Finché si è inquieti si può stare tranquilli – Intervista ad Ambra Garlaschelli


Inquietudine, è una parola che calza a pennello per le opere di Ambra Garlaschelli, giovanissima artista lombarda, per quel senso e colori tetri, ed il titolo dell’articolo viene da una citazione che la stessa Ambra fa durante l’intervista ed io ho ripreso perchè pienamente azzeccata, citazione che appartiene a Julien Green. Ed anche lei, come altri artisti già ospitati e intervistati è una scoperta legata ad ILLUSTRATI e al mio sfogliare la rivista.

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Ambra Garlaschelli. Classe 1987. In cosa in particolare ti senti una “giovane artista”?

Se devo essere sincera “artista” non è tra le mie parole preferite per descrivere chi sono e cosa faccio. Illustratrice suona meglio, ma più semplicemente e a costo di far inarcare qualche sopracciglio scettico, direi che nella vita disegno. Lo ammetto, non sono una fan delle etichette. Per rispondere alla tua domanda, in cosa mi sento una giovane artista, probabilmente la risposta più sincera e immediata a cui riesco a pensare è “nell’irrequietezza”. Intanto non mi sento affatto così giovane, anzi il fattore tempo che passa contribuisce alle mie crisi settimanali a tema “cosa sto facendo/dove sto andando”. Sono sempre di corsa, costantemente alla ricerca di un segno mio, proiettata verso un punto da raggiungere che sembra spostarsi più in avanti ogni volta che mi avvicino e ho la testa completamente affollata da mille pensieri. Di notte non riesco a dormire, di giorno non riesco a svegliarmi e bevo un sacco di caffè. Divento spesso ansiosa, soprattutto quando penso che non ho abbastanza tempo per fare tutto quello che vorrei fare. Ma poi mi ricordo di rilassarmi, di scegliere un punto e iniziare. E appena lo faccio mi rendo conto che il caos inizia a riorganizzarsi. La testa si svuota e tutto riacquista lucidità, ed è quanto basta a capire che non c’è un altro lavoro che potrei desiderare. E che le crisi mistiche ce le hanno tutti. In realtà sono arrivata alla conclusione che essere inquieti non è così male. Crea quel particolare stato di insoddisfazione che mi costringe a migliorarmi, a non fermarmi in un punto, a continuare a cercare qualcosa, a interrogarmi su quello che vedo e a non dare niente per scontato. “Finché si è inquieti si può stare tranquilli”. Questo me lo dice sempre mia sorella. Apprezzo la filosofia.

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Il Post-Punk e la prima New Wave in Italia – di M.R.


Da oggi seguiranno una serie di articoli che ci avvicineranno alla musica dei vari sotto-generi wave italiani.

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La storia del post-punk italiano inizia sul finire degli anni ‘70 in alcune aree ben delimitate del bel paese per poi estendersi a tutto il resto del territorio nazionale. Per post-punk si intendono principalmente due cose: le sonorità sviluppate ed evolutesi a seguito della deflagrazione del punk inglese targato 1977 (che sarebbero state definite anche e soprattutto come new wave) e quel genere comunemente accettato come base per tutta la dark-wave degli anni 80 (avviato da band come i Joy Division, Siouxsie & The Banshees e Bauhaus). Il punk e il post-punk rompono col rock classico che si era fino a lì sviluppato nel tempo (a partire dall’inizio degli anni 50 fondamentalmente) e gettano le basi per il moderno rock (oggi convenzionalmente definito indie o alternative). Questa nuova corrente musicale incanalò tutto quel mondo giovanile stanco per tutto quello sconquassamento politico e sociale che attraversò il mondo ‘occidentale’ sul finire degli anni ‘70. Molti giovani videro in quella nuova musica lo strumento per continuare a criticare il sistema e una ragione per cercare di restarne fuori. In questo modo molti giovani espressero il loro disagio e molto fu dunque il nichilismo racchiuso nelle loro canzoni.

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Timbro stilistico del post-punk è l’uso diverso e nuovo di alcuni strumenti nella ritmica: la chitarra diventa più timida, emerge con forza il ritmo spesso pesante del basso, i synth sviluppati dal progressive nei 70 costruiscono atmosfere più sofisticate, il sax diventa l’urlo straziato imprescindibile per molte formazioni (specie in quelle definite no wave, caratterizzate da un approccio più jazzistico e con caratteristiche affini al post-punk, forse soltanto più funky come ispirazione).

Tutto questo accadde anche in Italia, mutuando il fenomeno dalla deflagrante esperienza post-punk wave sorta in Gran Bretagna (e più in generale nel resto dei paesi anglosassoni) e in altri paesi del nord Europa (Francia, Germania e Belgio in primis), estesasi a stretto giro anche da noi e nel resto degli altri paesi sviluppati.

