I frammenti del ricordo di Simona Lezzi


I frammenti del ricordo

di Simona Lezzi

Le sue ali erano ormai spezzate, eppure tutto il peso di quei cocci non le impediva di sognare di poter volare via lontano”

S. L.

C’è un classicismo esplicito nella scultura di Simona Lezzi. Un insieme di luci e ombre che uniscono il simbolismo del ricordo all’emozione dell’attimo, in un connubio inscindibile di perdita e rinascita.

E’ proprio il sentimento doloroso a sedimentarsi in una continua ricerca d’inclusione ed esclusione del dolore. Un percorso interiore quello mostrato che porta però alla rinascita del proprio Io interiore. Ciò a cui assistiamo, pertanto, è un ricongiungimento con il cosmo circostante che si frammenta e riproduce negli occhi del visitatore un’emozione sempre diversa.

La scultura mostrata diventa dunque un insieme di tecnica e luci, che sottolineano le linee rotonde e taglienti dell’opera.

Le ali, simbolo angelico per eccellenza qui cadono sulla terra mostrando tutta la fragilità dell’essere. Una dualità pesente in tutte le opere dell’artista salentina , che riesce a tramutare in forma e colore il suo profondo senso di abbandono e risveglio.

Pertanto, l’opera qui rappresentata diventa un monumento al ricordo di passato che ritorna nel presente, ma rinasce e si sublima nel futuro.

Dott. Christian Humouda

La nuova figurazione informale di Noah


C’è una linea sottile che separa l’istinto dalla ragione. Un confine labile che solo gli artisti e i bambini riescono a rompere e ricostruire con estrema facilità.

Noah, ad oggi considerato come uno degli enfant prodige della scena artistica milanese e internazionale, riesce a unire l’istintualità del gesto all’involontarietà della ragione. Un’arte primitiva e gestuale la sua, che asseconda le linee sconosciute del suo essere.

Nel suo processo creativo infatti, appare chiara la convivenza di più anime dotate di emozioni contrastanti. Un nuovo cerchio cromatico che prende forma attraverso mani, piedi e oggetti di uso comune. Una nuova evoluzione del concetto di New Dada privata dell’assolutezza dell’oggetto, che ritorna ad essere, un semplice mezzo di espressione creativa.

Quella del giovanissimo artista milanese è pertanto, la ricerca involontaria di una nuova figurazione informale. Un’unione tra tecniche e periodi storici vicini e allo stesso tempo distanti che si toccano fino a formare figure innovative.

Nelle opere di Noah non c’è la ricerca spasmodica del bello, né il desiderio di ricreazione del multiplo tanto caro all’arte contemporanea. Quelli del baby artist milanese sono “figli unici”. Infinitesimali parti di sè, desideri, luoghi, oggetti, che vengono rivisitati attraverso la sua personalissima interiorità di bambino.

Ho voluto unire volontariamente il termine nuova figurazione all’informalità pittorica perché c’è un filo conduttore che collega il bar Jamaica alla Factory, in quell’ abbandono del multiplo che desidera recuperare il suo status di opera unica. Una ricerca che profuma di passato, in un ritorno a quella figurazione concettuale che cerca di ritrovare il proprio posto nel mondo.

Dott. Christian Humouda

L’emozionalità complessa di Cristina Patti


C’è una drammaticità plastica nelle figure rappresentate da Cristina Patti. Un insieme di tecniche e stili riconducibili ai grandi del passato e una nuova ricerca emozionale che si spinge, e si discosta, verso un orizzonte cromatico ben distribuito. Trovo sul piano concettuale ben visibile la ricerca di unire un fine erotismo, ad una visione solitaria del mondo. Un elemento questo, tipico dell’universo uomo.

Qui sono le figure a parlare o per meglio dire raccontare la storia dell’attimo. Una plasticità delle forme che ricorda le donne di Picasso private però della loro forza contestativa. La ricerca dell’artista palermitana è quella di ricercare l’emozione carnale che producono i corpi quando si uniscono in una pangea indivisibile.

