Il giardino delle delizie di Mia Mäkilä – The garden of earthly delights to Mia Mäkilä


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“Caroline and the Snow Grump”, 2012

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Thank you! / Grazie!

“Come ti sei avvicinata all’arte? Ricordi i tuoi primi passi ed il momento in cui hai deciso di diventare un’artista? / How did you get near art? Do you remember your firs steps and the moment you settled to become an artist?”

E: I have always known that my destiny was to be an artist. I was only five years old when I told my parents that I wanted to become an artist. I was always creating my own little worlds, through stories and drawings. When I was a teenager I went to art school but it was hard because I was self taught and I couldn’t stand to follow the basic rules of art – I have never been interested in depicting the world, I want to express myself and what’s inside myself. So I was an art rebel in art school, I always wanted to go my own way. But the price has been high – I have always been independent in my creativity, but also very lonely as an artist, it’s been a hard balance. At least I can say that I did it ‘My Way’, to quote Frank Sinatra.

I: Ho sempre saputo che il mio destino era quello di essere un’artista. Avevo solo 5 anni quando dissi ai miei genitori che volevo diventare un’artista. Io creavo continuamente i miei piccoli mondi personali, attraverso storie e disegni. Da adolescente ho frequentato la scuola d’arte ma era dura perchè da autodidatta non mi adattavo a seguire le regole base dell’arte – non sono mai stata interessata a rappresentare il mondo, io voglio esprimere me stessa e ciò che c’è dentro me stessa. Così ero una ribelle dell’arte in una scuola d’arte, ho sempre voluto andare dritta per la mia strada. Ma il prezzo è stato alto – sono sempre stata indipendente riguardo alla mia creatività, ma anche molto sola come artista, è davvero un difficile bilancio. Alla fine posso dire che “I did it my way” (l’ho fatto a modo mio), per citare Frank Sinatra.

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Le arti “prometeiche” di Valentina Malavenda


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“Poison – 2015”

E’ difficile definire in poche righe la produzione artistica di Valentina Malavenda, per cui lascerò alla vista il compito di narrare. Io vi abbandono qui, tra onde di colore e giochi di luce, con la speranza che questa nave senza timone vi conduca li, dove Prometeo e la sua fiamma, eternamente bruciano .

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Grazie!

Chi è Valentina Malavenda?

Mah, difficile dirlo. Sono soprattutto una sognatrice ad occhi aperti… decisamente introversa e taciturna.

Come nasce e si sviluppa la tua passione per la fotografia?

La fotografia é una delle tante cose che mi ha affascinata, fin da quando ero piccola, insieme al disegno e alle differenti forme d’arte. Inizialmente non avevo ovviamente coscienza del mondo che si racchiude all’interno di uno scatto, ma crescendo, ho iniziato a “vedere” oltre.

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“Lago d’Idro – 2014”

Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo dell’fx e quali artisti hanno maggiormente influenzato il tuo modo di creare?

Diciamo che da ammiratrice del mondo del cinema mi hanno sempre incuriosita, ma ho sempre pensato che fosse un qualcosa di irraggiungibile se non con studi mirati, costosi, ecc.. attualmente ho appreso alcune basi che vorrei approfondire; questo è comunque un buon punto di partenza su cui lavorare. Mmmmh…artisti che mi piacciono ce ne sono parecchi: HR Giger, Luis Royo, Victoria Frances, Marcela Bolivar, Ansel Adams, Rebeca Saray, Dylan Cole, Tim Burton, Andrzej Dragan, Annie Leibovitz, e tanti altri.

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“Little Red Riding Hood – 2014”

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“Black Dahlia – 2014”

La tua fotografia attuale fonde insieme due mezzi: il make up e la fotografia. Come nasce e si sviluppa questo connubio?

Questo connubio è nato dal voler sperimentare in entrambi i campi, la fotografia è il mio modo di comunicare, mentre il make-up è la prima fase che porta alla creazione dell’Fx.

