Homo homini Virus, il contagioso romanzo di Ilaria Palomba


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Il nostro corpo è spesso un regno per entità biologiche centomila volte più piccole di una cellula: i vīrus (lat. tossina, veleno).
Sebbene inizialmente questo tipo di “veleno”sia stato considerato solo in termini patogeni, con il passare del tempo si è scoperto che i virus possono anche svolgere una funzione utile all’organismo.
Il titolo che Ilaria Palomba ha scelto per il suo libro è un richiamo all’espressione latina “Homo homini lupus” che in una letterale traduzione ricorda come l’uomo sia un lupo nei confronti del suo simile.
Nel romanzo a cui ci riferiamo l’uomo è un virus: può contaminare e sconvolgere la serenità illusoria in cui ognuno si rintana in questa epoca oscura. Tentiamo ostinatamente di sopravvivere, come se i comportamenti automatici e “necessari” (in termini sociali) possano renderci vivi, questa routine a cui ci siamo abituati in realtà ci ammazza: ci svuota.
Lo stare al di fuori ci annienta, “il talento scava dentro, e quando aspira all’esteriorità perde tutta la sua potenza iniziale” (v. pag. 27).

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ESTRATTO da “REICH E GURDJIEFF – La sessualità come strumento di evoluzione della coscienza”


Reich e Gurdjieff
di David Brahinsky
in corso di pubblicazione per Spazio Interiore
previsto per Dicembre 2014

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All’interno de I racconti di Belzebù a suo nipote, [1] a un certo punto il protagonista condanna l’uomo moderno e lo rimprovera duramente per non essere riuscito ad adempiere ai partk/dolg/doveri esserici, tanto da considerare questo fallimento come una malattia, dal momento che per lui il lavoro cosciente e la sofferenza volontaria costituivano la naturale e sola funzione che l’essere tricerebrale maturo manifestasse. Ma se sono così naturali, perché allora l’uomo odia tali pratiche? Perché odia intraprendere un percorso necessario all’evoluzione del proprio essere?
Lo studio di Reich fornisce una risposta alla questione di cui sopra: odiamo fare qualsiasi cosa sia necessaria per proseguire il nostro sviluppo perché sin dall’infanzia, e poi anche nell’adolescenza, proprio le funzioni primarie che ci contraddistinguono sono state represse. Ci è stato insegnato a temere l’evoluzione creativa, ad aver paura del libero fluire dell’energia orgonica all’interno del nostro corpo, e da queste paure è nata la corazza. Essa ci rende pigri, ci frammenta internamente in diversi “io” e ci impedisce di assimilare le impressioni legate all’evoluzione. Quando impressioni di tal genere, infatti, sono disponibili in un individuo molteplice, pigro, arrabbiato, frustrato, pauroso, represso, apatico, pieno di desideri infantili, che rigetta le idee del Lavoro, queste non possono essere assimilate in modo adeguato e pertanto si rivelano inutili. L’elemento alla base di questo processo, che è volto a reprimere la capacità di evolvere, consiste nella soppressione della sessualità, cioè di quella funzione base della creatività che sta all’origine dei processi creativi dell’evoluzione, prevista peraltro in ogni piano dell’esistenza.
Ora, se l’analisi sin qui condotta è esatta, il ripristino di questa funzione svilupperebbe nell’individuo la capacità di introdurre le impressioni tramite il secondo shock cosciente, impressioni che vengono registrate all’interno del centro emozionale superiore come “sentimento religioso”, “sacralità o divinità di ogni cosa che esiste” e, al contempo, “rimorso di coscienza”. Questa descrizione sottintende che le impressioni sono contraddistinte da un amore fortemente radicato nei confronti di tutti gli esseri, un sentimento così straordinario e onnicomprensivo che comporta il pieno sentire; pochi, oltre ai santi, sono in grado di provarlo. In effetti, c’è da chiedersi come possiamo noi, che ci lamentiamo continuamente per questioni riguardanti il tempo, i vicini, i politici, le tasse e via dicendo, giungere a provare un sentimento di tali proporzioni. Alcune religioni si fanno portatrici di tale messaggio, sebbene non sia poi automatico che esso venga incarnato da coloro che ne seguono i dettami.

