Quando un’antropologa visita la fiera ARCO2015 a Madrid…di Cristina Balma-Tivola


ARCO Madrid è la principale fiera d’arte contemporanea della penisola iberica. A cadenza annuale, essa riunisce gallerie d’arte per lo più – pur se non esclusivamente – spagnole in quello che è specificamente uno spazio di presentazione e compravendita della produzione recente di artisti nazionali e, in misura leggermente inferiore, internazionali. Accanto a questa dimensione di mercato, trovano spazio altre situazioni in varia misura espositiva o promozionale: un focus sulla produzione recente d’un paese ospite dell’America Latina diverso ogni anno (quest’anno, il 2015, è la Colombia), una sezione dedicata all’editoria d’arte (dalle riviste internazionali alle piccole case editrici locali), un’esposizione di opere/installazioni di artisti riconosciuti (Solo project), una sezione con artisti emergenti selezionati ad hoc per esporre in fiera le proprie opere.

Detta così, sembrerebbe una proposta completa, interessante ed equilibrata, e invece la discutibilità dei criteri di selezione di questi ultimi, per esempio, ha originato già da ben vent’anni una fiera parallela autogestita – Flecha (lett. ‘freccia’) – in cui gli artisti scartati dall’altra possono qui esporre e vendere direttamente al pubblico le proprie opere senza intermediari. La serissima ironia di fondo è l’inversione per cui ciò ha luogo in un centro commerciale – la cui destinazione d’uso è quindi già quella del mercato – dove però si accede gratuitamente alla visione delle opere di contro all’elitarismo di ARCO il cui costo del biglietto d’accesso permette solo a un pubblico abbiente il piacere, nel caso, della mera contemplazione.
Non solo: accanto a Flecha trovano luogo ancora le ulteriori fiere di JustMadrid e ArtMadrid, sempre dedicate all’arte contemporanea, così che l’overdose visiva della settimana, per chi passa da Madrid in questi giorni ed è interessato al tema, è totale.

Ma torniamo ad ARCO. Quando visito fiere, saloni e kermesse i cui temi sono solo parzialmente di mia competenza, la sensazione iniziale non può non essere quella dello straniamento, cui s’accompagna l’indugio nel percepirne tutti i dettagli con curiosità e delizia.
Il pass che mi hanno fornito mi permette d’andare e venire come più m’aggrada, e include non solo il materiale stampa, ma pure i quotidiani del giorno in formato cartaceo (dei quali saccheggerò – miserabile che sono! – i sudoku nell’ora di metro per andare e venire dal quartiere fieristico). Letture discontinue del momento – sfondo teorico della visione concreta in cui sarò immersa di qui a breve – Caos, territorio, arte di Elizabeth Grosz e Between Art and Anthropology a cura di Arnd Schneider e Christopher Wright. Paura, eh?
Vestita a strati, bottiglietta d’acqua, notes per appunti, macchina foto entro nel primo padiglione, e lo sguardo inizia a sviluppare multiple traiettorie di pensiero manco fossi John Nash nell’interpretazione di Russell Crowe.

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Della Carne e dell’Amore – Intervista ad Atelier du Bizarre


Atelier du Bizarre_ logo

Il nome Atelier du Bizarre evoca visioni potenti e suggestive, che si riflettono anche nel vostro logo: un cuore di anatomiche oscurità, sezionato e con due iniziali. Com’è nato il vostro rapporto con la cultura e l’estetica BDSM?

Il nostro rapporto con l’estetica BDSM è nato da bisogni e sentimenti in effetti viscerali. Così come il nostro logo appunto, un cuore diviso che rappresenta tale dualità: non solo nelle nostre individualità unite nella vita e nel lavoro e rappresentate dalle nostre iniziali, ma anche dalla dicotomia che anima l’estetica che viene rappresentata attraverso le nostre “creature”. Le atmosfere che amiamo respirare, di cui ci circondiamo e che sono fonte di ispirazione, sono sia quelle date dalla cinematografia di genere e ancora più quelle che provengono dalla cultura musicale di entrambi, la quale fa propria l’estetica fetish e BDSM: il punk, il post-punk, l’industrial, il noise e il dark con le loro varie sfumature; senza però dimenticare la mitica coppia dei Cramps, Poison Ivy ed Lux Interior, che del fetish ne hanno fatto un vero e proprio marchio di fabbrica. Insomma, tutte quelle correnti musicali più oscure e marce, che ci hanno formato e che fanno parte della nostra cultura.

