Prospettive. I fotografi che hanno fatto la storia della fotografia: Irina Ionesco – Omaggio di parole


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Corpi

Non ti ho chiesto il numero
né il nome, è anonimo
il sangue che scorre
le cosce sono mantici,
torchi ad alta pressione

sono salito per gambe
affilate come rasoi
mi sono spinto nel ventre,
ne ho fatto nido
casa di pochi istanti

nessun “permesso” né inchini
sulla soglia, la nostra è storia
di corpi che cozzano per lasciarsi
d’impronte nude
sul vetro degli sguardi.

di Leonardo Renzi

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E subito gli caddero dagli occhi come delle squame e recuperò la vista.
Atti degli Apostoli(Cap. 9, v. 18)

[Portrait de femme]

Scena prima.
Mi vedi? – nessuna luce a Damasco*.
E cado se guardi e cadi.
Scena seconda.
Mi vedi? – non va bene questa luce.
Non la dividi. Sai prendere solo un pezzo di me?
Scena terza.
Mi vedi? – ricuci tatua all’innocenza la luce.
Rivestila. Ne sei capace?
Scena quarta.
Non guardare la scena.
Tornare è impossibile. Riesci a rifare lo stesso ritratto?
E non nominare l’anima – indumento da bocca. E rivestiti. E copri la luce prima di vedermi.
Le mia ciglia tratterranno i tuoi occhi e quelle distrazioni cadute sui sogni. Toccali. Puoi?
Trapezi archi a precipizio e io desquamata che cado cado se guardi la fame come fosse l’ultima.
“L’abbandono, fiore pubico!”
Aggràppati al vuoto. Non ti salvi se guardi. Mi vedi?

* Irina è una ballerina quando, in un teatro di Damasco, il suo partner accidentalmente la lascia cadere. Convalescente, inizia a interessarsi alla pittura e alla fotografia.

di Maria Grazia Insinga

ii

Ti spii dietro un sipario.
Cede lo sfondo, aperto è il varco.
Feritoie su un corpo sovraesposto
in chiaroscuri e giochi d’ombra.
Lo stupro avviene nel silenzio
in piena luce,
in omertà di narcisismo e di pudore.
Liquefatta dondoli sull’orlo,
poi, nel dopo, celi il taglio e le infezioni .
Immortalate mortificazioni del sè, in te
Cristallizzate eternità di sguardo in me
Ancora mi offri un’inguardabile spettacolo.
Vojeur.

di Valeria Raimondi

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E’ qui che ti vorrei
come un cristallo lucido in preda alla follia
pungente fra le gambe che non ti concedono tregua
e nella bocca , come un vizio rialzato al pensiero
languido fino a che non mormori ancora
l’ultimo verbo sazio di lussuria .
E’ qui che ti vorrei
con la giusta pressione dentro la carne
vestito , affilato , tagliente
mentre io ti resto accanto estrema
fuori da ogni logica di compulsione
senza cartilagine
come senza amore

di Rosaria Iuliucci

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Irina e le amiche di Vincenzo Mancuso

Prenderne due
in disarmo nel gioco della lampada:
è questo che si pensa
dosando la luce. E’ importante sapere
qual è il gusto
e a cosa vada l’equivoco è un fatto
di discepoli e/o feticisti.

Meglio un velo, ma non dispiace.

Da un buco a vari buchi
da scultore incallito rivolto alle immagini
diventa chi di testa riccia perisce.
Lo scopo è fare
della pelle propria l’altra esposta
usando solo un dito nichelato.
Chi finirà dell’attimo
sopra i monti e chi eviterà di passare
la lingua mantenendo mesta la traiettoria?

E belle chi lo dice: l’opera piange storta.

Prolassata riderà
sulla tensione che è il peccato.
Sarà chi scatta prendendo la neve
senza perversione
ogni volta che le pareti sono letti
con gemiti o disapprovazione nel gioco del talento.

I modelli fanno la scelta
ma lei da artista non antepone
non secca capezzoli di Veneri
e ciò che sfoga è in bocca al neonato
e sulla lente che si abbassa entrando.
Sorelle, amiche o competitors
disegnano una strada, una stanza o il vaglio
per soci di vetro, sembra.
Si gode. Anche questo
fanno le pellicole.

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La bambina nella scatola

Dietro ogni cosa bella
c’è stato qualche tipo di dolore.
(Bob Dylan, Not Dark Yet)

La storia di Irina Ionesco e di sua figlia Eva suscita scandalo da quarant’anni, ed è certamente un caso unico nel panorama dell’arte contemporanea per le implicazioni etiche e morali che lo accompagnano.

