Per un corpo rigenerato. Le creazioni cyborg e panplanetarie di Stelarc di Nausica Hanz


“Un essere umano può uccidere un robot uscito da una fabbrica della General Electrics,
e con sua sorpresa scoprire che sanguina e piange. Ed il robot morente può rispondere al fuoco,
e con sua sorpresa vedere un filo di fumo grigio
levarsi dalla pompa elettrica dove avrebbe dovuto esserci il cuore umano.
Sarebbe un momento di verità,
per entrambi.”

(Philip K. Dick)

Immaginiamo i corpi disegnati da Vesalio e da Leonardo Da Vinci: vene, nervi, muscoli, ossa sono gli elementi di quella danza anatomica che forma la struttura interna del corpo umano. Proviamo ora a immaginare di poter sostituire alcune di queste parti con dei dispositivi inorganici e tecnologici. A pensare all’architettura corporea come ad una costruzione mobile, in cui i pezzi possono essere modificati e scambiati, ma nonostante ciò l’intero impianto prosegue le sue funzioni senza subire rallentamenti o peggioramenti. A tutti probabilmente, almeno una volta, è capitato di figurarsi con un corpo differente; ora però tra l’idea di un possibile “corpo ideale” e la sua realizzazione esistono limiti, paure, pericoli che fanno sì che quell’idea rimanga tale e non si concretizzi. C’è chi invece ha riprogettato il proprio corpo ricercandone non un’estetica perfetta, bensì una funzionalità completa e il suo nome è: Stelarc.
Nato a Cipro ma trasferitosi in Australia per continuare gli studi, Stelarc intraprende la sua carriera artistica negli anni Settanta. La sua ricerca parte inizialmente con il sondare, attraverso l’uso dei video, le cavità del corpo umano come ad esempio i polmoni, lo stomaco e il colon. Attraverso questa pratica lo sguardo si sposta quindi dall’involucro esterno (ossia l’interfaccia che ci rapporta al mondo e simbolo, per eccellenza, dell’apparenza) per esplorare il magma viscerale custodito nelle zone dell’invisibilità.
Stelarc sfonda la superficie corporea per addentrarsi nell’intimità dell’organismo, egli oltrepassa la pelle per osservare e comprendere le caratteristiche e funzionalità delle varie componenti corporee, in modo da poterle così potenziare o sostituire. Il suo approccio alla materia organica non è però orientato a evidenziarne l’essenza vitale, ma è invece rivolto a criticarlo, sostenendo che il sistema biologico è inefficace e superato.

Amplified Body

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La Sindrome di Cotard di Bizzarro Bazar


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Non c’è volto che non sia sul punto di cancellarsi come il volto d’un sogno.
(Jorge Louis Borges, L’Aleph, 1949)

Immaginate per un momento un contesto spaventoso: venite coinvolti in un terribile incidente automobilistico, battete la testa e tutto si fa nero. Vi risvegliate in ospedale, e dopo qualche giorno riuscite ad alzarvi e recarvi in bagno da soli. Per la prima volta dopo il vostro blackout potete guardarvi nello specchio. E lì, di fronte a voi, sta una faccia che non riconoscete. Certo, assomiglia a voi, ma non siete voi.
Cosa pensereste? E qualora, rivedendo vostra moglie o vostro marito, i vostri figli e parenti, voi non sentiste assolutamente alcuna emozione, come reagireste? Forse arrivereste alla conclusione che tutto quello che state vivendo è un’illusione: in realtà voi siete morti in quell’incidente, e ora vi trovate in un deprimente aldilà, fatto ad immagine del buon vecchio mondo, ma che non vi può convincere appieno. Dopo un po’ cominciate a sentire il vostro corpo putrefarsi, vi sembra di non avere più gli organi interni, e allora a cosa serve mangiare? A cosa serve fare una qualsiasi delle cose che facevate prima, se sapete intimamente di essere dei morti che camminano?

Non è un romanzo di Philip K. Dick. Lo scenario da incubo appena descritto è quello che potrebbe vivere chi soffre della sindrome di Cotard, e non è nemmeno necessario un trauma cranico perché si manifesti. Nonostante abbia preso il nome dal neurologo francese Jules Cotard, egli non è stato il primo a descrivere la sindrome. Già nel 1788 Charles Bonnet riportò il caso di una donna anziana che rimase paralizzata quando una violenta corrente d’aria le colpì il collo mentre cucinava, ed ella collassò come se avesse avuto un infarto. Una volta ripresasi, la donna chiese alle figlie di essere vestita con il corredo funebre e di essere chiusa in una bara perché, di fatto, era “morta”.

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Cotard nel 1880 venne invece a contatto con una donna di mezza età che si lamentava di non avere “né cervello, né nervi, né un petto, né uno stomaco, né gli intestini”. Ai suoi occhi, il suo corpo era in avanzato stadio di decomposizione; per lei non esistevano più né Dio né Satana, e siccome lei stessa non aveva più un’anima, non aveva nemmeno bisogno di mangiare. Questa donna morì di inedia e di fame.

La sindrome di Cotard è un rara affezione mentale che insorge in alcuni casi all’interno di quadri schizofrenici o psicotici, o anche associata all’uso di farmaci antivirali come l’aciclovir (il farmaco di scelta per la cura di herpes e varicella). I neurologi hanno scoperto un’interessante correlazione con la sindrome di Capgras, nella quale il soggetto si convince che i suoi parenti o amici siano in realtà degli impostori “travestiti” come i loro vecchi compagni. La sindrome di Capgras è rivolta verso l’esterno, verso altre persone, mentre la sindrome di Cotard riguarda il modo in cui un individuo vede se stesso; ma l’incapacità di riconoscimento è la stessa.

Studiando i casi di Capgras, alcuni neurologi sono arrivati alla conclusione che questa impossibilità di riconoscere gli astanti sia essenzialmente visiva: un soggetto affetto dalla sindrome riconosce facilmente sua moglie, ad esempio, solo se le parla al telefono – ma appena la vede di persona, si convince immediatamente che quella non è veramente lei. Così la teoria più accreditata è che sia avvenuta una disconnessione fra l’area della corteccia temporale che si occupa del riconoscimento visivo delle facce e le aree che associano le emozioni a quegli stimoli visivi (l’amigdala e altre strutture limbiche). Questo fa sì che, guardando la moglie, il soggetto non provi nessuna di quelle emozioni che ricorda di aver provato in passato, e di conseguenza il cervello raggiunge la conclusione che “poiché guardandola non provo nulla per lei, quella non può essere mia moglie, la donna che amo”.

Nei casi di Cotard, questo tipo di dinamica si ritorce contro l’immagine di sé (che sia in uno specchio, o nella propriocezione mentale interna); il soggetto non si riconosce più, e arriva a pensare di vivere un’illusione, di essere un cadavere ambulante o ancora peggio: alcuni pazienti credono  di aggirarsi in un mondo in cui tutto è morto, alberi compresi; altri sono convinti di essere all’inferno.

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articolo di Bizzarro Bazar