no mercy mask + priestess collar + priestess wristbands

No mercy mask + priestess collar + priestess wristbands

cyclop mask

Cyclop Mask

Cosa vi ha portato a creare l’Atelier?
Federica: Atelier du Bizarre è nato sicuramente da un’esigenza: cioè ricreare accessori che avremmo voluto possedere, ma dai costi per noi assolutamente proibitivi.
Roberto era rimasto soprattutto affascinato dalle maschere di Bob Basset e Tom Banwell (i quali, nonostante nella loro produzione abbiano una connotazione nettamente più steam-punk, collaborano talvolta con stilisti d’alta moda, virando per tali occasioni, verso uno stile più fetish) ed aveva iniziato a disegnare ispirandosi sia a loro che ad altre realtà meno conosciute. Roberto, provenendo dall’accademia di belle arti, sapeva come ricreare su carta quello aveva in testa e riusciva perfettamente a riprodurre anche le cose che gli spiegavo avere io in mente. Dalla carta alla pelle il passo è stato breve e anche i primi prototipi avevano dato un risultato più che soddisfacente.
Io invece, dopo varie esperienze nell’ambito dell’abbigliamento come commerciante, arrivavo da un master in management della moda, seguito poi da varie esperienze sempre nell’ambito della moda, tra le quali è stata sicuramente più determinante e formativa, quella fatta nell’ufficio prodotto di Alexander McQueen, dove la componente fetish e sadomaso è sempre stata fondamentale e che mi ha segnato profondamente, sia dal punto di vista metodologico che da quello estetico.
C’è stato un momento quindi, che avevamo intuito che unendo le nostre competenze e talenti, potevamo non solo ricreare gli oggetti dei nostri desideri, ma anche, dare vita ad un’attività nostra. Poter magari un giorno vivere di ciò che amavamo fare: praticamente un sogno, insomma… soprattutto qui in Italia! Ma da bravi sardi, e quindi testardi e tenaci che siamo, non molleremo la presa sinchè non saremo perlomeno soddisfatti dei risultati ottenuti.

Ice devil harness + gynecological chair by AdB

Ice devil harness + gynecological chair by AdB

Il Divin Marchese e Justine, Histoire d’O – e potremmo citarne altri – sono costante riferimento per molti praticanti o semplicemente appassionati. Da dove nasce la vostra ispirazione?

Come dicevamo già prima, le nostre non sono ispirazioni specifiche, ma nascono dall’insieme della cultura musicale, letterale e cinematografica che ci accomuna: possiamo affermare che il nostro immaginario comune, si intreccia e trova delle costanti stilistiche, e che queste molto spesso riportano all’estetica BDSM. Per quanto riguarda l’aspetto visuale, ci sono sicuramente N. Araki ed E. Kroll, la video-arte di Inside Flesh e la pornografia di genere, come ad esempio le produzioni di Kink.com o Infernal Restaints. Parlando invece di pura cinematografia, i nostri riferimenti vanno sicuramente in una direzione molto più cruda e diretta rispetto ai film da te citati: Tokio Decadence di R. Murakami, , Rubber Lover di S. Fukui , Tetsuo di S. Tsukamoto, Videodrome e Crash di D. Cronenberg, giusto per citare i primi che ci vengono in mente. Film che ci coinvolgono, oltre che per la dimensione estetica data dagli oggetti/feticci che divengono parte integrante delle storie raccontate, anche per l’analisi che va a sondare gli abissi dell’animo, le più profonde e primitive pulsioni e perversioni che si annidano nella mente dell’essere umano.

fede-black-inferno harness + mask

fede-black-inferno harness + mask

La creazione di un oggetto implica – nell’ambito della produzione artigianale e di qualità – impegno e devozione estrema, oltre alle numerose collaborazioni artistiche. Tra queste abbiamo notato quella con l’Artista visivo Marco Malattia. Potete raccontarci come queste esperienze vi hanno arricchito e trasformato?

