Le sette aquile silenziose


Le sette aquile

opera di Chiara Scarfò (2012-2017)

 

Il volo è da sempre sinonimo di libertà, rottura delle convenzioni e ricongiunzione dell’uomo con la grande energia cosmica che nei secoli si frantuma e riproduce in altrettante immagini di Dio.

L’opera di Chiara Scarfò nasce proprio da qui, da una fine, dall’addio della forma fisica di un’amica che ha portato la sua visione del mondo a modificarsi coprendo con un velo trasparente gli oggetti. E’ proprio nella fissità dell’addio che precede il dolore che la voce sconosciuta e familiare dell’aquila chiede di scavare oltre le apparenze. In quel confine che accompagna nel sogno e aiuta a ritrovare la Struttura del Silenzio.

L’opera si basa su due elementi distanti e vicini allo stesso tempo. Una poesia scritta il giorno precedente al compleanno di Donata e l’acqua, elemento ricorrente nella produzione artistica della performer. Il simbolo universale del movimento si accompagna alle movenze del corpo che fluttua su una collina bagnata dai raggi del sole. Ma facciamo un passo indietro alla ricerca delle origini dell’opera. Scendiamo in quello spazio in cui tutto si crea e allo stesso tempo si distrugge, laggiù nella dimensione incorporea del sogno: “mi trovavo in una spiaggia molto grande, vasta, dopo il tramonto quando la luce scende e il buio illumina le ombre. Ero immersa nell’acqua solo fino a metà. Potevo vedermi chiaramente dal di fuori. Mi muovevo lentamente proprio come in un rito del profondo. Voltavo lo sguardo al cielo, sulla mia sinistra. Alzavo un braccio verso l’alto e chiamavo la forza delle 7 aquile, senza pronunciare una sola parola. E questa giungeva a me, dal cielo, una dopo l’altra arrivavano posandosi sulla mia schiena con la sinuosità dell’onda, partendo dal basso la prima aquila mi venne ad abbracciare intorno alle anche con le sue ali, poi la seconda un po’  sopra e via così fino all’ultima la più grande che veniva a posarsi sulle mie spalle avvolgendomi di tutto il suo calore…prima un’ala poi l’altra morbidamente come in una danza divina. Ho assistito a questa magia durante tutto il sogno e quando mi sono svegliata l’opera esisteva già.”

© Chiara scarfò, La Forza delle 7 Aquile, 2012

Un’opera quella di Chiara Scarfò complessa e spigolosa come le linee di metallo che le corrono sulla schiena. Come un simbolo di potenza cosmica. L’aquila infatti, è l’unico animale che può librarsi in volo e vedere il sole. La regina degli uccelli però, è anche un simbolo cristologico. La sua funzione di psicopompa si è evoluta dalla leggenda di Etana che diventa per le prime comunità cristiane la rappresentazione del Cristo salvatore.

Altresì importante è la posizione in cui viene collocata l’opera ovvero sulla colonna vertebrale. Il luogo  fisico che mantiene in equilibrio il corpo e la riappropriazione del sé. Un percorso questo iniziato nel 2012 e sviluppatosi ancora oggi in mutazioni che smussano l’io, come le onde del mare uno scoglio. La struttura metallica che avvolge la schiena di Chiara quindi è una rappresentazione di forza, l’energia silenziosa del ricordo  che si tramuta in potenza senza chiedere. Il vigore dell’amore appunto, A-mors, senza morte o fine. Il corpo diventa il pilastro dunque della rinascita non solo fisica ma anche intellettuale e universale. Un viaggio che ricollega l’uomo alla materia oscura dell’universo che ritorna anche nella magia del numero 7. Sette infatti, sono i chakra che si aprono verso la conoscenza sconosciuta del mondo. Perché l’artista è colui che cerca se stesso e crea la sua via verso la luce della consapevolezza. Quello che segue e si concretizza nella parte finale (pur rimanendo incompleto) è un nuovo saluto al sole, una riappropriazione del corpo che urla finalmente: “vivi e spegniti con fierezza.”

 

Scolpirò piume d’argento su forme marmoree.

Spunteranno lamine affusolate, armi taglienti per difendermi da statue bronzee di antichi guerrieri,

impenetrabili sguardi e sentimenti appuntiti.

Mai sarà esposta questa scultura, ma neanche perduta o dimenticata.

Verrà scalfita dal tempo, lacerata dall’indifferenza,

ma rimarrà sempre la sua struttura sottile.