Un malessere essenziale che autori come Bacon e Freud hanno abbracciato e rappresentato in modo diverso per forme e colori. Quelli utilizzati dalla pittrice sono toni e cromatismi più accesi uniti a forme a volte definite a volte abbozzate. Qui sesso e solitudine si uniscono e si fondono mostrando ciò che rimane di un’unione. Un’incomunicabilità intrinseca di elementi che unisce e allontana la decadenza delle carni fissandola negli spigoli delle figure rappresentate. Una serie di opere geometriche e allo stesso tempo anarchiche ,che paiono dirci sornione, “nevermore”, mai più.

Dott. Christian Humouda

Il cammino immaginato di Umberto Padovani e Leonardo Alberto Caruso


Nella bellissima cornice di Palazzo Ducale, presso la galleria Divulgarti viene presentata la bipersonale di Umberto Padovani e Leonardo Alberto Caruso. La mostra curata da Loredana Trestin porta in scena un duplice racconto. Un cammino immaginato, che si dipana in altrettanti sentiri di significato e senso. Strade parallele e storte che abbracciano le canzoni di De André e si stemperano nelle incisioni. Un percorso di formazione fantastica quella dell’artista ligure, una ricerca maniacale del simbolo che si trasforma in qualcosa di assolutamente nuovo alla vista. E’ proprio nelle incisioni che l’attenzione si focalizza. All’interno di queste figure deformiche stigmatizzano il nostro mondo e i personaggi bipolari che lo popolano.

Ci troviamo di fronte ad una narrazione che unisce la tecnica all’esoterismo medievale con uno stile fumettistico e sarcastico. Un insieme tenue e colorato di emozioni e linee che si abbracciano.

Lo scultore Carlo Alberto Caruso, maestro indiscusso della scultura propone una “madonna” che è l’emblema dell’immaginato. Un misto di linee e forme classiche che si perdono volutamente nell’espressività mai banale dei volti e dei corpi. In una commistione di rigidità delle pose mitigata perfettamente dalla morbidezza delle emozioni che si vengono a creare.

Dott. Christian Humouda

Il dolce erotismo di Manuela Tosi


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Benvenuta su WSF Manuela,

Chi è Manuela Tosi. L’artista e la persona?

Credo sia una delle domande più difficili che si possano fare ad una persona.
Chi sono?
Ognuno di noi, nella propria vita, si è sentito dire almeno una volta di mettere i piedi a terra perché era giunto il momento di farlo.
Perché decidere di fare l’artista equivale, per la società, a non lavorare e perché uscire dal pensiero collettivo porta sempre ad una sorta di emarginazione.
Per cui, per un lungo periodo della mia vita, mi sono conformata alla massa e ho seguito un percorso che fosse conforme all’ideale collettivo e “accettabile” .
Ma in realtà io, quei piedi a terra, non li ho mai messi.
Sono sempre stata una sognatrice, una idealista, una che pensa in modo trasversale, fuori dal coro .
Ho sempre pensato di essere diversa e mi ci hanno anche fatta sentire diversa e sbagliata.
Soprattutto sbagliata.
Ma questo “potere” (chiamiamolo così) che le persone hanno su di noi decade quando la vita ci mette alla prova e quando ci si riesce a guardare dentro .
Solitamente è dal dolore che si cambia e che si comprende con maggior chiarezza quali siano le nostre priorità e, purtroppo, è arrivato anche il mio momento di dolore nella mia vita .
La sofferenza dopo un po si trasforma rabbia ma, al contrario di quello che si crede, questo sentimento non è negativo ma è un motore che ci spinge ad agire e che ci porta a comprendere con più esattezza cosa siano il giusto e lo sbagliato e, soprattutto, cosa sia giusto per noi stessi.
La parte di me che fa arte e che crea è quella libera dal giudizio ed è anche la parte che sa esattamente cosa sia giusto per lei e quale sia il suo ruolo in questa vita.
La parte di me che crea è la parte che mi ha salvato e che mi salva la vita ogni giorno.
La parte di me che crea è la parte che mi rende viva.
Senza questa parte di me, probabilmente, non esisterebbe nessun’altra persona.