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Un “Viaggio Essenziale” con Alejandro Jodorowsky


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Nel 2010, da un’idea di Giovanni Picozza, la casa editrice Spazio Interiore ha iniziato il proprio percorso. Negli ultimi anni l’editore si è fatto notare per i testi di non trascurabile valore in campo spirituale.
Nel Maggio 2014 è stato pubblicato, presso quest’ultimo, un interessantissimo “poema psicomagico” di Alejandro Jodorowsky, l’artista cileno noto soprattutto in campo cinematografico e letterario.

Il breve poema composto da 12 essenziali poesie è intitolato “Viaggio Essenziale”. Lo stesso traduttore, Andrea Colamedici, ci fa notare che la parola “viaggio” appare una sola volta nell’intero poema e si trova a dover fare i conti con “mille abissi”.
La prefazione è affidata ad Antonio Bertoli e ci permetterà di leggere l’opera nel modo corretto, ricordandoci i trascorsi e la filosofia poetica di Jodorowsky. La parola chiave è “poesofia”, ovvero, la fusione di un pensiero ispirato con un pensiero ragionato: il singolo che diviene universale nel momento dell’atto poetico.

L’Atto Poetico è stato tenuto sempre in grandissima considerazione da Jodorowsky, infatti la prima sezione delle interviste di Gilles Farcet che costituiscono la prima parte di “Psicomagia – una terapia panica” (edito in italia da Feltrinelli e che riassume l’intero pensiero di Jodorowsky rispetto a questo argomento) si concentra proprio su questo concetto: “la poesia è azione” afferma Jodorowsky citando il futurista Marinetti, non un insieme di parole che suonano armoniosamente se messe in fila.

Ci troviamo di fronte ad un autore che vuole rompere gli usuali schemi della poesia e vuole penetrare attraverso essa in un mondo più vissuto. Anche questo è un viaggio: un modo di vivere, di fare esperienza, di crescere… un viaggio essenziale, perché necessario.
Ma essenziale anche perché ha bisogno di poche parole per essere espresso. Le poesie risultano a volte prive di una struttura rigida e disegnano un libero andazzo dell’anima, lasciando in questo modo spazio alla creatività.

Questo libricino (il quinto nella collana “nonordinari”) è un viaggio breve ma intenso che ci fa sorridere, gioire e ci lascia l’amaro in bocca. Un viaggio che ha il ritmo della vita, che ci permette di assaporare la finezza del pensiero ma che non ci fa dimenticare del puro disprezzo che dobbiamo nutrire verso ogni istituzione (che sia politica, religiosa o sociale) che ci limita e ci vieta di esprimerci al meglio.

L’edizione è arricchita dalle meravigliose illustrazioni dell’artista cileno Matlop, e da una splendida nota del traduttore che apre uno spiraglio ad una riflessione finale.

LINK
http://www.spaziointeriore.com/

Cosa cuoce in forno… report della presentazione “A’ Pizza” di Tommaso Esposito


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Il giorno 7 Febbraio del corrente anno, presso la Distilleria Feltrinelli di Pomigliano D’Arco, l’arcael’arco edizioni ha presentato il suo nuovo libro “A’ Pizza, viaggio nella canzone napoletana” di Tommaso Esposito, con CD musicale di Enzo e Floriana, quarto libro nella collana “Saperincampania.it”.

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Il libro è un lavoro ampissimo che attraverso la riscoperta delle canzoni napoletane (molte delle quali dimenticate, tra cui una risalente addirittura al 1500, di cui soltanto due erano state incise prima d’oggi) cerca di riscoprire uno degli elementi tradizionali della cucina partenopea.

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L’editore apre la serata introducendo la collana (e il portale web) “Saperincampania.it”, collocando il lavoro in un contesto più ampio di valorizzazione culturale del suolo campano.
Il palcoscenico è riempito da elementi che hanno una storia ed una carica culturale personale e vissuta, un esempio è la maschera di pulcinella data in prestito dal Museo di Pulcinella di Acerra.

Come succede spesso con l’arcael’arco edizioni, non ci troviamo di fronte al solito evento dove uno scrittore viene posizionato ex cathedra a parlare del proprio lavoro: il pubblico viene immerso totalmente all’interno dell’opera, grazie all’utilizzo di alcune canzoni presenti all’interno del CD, arrangiate da Enzo Sirletti alle chitarre, con la splendida e vibrante voce di Floriana D’Andrea.
La recitazione è invece affidata ad Antonio Clemente che meraviglia gli spettatori con descrizioni dal gusto antico del mondo del pizzaiolo.

