbra
e spalle bollenti che godevano

di giovani e forti volontà
come distese di lingue
verso scapole incredule

nel mare caldo d’asfalto
da morire come sorrisi al sole.


La via del piombo

  

Voluttà alla rosa
               e un petalo di latta
affilato e sempre caldo

si stringe tra me
                        e la vita nuda
spirando all’alba plumbea

lasciando messaggi
                         sulla coperta
entrato senza parlare

uscito tremando
                        senza voltarsi
scendendo scale dopo scale

Tic- Trak

 

Avanza tempo fatto di musica
si ferma e respira innocente
siede e prova a cantare
ma stona dall’alto balcone
e vede il tuffo delle comodità
chiamarlo dal basso ridendo

si muove come un pagliaccio
parla dello scorrere vigliacco
mette mani alle tasche piene
e trova chi cerca trova
monete di latta schiave di te
e dei silenzi quasi infiniti

appeso alla vita come alle tette
capezzoli d’argento tutti all’insù 
nasconde nel tuo orologio 
trucchi da lancette per bene
che sorriso alla mano
prendono il tuo giorno.

Lo stomaco

 

Mi hai dato mani ruvide da ricordare
come fogli di carta grezzi
io ci scrivevo i miei racconti inutili
che la pelle è diventata sangue e rabbia
e i segni della vita ora soli
camminano tra le gente senza parlarmi

possono sedere e sorridermi
interpretare mentre bevo birra gelata
i gesti che faccio per toccarmi le pareti
dello stomaco che Ti guarda a distanza
oramai come una vecchia roccia di montagna
pronto a perdere massi di ” vorrei che tu ”
in stupidi crolli verticali divenendo pianura

si dice che i crampi son parole taciute
rimaste a guardare ferme senza fiato
ma gli istanti si fanno eterni minuti
e scorre al rallentatore una lacrima vuota
lungo un viso che non finisce mai
enorme autostrada ispida e grigia
che tenta di alternare il sorriso alla morte.

Biografia:

Paolo Aldrovandi nato a Mantova nell’agosto afosissimo e pieno di mosche del 1974. Da allora, credo, non ha mai più sopportato il caldo. Da buon essere invernale, ha scritto la mia prima poesia a tredici anni per un amore non corrisposto (ovviamente). Ma ricorda che già allora trovai il modo per essere assai poco carino nel far notare il mio disappunto. Infatti, quando la lei del momento si ritrovò la sua poesia tra le mani e la lesse, non l’abbracciò affatto. 
La sua scrittura è cruda, reale e poeticamente quotidiana… Nel mondo e nella vita, anche nella peggiore, esiste uno strato di poesia ben compatto, anche se il più delle volte impercettibile… Viaggiando molto, e spesso da solo, ha avuto la possibilità di farsi più idee e di prendere spunto da esse. Di osservare i vari mondi e le diverse abitudini, di parlare con persone che quasi certamente non incontrerà mai più… È stata essenzialmente questa la linfa vitale della sua poesia. Non ha nessuna pubblicazione rilevante: ha scritto per decine di riviste di poesia, sia cartacee che online, ma non ne ricorda i nomi.

Scrivere poesia è una liberazione obbligatoria, e io faccio così.(Paolo Aldrovandi)