Petr Pavlensky – Il performer senza paura di Nausica Hanz


“Sono le parole più silenziose, quelle che portano la tempesta.
Pensieri che incedono con passi di colomba guidano il mondo”
(Friedrich Nietzsche)

Nel momento in cui scrivo questo articolo le riviste, i forum e i blog sono intasati di notizie, di gossip e degli scoop dell’ultimo minuto. Eppure in tutta quella marmaglia di parole e frasi scritte, non c’è nemmeno una dedica a Pyotr Pavlensky. A quel ragazzo di trentun anni che dal 27 Gennaio è rinchiuso in quarantena nell’Istituto Psichiatrico Serbo e privato di qualsiasi contatto con il mondo esterno, inclusa la sua famiglia e il suo avvocato.
Mi sarei accontentata anche di vedere un trafiletto a bordo pagina con il suo nome e una sua foto, semmai un articolo sbrigativo ma che almeno ricordasse a tutti che Petr è ancora rinchiuso, che non si sa cosa gli stanno facendo (ma lo possiamo immaginare….forse) e che non deve essere dimenticato e invece non esiste nemmeno quello. Oggi, come ieri e l’altro ieri Petr Pavlensky è già un assente. Uno dei tanti che c’è stato e non c’è più e di cui nessuno si domanda dove sia finito. Petr invece esiste, è nel presente e merita un nostro pensiero, una nostra riflessione.

Tutto ha inizio, o quasi, nel Febbraio del 2012 quando tre artiste del collettivo Pussy Riot inscenano e cantano una preghiera punk all’interno della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca, per denunciare esplicitamente e senza mezzi termini la rielezione di Vladimir Putin e del suo regime. Un mese dopo le tre ragazze vengono incarcerate e condannate (dopo varie vicissitudini) a due anni di detenzione. Contro questa scelta l’Occidente si ribella, manifesta ad alta voce e calpesta i piedi…ma tutto ciò scivola sotto lo sguardo indifferente di Putin.
Nel Luglio del 2012 però succede qualcosa. Un ragazzo appare nella Cattedrale di Kazan con le labbra cucite e una bandiera in cui c’è scritto: “Action of Pussy Riot was a replica of the famous action of Jesus Christ (Matthew.21:12–13)” ciò come atto di sostegno verso la performance delle Pussy Riot e di protesta verso la loro carcerazione. Il suo nome è Pyotr Pavlensky, la sua performer si chiama Seam e da quel giorno egli diverrà il performer russo (a mio avviso) più coraggioso di questi tempi.

1(Seam, 2012)

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O-scena ovvero l’ Irrappresentabile in teatro di Nausica Hanz


“Se la processione che fanno e il canto del fallo che intonano non fosse in onore di Dioniso, ciò che essi
compiono sarebbe indecente; la medesima cosa sono Ade e Dioniso, per cui impazzano e si sfrenano.”
(Eraclito, frammento 15)

Da un’intuizione di Carmelo Bene prende spunto questo articolo e precisamente dalla reinterpretazione etimologica del termine osceno, che in Bene viene posto come o-skené: “osceno vuol dire appunto, fuori dalla scena, cioè visibilmente invisibile di sé” afferma Bene durante la trasmissione del Costanzo Show del
1990 .
Osceno è tutto ciò che non esiste sulla scena, che viene posto ai margini del vedere perché di natura sporca, lurida, ripugnante, offensiva; eppure molte opere performative contemporanee sono riconducibili ad una oscena perché si collocano nella sfera dell’irrappresentabile, in quanto introducono nello spazio teatrale elementi taboo, perversi e vietati dalla norma.
È in questa tensione tra il poter vedere e il vedere tutto che si situa il perturbante, un teatro estremo in cui lo spettatore diviene destinatario di quell’atto di dis-velamento della scena da cui non è escluso nessun elemento: tutto è in superficie, viene annullato qualsiasi spazio nascosto, non ci sono più segreti e il confine tra dentro-fuori, vero-falso, arte-vita è stato rimosso per permettere allo spettatore di poter abbracciare l’opera nella sua interezza.
I lavori performativi di Jan Fabre e della Societas Raffaello Sanzio sono due esempi di teatro in cui la dimensione dell’irrappresentabile assume un carattere principale, la loro è un’arte che svela, un palco che conduce lo spettatore a vedere ciò che prima era vietato allo sguardo: l’inguardabile viene ora esposto nella sua forza cruda.
L’osceno è esploso (o per usare l’efficace immagine di Castellucci) ha subito un’emorragia, ha riversato in teatro l’indecente e portato l’arte verso una zona perversa, limite, pericolosa. In questo teatro è la materia