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Nella poetica del modo di fare la pizza si ritrova la caratteristica melodia della tonalità napoletana che si trasmuta in pochi attimi in canzone.
Ma anche il teatro è elemento centrale della cultura napoletana, e nessuno – meglio della maschera di Pulcinella – può risvegliare nello spettatore un ricordo di infanzia spesso assopito. L’attore interpreta in modo incredibile e commovente la maschera, con movenze che emozionano anche l’osservatore più freddo, e con una vocalità espressiva di incredibile chiarezza e immedesimazione.

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Il Napoletano deve valorizzare i propri prodotti ed andarne fiero, deve rispettare il proprio territorio perché la tradizione è un punto per ripartire: questo è il concetto chiave con cui conclude Tommaso Esposito, ricollegandosi all’introduzione dell’editore.

Dopo la presentazione i presenti sono stati invitati alla degustazione di prodotti classici e/o rivisitati nello stupendo piazzale de La Distilleria di Pomigliano.
Dai vini rossi come quello di Gragnano e i bianchi, alla mozzarella di bufala (prodotto Campano con Denominazione di Origine Protetta), per poi arrivare a rivisitazioni dolciarie (come una mozzarella con ripieno al pistacchio)… Naturalmente, non poteva mancare una magnifica pizza “chiusa a portafoglio” (ne sono state sfornate 648), forgiata da un sapore unico a partire dall’impasto, morbido ma non gommoso, che faceva da preludio all’inconfondibile sapore di pomodoro partenopeo ricoperto da mozzarella e basilico.

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Le fotografie sono state prese dalla pagina Facebook LaDistilleriaRestaurant Pomigliano.

LINK
Il libro su l’arcael’arco edizioni: http://www.larcaelarco.it/shop/it/41-a-pizza.html
Saperincampania: http://www.saperincampania.it/
La Distilleria Feltrinelli di Pomigliano: http://www.la-distilleria.it/

“In nome di Eros”, la sessualità poetica di Cristina Tafuri


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Avvampami,
esplorami, perforami.
Annusami,
osservami, esplodimi.
Avvolgimi,
accarezzami, amami finalmente.
Amami con rabbia,
annaspa tra i pertugi del mio corpo,
come un animale fiuta il mio sesso e
poi placando l’onda
che maestosa si alzò
trova porto sicuro nella mia insenatura.

“In nome di Eros”, come tutte le pubblicazioni de l’Arca e l’Arco edizioni, non è solamente una raccolta di liriche, ma un’opera d’arte completa.

Le ventitre (che suona quasi come ventre) poesie di Cristina Tafuri sono infatti armonizzate da sette chine di Antonio Petti, da una copertina di Enzo Lauria, da una dedica di Sonia Tafuri e da una post-fazione di Vinz Notaro.

Già dalla prima lirica ci rendiamo conto della potenza “atomica” e sessuale dei versi che travolgono e incuriosiscono il lettore. Si tratta di un Eros pieno di odori, sapori e sensazioni che si sviluppano oltre il semplice piano fisico e sfiorano sfere mentali e oserei dire spirituali.
C’è una tendenza a trascendere la propria sessualità e a penetrare in quella dell’amante, infatti, Vinz Notaro nella sua post-fazione rende ben presente la perplessità del lettore che più volte torna a rileggere il nome dell’autrice per capirne l’identità: “Siamo dinanzi a un ardito apparentemente eterogeneo di prime persone differenti: se non fosse per il fatto che abbiamo già appreso che l’autore è una donna, probabilmente ci domanderemmo se di autore ce ne sia addirittura più di uno”.

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Le chine di Antonio Petti si estendono e si imprimono nel lettore, creando un sottile filo nero che lega tra di loro le poesie in modo stretto, incatenando il lettore fra le linee dei versi e le macchie della china.
Un percorso erotico che sfiora l’orgasmo ed afferra saldamente il piacere. Un viatico già tracciato, comunque, dalla splendida copertina di Enzo Lauria, che nella semplicità ha trovato la chiave di apertura e di chiusura del testo.

La poesia è “Avvampami”, pag. 20.

LINKS
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