Che cos’per te la fotografia e nello specifico una foto?

La fotografia può essere tante cose, è un potentissimo mezzo di comunicazione, un modo di rappresentare se stessi, i propri pensieri, di esternare qualcosa che non si può o non si riesce ad esprimere con le parole, l’immortalare un istante o il ricordo di un momento passato. Quando uniamo la  fotografia ad altre tecniche, allora si che si può davvero andare oltre la realtà che conosciamo e sviscerare il nostro mondo interiore. La cosa più difficile é guardarsi dentro o almeno avere il coraggio di farlo. La foto in sé e l’arrivo, il messaggio, il risultato finale.

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Contest Ten Collection – Categoria: “Myth in motion”

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“Liberaci dal male – 2014”

Come nasce e si sviluppa tecnicamente un tuo lavoro?

Ciò che faccio è in continua evoluzione, ho sempre nuovi spunti su cui lavorare e da cui tirare fuori qualcosa. Per ora non mi focalizzo su una “tecnica” in particolare, ma cerco di applicare le mie conoscenze in base a ciò che più si addice al concetto, all’idea, al pensiero che vorrei sviluppare ed esprimere in quel momento. Non credo ci sarà mai un vero punto di “arrivo” per ciò che si apprende.  Il  mondo va avanti, cambia, si evolve, per cui ci sarà sempre qualcosa di nuovo da conoscere.

Quanto é difficile essere Giovani fotografi oggi, in Italia?

Non ti saprei proprio rispondere sinceramente, per me la fotografia è un “mezzo” che utilizzo a livello personale quindi non credo di essermi mai davvero confrontata con ciò,  ma immagino sia molto difficile e non solo nel mondo della fotografia.

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“Make up Fx – Change your face 1”

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“Make up Fx – Change your face 2”

Come nasce il progetto “Human experiment”?

Il  progetto “Collateral Human Experiment” è nato dal voler unire ciò che mi piace come appunto la fotografia e il make-up fx. E’ un progetto ancora aperto, in fase sperimentale ed il nome deriva appunto da questo “esperimenti sulle persone” con effetti collaterali, purtroppo per loro… ma ovviamente è tutto finto! Non faccio del male a nessuno realmente! 🙂 E’ una fase di passaggio sicuramente, ma fa comunque parte di me, del mio modo di “vedere”, di ciò che mi caratterizza e per me in questo momento è come una valvola di sfogo e di relax dal quotidiano.

Nella tua ultima opera “Poison”, tu stessa diventi protagonista delle tue “fotomanipolazioni”. E’ per caso l’inizio di un nuovo percorso artistico che vedrà sempre più preminente la tua figura?

Ora come ora non saprei, ma non mi sento di escluderlo. Tutto dipende da ciò che voglio esprimere in una determinata foto o momento, se è qualcosa di strettamente personale, allora è più probabile che usi me stessa per raffigurarlo.

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“Maleficent 2”

Puoi anticiparci qualcosa dei tuoi progetti futuri?

Cercherò di portare avanti il progetto “Collateral – human experiment” ed un progetto più personale di cui per ora preferisco non dire altro.

Grazie

A voi =)

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Christian Humouda

L’arte di Valentina Malavenda


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Grazie! ;P

Chi è Valentina Malavenda?

Eheh, mah…una sognatrice ad occhi aperti più di tutto credo…decisamente introversa e taciturna.

Come nasce e si sviluppa la tua passione per la fotografia?

E’ una delle tante cose che mi ha affascinata fin da piccola, a casa mia si son sempre fatte un sacco di foto e l’indirizzo dei miei studi comprendeva anche una sezione dedicata alla fotografia dove si praticava dallo scatto allo sviluppo della pellicola in camera oscura. La bellezza dello sviluppare le proprie foto era unica…stare li e passaggio dopo passaggio veder comparire il risultato del proprio “lavoro”…

Insomma la fotografia mi ha sempre accompagnato nel corso degli anni e ho sperimentato, sperimentato, sperimentato, come è poi mio solito fare in diversi campi =)

Quali sono stati i tuoi primi passi nel mondo dell’fx e quali artisti hanno maggiormente influenzato il tuo modo di creare?