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In Italia le prime esperienze post-punk si originarono negli allora primi e favorevoli contesti possibili: Bologna e Pordenone principalmente. A Pordenone arrivò prima che in altri posti il punk e successivamente il primo post-punk wave per la presenza della base militare di Aviano: in questa base infatti erano (e sono) di stanzia soldati anglo-americani che di fatto importarono per primi il nuovo movimento rock anche in Italia. A Bologna preso slancio grazie soprattutto all’intraprendenza dei primi appassionati del genere wave/post-punk (come Oderso Rubini, che da lì a poco avrebbe fondato l’Italian Records). Qui si formarono quindi le prime punk/post-punk/wave band dello stivale. Fra i primi gruppi vanno annoverati i Gaznevada, i Luti Chroma, Windopen, Skiantos, Confusional Quartet e tutte quelle band pordenonesi che sarebbero state integrate sotto il comune denominatore di ‘The Great Complotto’ (dal nome dato alla prima e celebre compilation post-punk wave che raccolse le prime band pordenonesi).

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A latere di queste due realtà, in maniera meno organica, cominciava ad originarsi qualcosa anche in altre parti d’Italia, specialmente nel centro-nord del paese. Nel 79-80 il genere attecchisce anche a Firenze dove, grazie a band come i Diaframma e i Litfiba, il post-punk riuscirà a scrivere delle pagine molto importanti nello scenario wave italiano (in specie con altre band dal grosso potenziale: come i Neon, Rinf, Karnak, Polyactive. etc..). Molti da questo momento parlano di Firenze come la capitale del post-punk e più in generale della new wave italiana. Ciò è dovuto non solo all’aspetto musicale, che qui davvero riuscì a far scuola, ma a tutto quello che venne costruito intorno a questo nuovo movimento rock: sfilate di moda, rappresentazioni teatrali, festival e rassegne d’arte. Eventi e commistioni che sarebbero state riprodotte anche in altri contesti nazionali ma senza la visibilità internazionale che forse ebbe Firenze, che tra l’altro in quegli anni ospitava musicisti wave già affermati nel panorama internazionale (come Steven Brown dei Tuxedomoon e altri) che venivano qui a trarre ispirazioni o a respirare l’atmosfera elettrica che c’era allora nella città.

Pian piano crebbero comunque altre scene in tutto il resto del paese: a Torino, a Milano, a Roma, a Genova, nel perugino, a Treviso, fin giu’ nel sud e nelle isole del paese (encomiabili in tale area le realtà costruite a Napoli- con la famosa Vesuwave- a Catania, a Crotone e nella puglia). Giusto per ricordare le scene più importanti e più ben amalgamate.

Dappertutto attecchiva dunque il nuovo rock proveniente da oltre manica.

Va fatto notare comunque che all’inizio fu principalmente un fenomeno di copiatura pura e semplice, con un’alta dose di foklorismo e sperimentalismo (comunque interessante) dove si cantava prettamente in inglese e si scimmiottavano le mosse apprese nei primi video-clip punk wave (giunti sempre dalla lontana terra albionica). Solo col tempo il nostro movimento riuscì ad elaborare un percorso del tutto autonomo e rispettabile. Tant’è che oggi la wave italiana è molto rispettata all’estero anche se ancora poco conosciuta. Ecco il motivo per una serie di compilation sui vari sotto-generi wave italiani che qui presentiamo in diverse puntate, sperando di incontrare l’interesse di quanti seguono questo blog. La musica è anche cultura. Chi di voi non ascolta musica mentre è intento a gustarsi una buona lettura? Con questa piccola iniziativa speriamo di fornire lo spunto per cercare qualche nuova colonna sonora da associare allo scorrere delle vostre pagine e di inoltrarvi all’ascolto di ottima musica italiana, ancora oggi, nel nostro paese, rimasta fin troppo underground, purtroppo.

Ascoltate

Dark Tales – 1984
Dirty Actions – Bandana Boys
Gaznevada – Blue Tv Set
Dissolutio Humani Generis – Psico
Definitive Gaze – The Wire Blaze
Diskanto – Trafficanti
Vox Rei – Fear
Litfiba – La preda
Neurox – Raving Night
Pale Tv – Night Toys
Polaroid – Vita Immaginaria
After Budapest – In The Firedance
Marte in Ariete – Ultimi fuochi
Underground Life -Glass House
Spleen – Searchin’ For Love
Diaframma – Siberia
Viridanse – Justine
Mickeranno – Da un’altra parte
Panjandrum – A Grey Landing On a Country

di R. M.

(Questo articolo è stato riscritto da M.R. per WSF, in altra forma e in lingua inglese è precedentemente apparso qui: http://nightmares-on-wax.blogspot.co.uk/)