Roberto: La nascita di ogni creatura di AdB comprende diverse fasi. C’è una prima fase che è squisitamente immaginifica. Dopo averci scambiato l’intuizione iniziale che uno dei due o entrambi stiamo maturando (stando assieme anche come coppia nella vita, molto spesso ci capita di avere le stesse idee…), la fisso su carta con degli schizzi che poi danno vita ad una ricerca molto approfondita di immagini soprattutto tramite il web, ma anche tramite libri illustrati, mercatini dell’usato, ecc. che possano aiutarci a focalizzare, a visualizzare ciò che abbiamo in mente, dandoci così degli spunti per dare forma, nonché arricchire la creazione ancora alla stadio embrionale. Dopo di che, inizia la fase esecutiva con la ricerca di materiali e colori sia per la pelle che per la minuteria; poi passiamo alla creazione del prototipo, per valutare le possibili difficoltà ed ostacoli nella fase della realizzazione e studiarne le soluzioni ed infine, l’agognata nascita del prodotto finito.

Big Red Nose Mask

Big Red Nose Mask

Parlando poi di devozione, possiamo sicuramente dire che Atelier per noi è proprio come un figlio, a cui dedichiamo tutto il nostro tempo libero, le nostre disponibilità economiche e tutte le energie fisiche e mentali che ci rimangono in corpo (considerando anche il fatto che per poter portare avanti Atelier, abbiamo entrambi un secondo lavoro).
Le collaborazioni, invece, sono molto utili per uscire di tanto in tanto dal confronto intimo tra noi due e per re-introdurre la parte più sperimentale che ci ha caratterizzato sin dalla nascita del progetto. Le consideriamo infatti una preziosa occasione che funge da valvola di sfogo: un momento prettamente creativo, non indirizzato unicamente al mercato.
La nostra prima collaborazione è stata appunto con Marco Malattia, che è prima di tutto un nostro grande amico. A parte un’immediata corrispondenza di idee, c’è stata anche una complementarietà in senso estetico e pratico. Alcune sessioni fotografiche ed un video con le nostre maschere, firmati VLF, hanno suggellato l’inizio della nostra collaborazione. Dopo di che abbiamo fatto una maschera appositamente per lui, su sua richiesta e che talvolta usa nei suoi video. Tra le alte, non potremmo mai dimenticare l’esperienza, a tratti ascetica – Liguria. Agosto. Noi tutti che indossiamo maschere ed accessori vari di pelle -, che è stato il primo servizio fotografico ufficiale dei nostri prototipi e di cui Marco M. si è reso complice: è stato chiaro a quel punto che avremmo potuto affrontare qualsiasi cosa assieme!
La sinergia tra le competenze diverse che caratterizzano in generale il concetto di collaborazione è la vera crescita personale e professionale: vedere un risultato comune che si, si allontana dalle produzioni autonome, ma che contemporaneamente ne porta le tracce, è il compenso che tutti i “compagni di viaggio” si aspettano.
Ritornando all’idea di sinergia, un progetto altrettanto interessante è quello che stiamo portando avanti con Stefano Idili, mente ed organizzatore di Versatile, un appuntamento che ha sede in Sardegna e che da qualche anno, ha come principale protagonista la musica elettronica di altissima qualità, ma che si contamina anche con ricerche visual e performance che accompagnano l’intera durata dell’evento.
Quest’anno Atelier du Bizarre è stato scelto come partner nella promozione, fornendo materiale fotografico e video, che poi i bravissimi Luca Ciabatti e Gianfranco Fois della MouseADV, hanno rielaborato in modo del tutto in linea anche con la nostra estetica. Per le tre serate principali, che si terranno ad Alghero il 24-25-26 luglio, invece “officeremo” l’evento con delle performance che vedranno protagoniste le nostre maschere e dei costumi realizzati appositamente.

psycho evil red harness

Psycho Evil red harness

La cultura BDSM negli anni si è aperta ed estesa fino a raggiungere la cultura mainstream; dai libri, alle passerelle d’Alta Moda, alle serate tematiche, questa “sottocultura” ha sdoganato alcuni pass di accesso rendendo più fluida la comunicazione tra i due mondi. Cosa rispondereste a chi considera questa pratica, e stile di vita – nell’accezione più ampia del termine – “pericolosa” o “deviata”?