Non ne sarete mai a conoscenza perché non si vede, né si tocca

la freschezza eterna.

 

Chiara Scarfò – 20/04/1996

© Chiara scarfò, La Forza delle 7 Aquile, 2012

© Chiara scarfò, La Forza delle 7 Aquile, 2012

All images are copyright protected © Chiara Scarfò, all rights reserved

 

Official site: http://www.chiarascarfo.com/

Christian Humouda 10/10/2017

Petr Pavlensky – Il performer senza paura di Nausica Hanz


“Sono le parole più silenziose, quelle che portano la tempesta.
Pensieri che incedono con passi di colomba guidano il mondo”
(Friedrich Nietzsche)

Nel momento in cui scrivo questo articolo le riviste, i forum e i blog sono intasati di notizie, di gossip e degli scoop dell’ultimo minuto. Eppure in tutta quella marmaglia di parole e frasi scritte, non c’è nemmeno una dedica a Pyotr Pavlensky. A quel ragazzo di trentun anni che dal 27 Gennaio è rinchiuso in quarantena nell’Istituto Psichiatrico Serbo e privato di qualsiasi contatto con il mondo esterno, inclusa la sua famiglia e il suo avvocato.
Mi sarei accontentata anche di vedere un trafiletto a bordo pagina con il suo nome e una sua foto, semmai un articolo sbrigativo ma che almeno ricordasse a tutti che Petr è ancora rinchiuso, che non si sa cosa gli stanno facendo (ma lo possiamo immaginare….forse) e che non deve essere dimenticato e invece non esiste nemmeno quello. Oggi, come ieri e l’altro ieri Petr Pavlensky è già un assente. Uno dei tanti che c’è stato e non c’è più e di cui nessuno si domanda dove sia finito. Petr invece esiste, è nel presente e merita un nostro pensiero, una nostra riflessione.

Tutto ha inizio, o quasi, nel Febbraio del 2012 quando tre artiste del collettivo Pussy Riot inscenano e cantano una preghiera punk all’interno della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, per denunciare esplicitamente e senza mezzi termini la rielezione di Vladimir Putin e del suo regime. Un mese dopo le tre ragazze vengono incarcerate e condannate (dopo varie vicissitudini) a due anni di detenzione. Contro questa scelta l’Occidente si ribella, manifesta ad alta voce e calpesta i piedi…ma tutto ciò scivola sotto lo sguardo indifferente di Putin.
Nel Luglio del 2012 però succede qualcosa. Un ragazzo appare nella Cattedrale di Kazan con le labbra cucite e una bandiera in cui c’è scritto: “Action of Pussy Riot was a replica of the famous action of Jesus Christ (Matthew.21:12–13)” ciò come atto di sostegno verso la performance delle Pussy Riot e di protesta verso la loro carcerazione. Il suo nome è Pyotr Pavlensky, la sua performer si chiama Seam e da quel giorno egli diverrà il performer russo (a mio avviso) più coraggioso di questi tempi.

1(Seam, 2012)

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Homo homini Virus, il contagioso romanzo di Ilaria Palomba


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Il nostro corpo è spesso un regno per entità biologiche centomila volte più piccole di una cellula: i vīrus (lat. tossina, veleno).
Sebbene inizialmente questo tipo di “veleno”sia stato considerato solo in termini patogeni, con il passare del tempo si è scoperto che i virus possono anche svolgere una funzione utile all’organismo.
Il titolo che Ilaria Palomba ha scelto per il suo libro è un richiamo all’espressione latina “Homo homini lupus” che in una letterale traduzione ricorda come l’uomo sia un lupo nei confronti del suo simile.
Nel romanzo a cui ci riferiamo l’uomo è un virus: può contaminare e sconvolgere la serenità illusoria in cui ognuno si rintana in questa epoca oscura. Tentiamo ostinatamente di sopravvivere, come se i comportamenti automatici e “necessari” (in termini sociali) possano renderci vivi, questa routine a cui ci siamo abituati in realtà ci ammazza: ci svuota.
Lo stare al di fuori ci annienta, “il talento scava dentro, e quando aspira all’esteriorità perde tutta la sua potenza iniziale” (v. pag. 27).