Diciamo che da ammiratrice del mondo del cinema è una cosa che mi ha sempre incuriosita, ma pensavo fosse una cosa irraggiungibile se non con studi mirati, costosi, ecc.. certo ho appreso solo le basi e vorrei approfondire, ma è comunque un punto di partenza su cui lavorare…fondamentalmente non so stare con le mani in mano!

Mmmmh…artisti che mi piacciono ce n’è parecchi, più o meno contemporanei…HR Giger, Luis Royo, Victoria Frances, Marcela Bolivar, Ansel Adams, Rebeca Saray, Dylan Cole, Tim Burton, Andrzej Dragan, Annie Leibovitz.

La tua fotografia attuale fonde insieme due mezzi: il make up e il cinema. Come nasce e si sviluppa questo connubio?

Beh l’uno è parte dell’altro fondamentalmente…mi piace il mondo del cinema e il make-up fx viene “utilizzato” in buona parte di esso.

Che cos’per te la fotografia e nello specifico una foto?

La fotografia può essere tante cose, è un potentissimo mezzo di comunicazione, un modo di rappresentare se stessi, i propri pensieri, di esternare qualcosa che non si può o non si riesce ad esprimere con le parole, l’ immortalare un istante, il ricordo di un momento passato.

Se uniamo la  fotografia ad altre tecniche si può andare davvero andare oltre la realtà di ciò che conosciamo e sviscerare il mondo che ognuno di noi ha dentro, il più è riuscirci e avere il coraggio di farlo. La foto in sé e l’arrivo, il risultato finale…

Come nasce e si sviluppa tecnicamente un tuo lavoro?

La mia tecnica diciamo che è in continua evoluzione, sperimentando molto, ho sempre nuovi spunti su cui lavorare e da cui tirare fuori qualcosa. Per ora non mi focalizzo su una tecnica in particolare, ma cerco di applicare le mie conoscenze in base a ciò che più si addice al concetto, all’idea, al pensiero che vorrei sviluppare ed esprimere in quel momento. Non credo ci sarà mai un vero punto di “arrivo” per ciò che si apprende.  Il  mondo va avanti, cambia, si evolve, per cui ci sarà sempre qualcosa di nuovo da conoscere.

Come nasce il progetto Human experiment.

Eheh è nato dall’unione di alcune mie passioni, fotografia, effetti speciali e la digital art, cercando di esercitarmi con l’una è l’altra ecco il risultato. E’ un progetto ancora aperto, sono ancora nella mia fase sperimentale ed è da qui che nasce il nome in se “Collateral – human experiment”, la deduzione dovrebbe venire da se…esperimenti sulle persone con effetti collaterali…purtroppo per loro eheh…ciò non toglie che cerco comunque di dare un senso, una vita al risultato finale.

E’ una fase di passaggio sicuramente, ma fa comunque parte di me, del mio modo di “vedere”, di ciò che mi caratterizza e per me è come una valvola di sfogo, un momento di relax dal quotidiano.

Quanto difficile essere Giovani fotografi oggi, in Italia?

Non ti saprei proprio rispondere sinceramente, per me la fotografia è un mezzo che utilizzo a livello personale quindi non credo di essermi mai davvero confrontata con ciò,  ma immagino sia molto difficile e non solo nel mondo della fotografia.

Puoi anticiparci qualcosa dei tuoi progetti futuri?

Cercherò di portare avanti il progetto “Collateral – human experiment” e un progetto più personale di cui per ora preferisco non dire altro.

Grazie

A voi =)