Partendo dal presupposto che nella pratica BDSM c’è sempre la consensualità delle parti coinvolte, per quanto ci riguarda non pensiamo che ci sia devianza in nessuna pratica sessuale dove sussista appunto la consensualità. Ovviamente c’è sempre un margine di pericolosità legata all’incoscienza e alla leggerezza con cui tanta gente si approccia a questa, come ad altre pratiche sessuali considerate “non convenzionali”. Onestamente quindi rispondiamo che si, è pericoloso nel momento in cui non si fanno i conti con le proprie carenze pratico/teoriche e che no, non c’è nulla di deviato fin che i “giocatori” sono consenzienti.
Per quanto riguarda il discorso legato alla moda invece, noi non riporteremmo tutto a questi ultimi anni, ma si potrebbe partire dai più eclatanti casi che iniziano a manifestarsi dalla metà degli anni ’70, con stilisti entrati a far parte successivamente del circuito del lusso e dell’alta moda: nomi come Vivienne Westwood, J.P. Gaultier e successivamente Alexander McQueen e Galliano, per citare i più famosi, ma con un sottobosco di studenti di moda e stilisti meno noti, che vanno avanti con l’autoproduzione…proprio come noi. Tutte realtà che proponevano e continuano a proporre accessori, a volte presi tali e quali dal repertorio BDSM, altre volte, reinterpretati ognuno con il proprio personale stile. Tutti questa folla di stilisti, designer, creativi più o meno conosciuti, sono strettamente legati per quanto riguarda l’immaginario e la cultura, ai generi musicali ai quali abbiamo fatto riferimento all’inizio dell’intervista. Il caso e la storia poi di V. Westwood fa scuola, essendo lei la partner e socia con M. McLaren – manager dei Sex Pistols – del negozio “Let it Rock”, chiamato poi nel ’74, non a caso “SEX; tutto questo proprio negli anni in cui iniziavano a farsi strada prepotentemente proprio i generi musicali di cui parlavamo sopra e dove sia i “seguaci” che i protagonisti di queste correnti, andavano ad acquistare abbigliamento e accessori/feticci in stile BDSM.

Red Plague Doctor Mask

Red Plague Doctor Mask

Nel percorso dell’esistenza tutti ricopriamo un ruolo, e nel BDSM questo aspetto è potente e marcato rispetto alle cosiddette pratiche “regolari”. Il gioco e il ruolo vengono definiti all’inizio – secondo il Safe, Sane, Consensual (SSC), e l’Atelier ci accoglie nel suo paese delle meraviglie, attraverso forme evocative di estrema bellezza. Quali sono i vostri progetti futuri e le nuove collaborazioni?

Una collaborazione appena avvenuta è stata fatta con la performer Tiger Orchid. Abbiamo creato apposta una maschera per l’occasione che ha indossato alla serata della data italiana del Torture Garden a Roma. E’ stata una grande soddisfazione ed onore, vedere una creazione di Atelier indossata da una delle principali performer dell’evento, in un appuntamento così importante per la comunità BDSM. Questa è stata l’ultima collaborazione in ordine cronologico.
Poi, oltre al più prossimo e vicino appuntamento con Versatile, per il futuro ci sono diverse cose in cantiere, sia con realtà già rodate e consolidate, che con “nuovi compagni di viaggio”. Per correttezza e anche per scaramanzia, non vi sveleremo i particolari ed i nomi delle realtà coinvolte…. Diciamo solo che molte di questi progetti, sono legati al mondo della musica: ciò anche per ribadire la preferenza ed il nostro forte coinvolgimento con questo universo.

Grazie Federica e Roberto, e parafrasando Videodrome di David Cronenberg: “Lunga vita alla nuova carne“.

Psycho Evil red harness Mask

Psycho Evil red harness Mask