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Inediti di Alessia D’Errigo


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Ricercatrice in campo teatrale e cinematografico, scrittrice.
Interprete e regista di varie opere teatrali.
Dopo un percorso classico come attrice inizia una ricerca personale sull’atto scenico e sulla reale necessità del suo manifestarsi.
Nel 2004 apre, insieme al suo compagno, l’artista e regista Antonio Bilo Canella, il “CineTeatro di Roma” (www.cineteatro.it) centro di ricerca formazione e produzione in campo teatrale e cinematografico.
Proprio al CineTeatro inizia un lungo percorso sull’improvvisazione totale, la Performazione (www.performazione.com), e porta avanti una ricerca personale sull’Improvvisazione Poetica.
Da questa ricerca – nel 2011 – Alessia D’Errigo apre il progetto IMPROMPTU THEATRE (http://impromptutheatre.jimdo.com/ ) l’intento è quello di voler fondere varie arti (musica, poesia, danza, pittura e teatro) in uno scenario d’improvvisazione totale.
Progetto sancito dall’omonimo spettacolo “Impromptu” con il pittore-performer Orodè Deoro, e da altre due performance “Variazioni Belliche (LamentAzione)”(vedi video: http://www.youtube.com/watch?v=h9WManvZMwA ) e “Per i tuoi occhi bianchissimi” . Nel 2014 porta in scena un lavoro con la danzatrice butoh Alessandra Cristiani “Metatron” e nel 2015 partecipa al Festival Linea 0 con uno spettacolo d’improvvisazione totale su “La casa di Bernarda Alba” di F.G. Lorca dal titolo “Aguardiente – Dentro Bernarda Alba”.
Nel 2013 una ventina di suoi inediti escono sulla rivista “Poesia” di Crocetti Editore a cura di Maria Grazia Calandrone.
Nel 2011 pubblica la sua prima silloge poetica ‘Carne d’aquiloni’ con l’editrice Zona nella sezione Contemporanea.
I suoi testi sono presenti in numerosi blog e riviste web e in alcune antologie.
Ha curato la rubrica di poesia “Rediviva Donna (classica e contemporanea)” sulla fanzine Versante Ripido.

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TWIMC – Vera Pavlova and Brooklyn Phil Chamber Players


dal blog TWIMC

Vera Pavlova and Brooklyn Phil Chamber Players
Classical Interludes: Sunday, February 10, 2013 4:00PM
Brooklyn Public Library, Central Library, Dweck Center
[10 Grand Army Plz. between Plaza Street East and Underhill Avenue (718) 230-2100]

La famosa poetessa russa Vera Anatolyevna Pavlova, insieme ai musicisti della Brooklyn Phil, sarà la protagonista di  un omaggio al grande artista sovietico Pytor Ilyich Tchaikovsky. Gli scritti e le immagini della poetessa saranno accompagnati dai capolavori della musica da camera di Tchaikovsky, includendo per l’occasione anche la sua personale ode ispirata all’opera 39, Album per la gioventù. I testi poetici saranno presentati in russo con traduzione in inglese di Steven Seymour. La performance sarà seguita da un post-concerto di Q & A con Vera Pavlova. La  Brooklyn Public Library è onorata di collaborare con l’Orchestra Filarmonica di Brooklyn per presentare questa performance.

Vera Anatolyevna Pavlova

TRE POESIE

di  VERA PAVLOVA

Se c’è qualcosa da desiderare,

ci sarà qualcosa da rimpiangere.

Se c’è qualcosa da rimpiangere,

ci sarà qualcosa da ricordare.

Se c’è qualcosa da ricordare,

non ci sarà nulla da rimpiangere.

Se non ci fosse nulla da rimpiangere,

non ci sarà nulla da desiderare.

***

Tocchiamoci l’un l’altro

mentre abbiamo ancora le mani,

i  palmi, gli avambracci, i gomiti. . .

Amiamoci l’un l’altro per la miseria,

la tortura che ci diamo a vicenda, il tormento,

la sfigurarsi, il mutilarsi,

per ricordare meglio,

la parte con meno dolore.

***

Noi siamo ricchi: non abbiamo niente da perdere.

Noi siamo vecchi:  non abbiamo alcun posto dove affrettarci.

Scuoteremo il passato ,

attizzeremo le braci dei giorni che verranno,

parliamo di ciò che più importa,

mentre sfuma l’indolente luce del giorno.

Giaceremo nel riposo della nostra non morte:

io ti seppellirò, tu mi seppellirai.

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(traduzione dal russo all’inglese a cura di Steven Seymour

dall’inglese all’italiano a cura di Meth Sambiase)