Irina Ionesco, nata a Parigi da padre violinista e madre trapezista, viene abbandonata all’età di quattro anni. Spedita in Romania, paese da cui provenivano i genitori, Irina viene cresciuta dalla nonna e dagli zii nell’ambiente del circo. Nonostante sognasse di diventare ballerina, a causa del suo fisico asciutto ed elastico verrà indirizzata verso l’antica arte del contorsionismo. Dai 15 ai 22 anni gira l’Europa, l’Africa e il Medio Oriente con il circo; durante il suo spettacolo si esibisce con due serpenti boa, e più tardi dichiarerà: “ero diventata schiava di quei serpenti, e alla fine ne ho avuto abbastanza”.

Durante una convalescenza a causa di un incidente di danza a Damasco, Irina comincia a disegnare e a dipingere; abbandonato il circo, viaggia per qualche anno con un ricco giocatore d’azzardo iraniano che la copre di gioielli e abiti lussuosi, prima di studiare arte a Parigi. Poi, ecco da una parte l’incontro fortuito con la fotografia (l’artista belga Corneille le regala una reflex nel 1964), e con gli scritti sulfurei e trasgressivi di Georges Bataille dall’altra.

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Le sue fotografie, che inizialmente ritraggono amiche e amici agghindati con gli abiti che Irina aveva nel suo stesso guardaroba e fotografati al lume di candela, conoscono un immediato successo fin dalla prima esposizione. Già da questi primi scatti sono evidenti quegli elementi che attraverseranno tutta l’opera della fotografa: l’erotismo feticistico, i costumi di scena ricercati e barocchi, le pose teatrali, le collane di perle, e i dettagli gotici (teschi, corredi funebri, composizioni floreali).

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Ma le fotografie davvero controverse di Irina Ionesco non sono queste. Dal 1969 in poi, Irina decide di fotografare sua figlia Eva, di appena 4 anni, nei medesimi contesti in cui fotografa le modelle adulte. Cioè nuda, in pose da femme fatale, e agghindata soltanto con quegli accessori che avrebbero dovuto renderla un’icona dell’erotismo.

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Siamo negli anni ’70, un’epoca in cui i tabù sessuali sembrano cadere ad uno ad uno, e chiaramente il lavoro di Irina si iscrive in questo contesto storico specifico; ciononostante le foto creano un grosso scandalo – che ovviamente porta fama e successo alla fotografa. La critica discute animatamente se si tratti di arte o di pornografia, e anzi per qualcuno le fotografie proiettano un’ombra ancora più inquietante, quella dell’istigazione alla pedofilia.

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Ma in tutto questo, cosa prova la piccola Eva Ionesco? E’ in grado, data la sua tenera età, di comprendere appieno ciò che le sta accadendo?

Mia madre mi ha fatto posare per foto al limite della pornografia fin dall’età di 4 anni. Tre volte a settimana, per dieci anni. Ed era un ricatto: se non posavo, non avevo diritto ad avere dei bei vestiti nuovi. E soprattutto non potevo vedere mia mamma. Mia madre non mi ha mai allevata; il nostro unico rapporto, erano le foto.

Eva Ionesco diviene ben presto una piccola star: nell’ottobre del 1976, all’età di 11 anni, viene pubblicato un servizio su di lei sul numero italiano di Playboy. E’ la più giovane modella mai apparsa nuda sulle pagine della rivista. Seguono alcuni ingaggi come attrice (il primo nell’Inquilino del Terzo Piano di Polanski), fra i quali spicca il suo ruolo nel film “maledetto” di Pier Giuseppe Murgia, Maladolescenza, del 1977. Il film racconta la scoperta, da parte di tre adolescenti, della sessualità e degli istinti crudeli ad essa collegati, in un ambiente naturale e privo di sovrastrutture (in un chiaro riferimento al Signore delle Mosche); le due attrici protagoniste di 11 anni e il loro compagno di 17, nel film sono impegnati in scene di sesso simulato e mostrati mentre si dedicano a torture reciproche e contro gli animali. Il film non manca di una sua poesia, per quanto efferata e disturbante, ma nei decenni successivi viene ritirato, censurato, rieditato e infine condannato definitivamente per pedopornografia nel 2010 da una corte olandese.

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Da tutta questa serie di attività di modella a sfondo erotico, decise e volute dalla madre, Eva riuscirà a liberarsi proprio nel 1977, quando Irina perde l’affidamento della figlia. Eppure l’ombra di quelle fotografie perseguita Eva ancora oggi. E se madre e figlia non hanno mai avuto un vero rapporto, per anni si sono parlate soltanto per interposti avvocati.

Non vuole rendermi le stampe e i negativi. Continua a vendere un numero enorme di quelle fotografie. In Giappone si trova ancora un sacco di roba, libri, CD erotici. La gente crede che Irina Ionesco significhi soltanto foto vintage con una piccola principessa che viene spogliata. Ma io me ne frego dei reggicalze! Bisogna dire le cose come stanno: voglio far proibire le foto in cui mi si vedono il sesso e l’ano.