Come e quando inizia il tuo percorso artistico?

Fin da bambina volevo fare l’artista.
E non parlo solo del disegno (che è la mia più grande passione) ma parlo anche della scrittura e della musica.
Avrei voluto imparare a suonare una marea di strumenti musicali.
Avrei voluto scrivere un romanzo.
Volevo vivere in una roulotte, volevo un cavallo e volevo girare per il mondo vivendo di arte.
Alla fine, tra tutte queste cose, ha prevalso quella piccola creatura che si alzava al mattino presto per disegnare e che svegliava tutti per poter mostrare le sue opere.
Il mio percorso nasce esattamente da lì e da quella bimba di quattro anni che voleva poter fare tutto

Cosa dà e cosa toglie creare?

Ho sempre sentito dire che se “sposi” l’arte tutto il resto viene a mancare perché, una volta abbracciata, tutto ciò che hai attorno ed accanto a te decade e perde di importanza .
Per me non è stato esattamente così.
L’Arte può diventare una meravigliosa fuga dalla vita reale e, fintanto che sei lì, in effetti nessuno può raggiungerti
Ad ogni modo posso dire con certezza che questo “mondo” mi ha soltanto portato doni…
A partire dalla sensazione meravigliosa che si prova ogni volta nel vedere nascere qualcosa di vivo e di tuo da un semplice foglio di carta fino alle persone che hanno iniziato a entrare nella mia vita dopo aver finalmente realizzato questo “matrimonio”…

Quali cose ti mancano per una completa maturazione artistica?

Non credo che esista una completa maturazione artistica.
Sarebbe un dramma se esistesse.
Significherebbe non avere più stimoli e non cercare più nulla.
L’Arte è continua ricerca e continua evoluzione.
Cosa mi manca?
Tutto.
È grazie a quel tutto che cresco ogni giorno un po di più e che continuo la mia ricerca di un qualcosa di più grande e di migliore
Guai se fosse diverso

Le tue opere hanno un sensuale realismo, qual’è il messaggio nascosto dietro ai tuoi disegni?

Dicono che ognuno di noi sia esattamente ciò che crea.
Non so se valga lo stesso per me tuttavia questa mia continua ricerca di queste figure femminili e sensuali credo che equivalga ad una mia continua ricerca interiore di quella parte di me che credo mi appartenga ma che resta ben nascosta dietro ai miei colori..

Tra le tue esposizioni ricordiamo la Kermesse di Next Stop Venezia, cosa puoi dirci di questa esperienza?

Penso che Venezia sia un sogno per la maggior parte degli artisti e il contesto di bellezza che ha fatto da cornice a questa Kermesse ha reso il tutto ancora più magico.
Posso soltanto dire che ogni artista dovrebbe avere la possibilità di vivere almeno una volta nella sua vita questo meraviglioso “sogno” .

Come vedi la “salute” dell’arte contemporanea?

Penso che la “salute” dell’arte contemporanea sua diventata molto precaria.
Qualunque cosa, ormai, viene definita arte a discapito di chi crea realmente opere d’arte.
E credo, anche, che l’arte stia perdendo il suo vero valore.
L’Arte è da sempre vita, bellezza, benessere, “ricchezza” ma, purtroppo, sono tutti troppo presi da milioni di impegni e anche da cose superflue per potersi ancora soffermare ad ammirare e a respirare lo splendore dell’arte

Cosa consiglieresti ad un giovane artista emergente?

Ogni sogno richiede almeno un atto di coraggio
Per cui il mio consiglio è quello di non avere paura nel seguire le proprie inclinazioni e i propri sogni perché è molto meglio fallire rispetto a non aver mai provato
Un fallimento si può accettare
Un rimpianto resterà per sempre un rimpianto

Puoi anticiparci qualcosa sui tuoi futuri progetti?

Senza fare elenchi o entrare nello specifico posso soltanto dirti che continuerò il mio percorso con tutta l’energia e il coraggio possibile affinché questa strada non si interrompa mai…

Grazie Manuela

Dott. Christian Humouda

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