Socìetas Raffaello Sanzio - Tragedia Endogonidia

Socìetas Raffaello Sanzio – Tragedia Endogonidia

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Ai limiti della carnalità. Le performance post-organiche di Marcel.Lì Antunez Roca di Nausica Hanz


“La vita non deve essere organica” scrive Ollivier Dyens in Metal and Flesh e la “realtà biologica” (così definita dal premio Nobel per la medicina François Jacob) oggi non trova più fondamento perché la cultura ha letteralmente detronizzato il biologico e le forme di vita appaiono filtrate e tradotte. I new media, le tecnologie e i progressi scientifici hanno contagiato il vivente e in questo quadro sociale/culturale esso non può più essere considerato un semplice elemento neutro e naturale, ma piuttosto il luogo in cui fattori esterni si proiettano e si intrecciano in esso.
L’ambiente esterno plasma e sconvolge l’organico facendo diventare il corpo un oggetto culturale. Dyens precisa però che le tecnologie non agiscono sul corpo come mere estensioni, tra loro e il corpo organico si instaurano dinamiche nuove in cui le cose si evolvono insieme agli esseri viventi e dalla loro unione nascono entità composte contemporaneamente sia da sostanze biologiche sia da materiali artificiali e meccanici.
A conferma di questo Dyens afferma che gli esseri viventi non sono soltanto il risultato della trasmissione dei geni, ma anche della rappresentazione culturale; da ciò viene riconfermata l’idea di un corpo che è manipolato e che deve costantemente adattarsi ai cambiamenti ambientali e sociali. Anche le riflessioni di Roberto Marchesini si possono collocare all’interno di questa cornice; nel suo testo Post-Human egli prende infatti in esame le intersezioni che avvengono tra il fattore tecnologico e l’umano. Marchesini arriva ad affermare che nella contemporaneità l’essere umano si approccia al suo corpo in modo completamente nuovo rispetto al passato, perché teso a incorporare nel suo organismo strumenti e apparati provenienti da contesti non umani. Con l’avvento delle tecnologie quindi la fisiologia dell’uomo ha subito un urto da cui è nato un corpo postorganico e in cui l’essere umano non è più costretto ad una staticità della forma, ma può inventare

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Epizoo foto di Carles Rodriguez

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IL “FOOL” DENUDA IL RE


I am but a fool, look you, and yet I have the wit to / think my master is a kind of a knave”.

“Non sono che un matto, guardate, tuttavia ho abbastanza senno per credere che il mio padrone sia una sorta di furfante”


Da sempre la satira ha inteso colpire il potere e tutti i suoi rappresentanti. Il suo scopo è la denuncia, lo smascheramento della realtà del mondo e del male che in esso agisce, dei vizi e dei difetti, della verità che giace sotto le apparenze. La satira non è mai stata benevole, non ha mai fatto sconti, ha sempre voluto distruggere convenzioni. Ma il potere non sta a guardare e si difende ridicolizzando chi gli si oppone con il dileggio e lo sfottò per aumentare il conformismo generale.

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Simon Wiesenthal, ingegnere, scrittore e antifascista austriaco sopravvissuto all’Olocausto, nelle sue memorie («The sunflower», 1970) racconta degli ebrei impiccati dai nazisti nella piazza di Lemberg, a cui “un buontempone… attaccò a ogni corpo un pezzo di carta con su scritto ‘carne kosher” ( carne conforme alla legge).

Per giorni, i cittadini di Lemberg risero dei prigionieri dei campi di concentramento che i nazisti portavano a lavorare in città, perché «vedevano in quegli ebrei altra carne kosher a passeggio».Così, la massa prendeva le distanze dalle vittime. Così, si partecipa al divertimento sadico del violento.

Shakespeare attribuisce ai suoi cattivi (Iago, Shylock) lo stesso humor crudele per definire la loro immoralità e smascherare il potere e la sua disumanità. Nelle sue opere nessun tema viene risparmiato: il sacro, il profano, la politica, la religione, il sesso e la morte. Tutto da smascherare, da mostrare contraddittorio, ad opera di un fool, l’idiota-furbo, il saggio-stolto, che criticava le azioni dei potenti, mostrando, attraverso il linguaggio un potenziale sovversivo: portare gli altri alla comprensione del reale grazie alla follia.

Touchstone di As you like it e Feste di Twelfth Nigh sono i fools più riusciti e originali, investiti dal Re del loro statuto di “mattatori” di corte.

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