VERSO|| DOPPIO|| SENSO – 1 – di Silvia Rosa


[Ma chi aspetti, donna mia, ragazza fiore all’occhiello dei tuoi anni spampanati via dal buio secco degli addii?Hai messo su radici serpi che legano i capelli a terra in un groviglio di non ancorae i polsi immobili stretti allo stesso desiderio biascicato inutile, hai perso la contadei giorni, che in un presente appiccicoso di paure ricomincia sempre dalla fine, da quando gli occhi hanno incontrato il rovescio della luna, ma da dove mi scrivi, sorella mia, e perché attendi ancora una risposta da te stessa, muta?]

da “CARTOLINE DEL TROPICO CON DONNE”, di JORGE ENRIQUE ADOUM(in “L’amore disinterrato e altre poesie”, traduzione di Raffaella Marzano, Multimedia 2002)

I.

Di spalle al mare, arrabbiate con il mare,
guardano passare lento il pomeriggio che spazza via la domenica
che spazza la polvere che ha lasciato la settimana barcollando.
Giovani, troppo, se ne andarono i maschi a cercare lavoro.
“Bah, pretesto per andarsene” dicono con una pena oceana.
Ancora le rattrista la pioggia nelle ciglia
esososospirano crepuscolari di memoria e nubilato.
“Tornerò, mi disse. Gli dissi: Perché se vuoi andartene.
Però lo aspettavamo il mio corpo e io,
forse io solamente”.
Davvero
nessuno le lambisce la schiena con gli occhi,
nessuno le vede il sesso con una lingua miope
e solo il vento asciuga con sabbia fra le gambe
la loro saliva di mare? Non lascia il sabato
morsi di uomini sulle loro spalle
che le proverebbero oggi accoppiate?/
“Mai?
“Giammaimaipiù?”
A un tratto due si guardano, imbruniscono
e tremano. Si scoprono amabili e, brumose
intuiscono, celebrazione liturgica simmetrica,
l’amore allo specchio fra due vergini.

III.

Le piacevano gli uomini, sanamente, e a loro la birra.
Per questo aprì l’unico bar del paese (una tavola e tre sedie
che teneva nella sala) sul lato della strada, frequentato
dai solitari che parlano tra loro sull’orlo della domenica.
(Gli altri giorni i cani, le galline e i maiali
si rotolano sotto i mobili e un avvoltoio a volte
si abbatte sulla tavola e fissa lì il suo territorio.)
La musica della sua radio rumorosa tra le mosche
arriva a dire che giorno è al carbonaio e alla sua signora
e guarisce il balbuziente dal canto della messa.
I marinai la cercano per sentire un’altra volta un’altra voce,
roca di acquavite e femmina, alla quale attraccano
dopo il viaggio con silenzio di iodio.
Chiede con insistenza di due volte
vedova e senza vedovanza (esageratamente vedova),
e senza capire la geografia orale delle spiegazioni,
dove sono i paesaggi delle cartoline
che qualcuno le mandava. (Le spillava alla porta
con il testo verso l’alto perché le notizie
le piacevano più delle fotografie.)
Chiede dell’uomo che doveva tornare
una domenica sera (da quindici mesi ormai),
che si portò l’orologio del marito (fermo all’ora
in cui fu ucciso da uno sparo) affinché lo riparassero
laggiù lontano disse, dove ci sono buoni orologiai disse,
e i suoi orecchini come pegno che sarebbe tornato
a metterglieli di nuovo (cerimonia nuziale?)
“con queste stesse mani che ti hanno amato ieri notte”
e portarsela in uno di quei paesi perché ridesse.
Chiede perché non è tornato né è tornato
a mandarle cartoline. Dove sta. Perché non viene.
(Se da qui si vede che il mare è piatto che scusa
ha.) Ditegli di venire. Che lui sa
che gli orecchini lo disturberanno all’ora di coricarsi
e che se non si è potuto riparare l’orologio non importa.
In fondo servì solo due volte quando segnò l’ora
in cui qualcuno se ne andava per sempre.

IV.

Lui verrà questa notte, clandestino. E non è
cospirazione con se stessi ciò che tenta
ogni amante contro l’altro? Non è cospirazione
alla sua età, quella di lei, fra lenzuola e ombre?

L’ho vista guardarsi nuda, e un po’ alla volta, che è più triste,
studiarsi diligentemente il corpo zebrato dal sole dietro le persiane,
attestandosi ancora adatta alle occupazioni notturne
se solo potesse levarsi le macchie dei colpi,
il passaggio dei parti e gli altri errori
e far sì che lui non le sentisse al tatto la tristezza
che la imbruttisce come un taglio nel ventre.

E poi, tutto come le altre volte, lo stesso
uragano di un altro maschio nello stesso letto,
presagi di un futuro che la volta scorsa
le durò solo fino a quando terminò di svestirsi,
il ricordo di una carezza sotto il cuscino
con cui tiene il conto dei suoi anni da sola,
calendario di prigioniero sui muri?

Fa male ricominciare una conversazione dopo aver
perso la parola.
Fa male resuscitare nello specchio ed accettarsi.
Fa male lasciar cadere di nuovo i bottoni della blusa
per riconoscere la strada di ritorno dal letto.

(…)

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