I processi giudiziari, per mezzo dei quali Eva ha cercato di riappropriarsi dei propri diritti e di farsi riconsegnare dalla madre gli scatti più espliciti, hanno avuto un amaro epilogo nel 2012: il tribunale le ha riconosciuto soltanto parte delle richieste, e ha condannato Irina a versare 10.000 euro di danni e interessi per sfruttamento dell’immagine e della vita privata della figlia. Ma le foto sono ancora di proprietà della madre.

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Nel 2010 Eva ha cercato di liberarsi dei fantasmi della sua infanzia curando la regia di My Little Princess, un film in parte autobiografico in cui il personaggio della madre è affidato all’interpretazione di Isabelle Huppert e quello della bambina a una sorprendente Anamaria Vartolomei. Nel film, l’arte fotografica è vista come un’attività senza dubbio pericolosa:

Isabelle Huppert carica la macchina fotografica come un’arma. L’immagine rinchiude, rende il personaggio muto. Fotografarmi, significava mettermi in una scatola: dirmi “sii bella e stai zitta”.

E in un’altra intervista, Eva rincara la dose:

Spogliare qualcuno, fotografarlo, rispogliarlo, rifotografarlo, non è violenza? Accompagnata da parole gentili, naturalmente: sei magnifica, sublime, meravigliosa, ti adoro. […] Volevo raccontare una persona senza coscienza né barriere, dispotica e narcisa. Una persona che non vede. Fotografa, ma non vede.

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Il valore artistico dell’opera di Irina Ionesco non è mai stato messo in discussione, nemmeno dalla figlia, che le riconosce un’incontestabile qualità di stile; sono le implicazioni etiche che fanno ancora discutere a distanza di decenni. Le fotografie della Ionesco ci interrogano sui rapporti fra l’arte e la vita in modo estremo e viscerale. Esistono infatti innumerevoli esempi di opere sublimi, la cui realizzazione da parte dell’artista ha comportato o implicato la sofferenza altrui; ma fino a dove è lecito spingersi?

Forse oggi ciò che rimane è una dicotomia fra due poli contrapposti: da una parte le splendide immagini, provocanti e sensuali proprio per il fatto che ci mettono a disagio, come dovrebbe sempre fare l’erotismo vero – un mondo immaginario, quello di Irina Ionesco, che secondo Mandiargues “appartiene a un ambito che non possiamo conoscere, se non attraverso la nostra fede in fragili ricordi”.
Dall’altra, la ben più prosaica e triste vicenda umana di una madre fredda, chiusa nel suo narcisismo, che rende sua figlia una bambina-manichino, oggetto di sofisticate fantasie barocche in un’età in cui forse la piccola avrebbe preferito giocare con i compagni (cosa che Irina le ha sempre proibito).

L’innegabile fascino delle fotografie della Ionesco sarà quindi per sempre incrinato da questo conflitto insanabile – la consapevolezza che dietro quegli scatti si nascondesse un abuso; eppure questo stesso conflitto le rende particolarmente inquietanti e ambigue, addirittura al di là delle intenzioni originali dell’autrice, in quanto stimolano nello spettatore emozioni contrastanti che poche altre opere erotiche sono in grado di veicolare.
Irina compirà 78 anni a settembre, e continua ad esporre e a lavorare. Eva Ionesco oggi ha 48 anni, e un figlio: non è davvero sorprendente che non gli abbia mai scattato una foto.

di Bizzarro Bazar

Sylvia-Irina Ionesco

dannate
provvidenze ti schiodano
le mani per togliermi via
il non pane quotidiano che affama
la bocca da indurti
in tentazione senza rimettere
il debito

-incarnevoli i frutti
dell’ orto_d’osso-

di Sylvia Pallaracci

7 pensieri su “Prospettive. I fotografi che hanno fatto la storia della fotografia: Irina Ionesco – Omaggio di parole

  1. Lieta per i graditi commenti, ringrazio di cuore WSF e Antonella Taravella per l’ospitalita’.
    Complimenti ai miei compagni di viaggio.
    Mg

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  2. Posso lasciare anch’io una mia poesia su Irina? Eccola:

    Ecco Irina .
    La mia morte
    la rende felice.
    Solo ora la vedo
    sul suo grambo.
    Era cosi esibito il fiore
    e così irresistibile l’offerta
    che non me n’ero accorto.
    Crudele inganno era la rosa tra i capelli
    la veste sottile
    e i merletti intorno ai seni.
    Attento e studiato
    l’accavallare delle gambe,
    la terra da esplorare,
    la magnificenza della valle.
    Tutto era agguato.
    Ma ora che lo so
    è troppo tardi.
    Renato Fiorito

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